51 || L'incidente

4.7K 168 21
                                    

Hannah's P.O.V

Due anni dopo...

«Non vedo l'ora che sia sabato» sorrisi voltandomi a guardare il mio ragazzo, con quel ciuffo di capelli dorati che ricadeva morbido sulla sua fronte appena tirato su con del gel. Era così indaffarato a portare tutte quelle buste di regali che sembrava così buffo, quasi da definirlo un folletto di Babbo Natale, un piccolo aiutante, se non fosse per la sua notevole altezza che non passava di certo inosservata.

Saremo tornati a Seattle per le feste natalizie, come fatto anche gli anni precedenti, per passare il Natale tutti insieme a casa del mio ragazzo, che da quando mio padre aveva sposato Meredith era diventata davvero anche casa mia. Non vedevo l'ora di varcare la soglia di quella porta, sentire l'odore delle buonissime pietanze preparate dalla mamma di Noah, rivedere Zoey e Dylan che non vedevo da mesi e riabbracciare mio padre.

Colui che ad oggi ero fiera di chiamare padre.

Il mio unico rimorso più grande dell'essere andata al college, era stato proprio quello di non poter recuperare con lui il tempo perso. Nella lontana estate di due anni fa ormai, quando avevo scoperto tutta la verità sulla nostra storia, non c'era stato molto tempo da passare insieme. Solo quelle poche settimane prima dell'inizio del college e poi ero volata via su quel volo, per andare a studiare fuori città, lontana da Seattle e da lui. Ma sapevo che solo così sarei riuscita a costruirmi da sola il mio futuro tanto ambito, potendo intraprendere la carriera che fino a qualche anno fa non sapevo di voler fare.

Era stato difficile capirlo, solo perché non ero mai stata libera di ragionarci su, ma ora avevo ben chiaro nella mente cosa farmene del mio futuro. Di fatti avevo realizzato che l'unica cosa che volevo davvero portare a termine, era quella di specializzarmi in psicologia infantile, così da poter lavorare a stretto contatto con i bambini più bisognosi e riuscire a capirli fino infondo.

Avevo avuto un'infanzia così crudele e difficile, così buia e straziante, che l'unica cosa che volevo continuare a fare per il resto della vita, era stare accanto alle creature più indifese e pure a questo mondo.

I bambini.

«Anch'io, devo ammettere che mi mancano un po'» ammise il mio ragazzo, continuando a passeggiare al mio fianco e risvegliandomi da tutti quei pensieri che non smettevano di ronzare nella mia testa. Le vetrine della città erano tutte illuminate e piene di addobbi natalizi di ogni tipo, le persone passeggiavano felici piene di buste e pacchi regali a carico e qualche uomo vestito da Babbo Natale si aggirava per le strade cercando di portare gioia ai più piccoli e racimolare qualche soldo.

Il sole stava iniziando a tramontare nel frattempo, mano a mano scompariva dietro i palazzi ai lati delle strade completamente illuminate a festa, il rumore delle auto del traffico sovrastava il chiacchiericcio delle persone e feci intrecciare le dita a quelle di Noah, prendendolo spensieratamente per mano.

Non riuscivo a smettere di ammirare le vetrine sognante, avrei voluto entrare in ogni singolo negozio ma erano già tre ore che non facevamo altro che girare per mari e monti, quindi era pur giunto il momento di tornare al campus per preparare le valige per domani. Il nostro volo partirà alle prime luci dell'alba e dovremo svegliarci prima del sorgere del sole se vogliamo raggiungere la nostra famiglia in giornata.

«Vuoi sapere una cosa?» esordì immergendo le sue iridi verdi e brillanti nelle mie, non appena tornò a rivolgermi la sua attenzione ed annuii sorridendo, ero di un così buon umore in quel momento «certo»

My HeroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora