Noah's P.O.V
Quel pomeriggio
tornai a casa all'imbrunire del cielo.Avevo passato gran parte del tempo in giro con Austin e Luke, loro più di chiunque altro sapevano dei miei problemi con la rabbia e c'erano sempre per me quando avevo semplicemente bisogno di calmarmi.
Mi aveva sorpreso il fatto che Mason non fosse venuto con noi dopo scuola, ma non si era fatto sentire per tutto il resto del giorno e non avevo idea di cosa stesse combinando.
Appena il cancello automatico finì di aprirsi entrai e andai a riporre subito la moto in garage, aveva già piovuto oggi ed ero certo che presto avrebbe ripreso, i temporali in questo periodo erano all'ordine del giorno di fatto notai delle gocce schiantarsi sul piazzale. Mi sentivo turbato, in parte per oggi, in parte perché erano ore ormai che Hannah non rispondeva al telefono. Le avevo scritto un solo messaggio, ma sembrava propensa a non voler rispondere oggi.
Sbuffando lasciai il casco appeso al manubrio e dopo essermi tolto il giubbotto entrai in casa da una porta secondaria, non c'erano luci accese, sembrava non esserci nessuno ma vidi il salone illuminato arrivando da dietro.
«Noah, finalmente!» esclamò mia sorella con una bizzarra irrequietezza dandomi neppure il tempo di vederla e quando puntai gli occhi su di lei al suo fianco trovai colui che per tutto il pomeriggio avevo dato per scomparso. Mi irrigidii subito.
«Che ci fai qui?» chiesi ignorandola.
«Sono arrivato una decina di minuti fa, ero passato per riportarti questi» disse indicando gli scarpini da football che notai adagiati accanto ai piedi del divano e tornai con lo sguardo su di lui.
Era strano, sembrava quasi agitato ed io non capivo o non volevo capire il perché.
«Sicuro?» chiesi con fermezza ed annuì sciogliendosi in un sorriso improvviso.
«Gli ho detto io di aspettarti qui, che saresti tornato presto» si aggiunse mia sorella e Mason parve limitarsi ad annuire. Poi di colpo si allontanò da lei e lo vidi avviarsi verso l'ingresso.
«Ora devo andare, devo prendere mia madre in stazione» ci informò sempre più approssimato alla porta e mi limitai a salutarlo con un cenno del capo.
Quando puntai nuovamente lo sguardo su mia sorella la vidi fissare il televisore, sembrava silenziosa tutta d'un tratto e non era da lei...
«Che c'è?» chiese di colpo vedendomi guardarla e aggrottai la fronte.
«Mi sono perso qualcosa?» chiesi dubbioso avendo notato troppe stranezze e comportamenti ambigui da parte loro, poi non capivo perché non mi avesse chiamato se era davvero venuto qui per me.
«Ehm no» esalò agitata.
«Sicura?» tentai l'ultima volta.
Non amavo essere geloso, mostrarmi geloso, proprio perché in realtà lo ero davvero. Sapevo che Zoey stesse crescendo, che avesse bisogno dei suoi spazi e che era libera di frequentare i ragazzi ma quelli della sua età...
Mason è da sempre uno dei miei amici più cari, lo conosco più di me stesso e cosa peggiore, conosco tutte le ragazze che si è portato a letto, conosco i racconti che ci ha fatto su di loro, non riuscirei mai a digerire l'idea di saperlo con mia sorella. Magari stavo solo vaneggiando io, certo, però mi erano parsi strani e la gelosia mi rintronava, mi rendeva nervoso. Io e Mason, come gli altri abbiamo quasi vent'anni a testa, Zoey ne doveva ancora compire diciassette, era una sedicenne, una bambina in confronto a lui.
«Sì Noah, non preoccuparti!» mi liquidò facendomi capire di dover cambiare discorso e mandai giù quel groppo, sarebbe stato meglio non pensarci infondo e la osservai rilassando le spalle.
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My Hero
RomantizmHannah è costretta a vivere nella prigionia che per lei rappresentava la sua stessa casa, succube di un padre che tutto le augura fuorché la felicità. Un suo compagno di classe, dopo anni passati all'oscuro della sua esistenza finisce per notarla, u...