54 || Perfetti estranei

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Hannah's P.O.V

Il rumore improvviso e lacerante di un tuono, spezzò la tranquillità sgretolandola con il suo rimbombo, e sgranai bruscamente gli occhi, risvegliandomi dal sonno. Guardai verso la finestra e nella fessura fra i due lembi della tenda che la copriva, intravidi i vetri tutti punzecchiati di pioggia e il cielo così scuro da sembrare ancora notte. In questi giorni qui a Seattle, non faceva altro che diluviare.

Del resto ero all'inizio della mia seconda settimana qui a casa e più passavano i giorni meno mi sentivo debole per l'incidente, gradualmente mi stavo riprendendo e mano a mano, adattandomi nuovamente alla vita qui. Mentirei se dicessi che non ho mai provato a ricordare le dinamiche dell'incidente in cui ero stata coinvolta, perché ci avevo provato ogni sera a tentare di ricordare, ma era come se non lo avessi mai vissuto. Ricordavo solo un dolore fortissimo e poi il buio totale, fin quando non avevo aperto gli occhi su un letto d'ospedale.

Dopo aver sbadigliato pesantemente mi tirai su con la schiena, abbandonando il mio letto caldo per raggiungere il bagno e darmi una lavata per svegliarmi per bene. In questi giorni avevo dormito così tanto che iniziava a nausearmi stare a letto, per quanto lo trovassi comodo e rilassante.

Quando aprii la porta della mia stanza il silenzio che caratterizzava la casa non mi passò inosservato, guardai i due estremi del corridoio e avrei dato per scontato ci fossi solo io. Quindi a passi calmi e ovattati raggiunsi il bagno, pensando al modo bizzarro in cui mi ero addormentata ieri sera. Perché per quanto potrà sembrare strano, avevo chiuso gli occhi pensando e ripensando al biondo che si aggirava in casa nostra alias il mio più grande punto interrogativo. Non riuscivo proprio a capire cosa centrasse in questo contesto, sapevo solo che non riuscivo mai a ricordare a primo impatto se si chiamasse Noah o Nolan.

Lui invece, sembrava sempre così "interessato" a me in un certo senso, e allo stesso tempo amareggiato per qualcosa che mi sfuggiva. Sicuramente qualcosa gli sarà successo per farlo essere così, ma non avevo la minima idea di cosa potesse turbarlo. Forse dovrei anche parlargli, solo per tentare di capire qualcosa in più di lui, visto che tutto sembra dare a capire che ci conoscessimo da tempo ed io non avevo il minimo ricordo di lui.

Spalancai la porta del bagno passandomi una mano sulla guancia sentendo ancora il viso gonfio dal sonno e quasi mi prese un colpo «ODDIO» urlai subito coprendomi entrambi gli occhi con le mani colta di sorpresa «scusami» stavo morendo dall'imbarazzo in quel momento. Tutto potevo immaginare tranne che aprendo la porta mi sarei trovata davanti il ragazzo biondo al quale stavo già pensando, con solo un dannato asciugamano legato in vita. Lui rise, lo sentii subito e io giurerei di essere diventata più rossa di un peperone in quel momento. Però perlomeno avevo constatato che sapeva sorridere, perché è da quando l'ho visto in ospedale che sembra perennemente triste.

«Guarda che puoi guardare, ho l'asciugamano» disse tranquillamente con quella punta di divertimento nel tono di voce e scossi la testa agitata voltandomi di spalle «non pensavo che ci fosse qualcuno in bagno, scusa ancora» dissi confusamente e quando percepii i suoi passi sul pavimento mi irrigidii.

«Hannah» parlò alle mie spalle, era vicino, era vicinissimo e la sua voce non era più come un attimo fa, era come diventata più profonda, roca ma calma. Lentamente mi voltai evitando di tenere lo sguardo basso per una volta e mi ritrovai faccia a faccia con i suoi pettorali scoperti di ogni velo, così sollevai il mento verso di lui. Lo vidi sorridere, forse divertito dal vedermi arrossita o non lo so, intenerito, ma poco dopo domandò «ti sei appena svegliata?» ed annuii inconsciamente.

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