79 (𝑷𝒕2). 𝒀𝒐𝒖 𝒍𝒐𝒔𝒕.

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«Su veloce!» Tirai Isabelle verso di me e cominciai a correre più veloce che potevo.

Delle lacrime mi attraversarono il viso, ancora una volta.

Avevo portato a termine ciò che Harry mi aveva lasciato, una via d'uscita per mettere fine a tutto quell'inferno.

Forse fu proprio in quel momento in cui trovai una spiegazione all'avermi lasciato la sua chiave.

E non feci altro che immaginarmi lui, insieme a me, correre via.

Ben presto udii le urla di Tomàs, frasi che non riuscii a mettere a fuoco, dentro la mia testa dovevo solo allontanarmi quanto più possibile.

E ci sarei riuscita, ma improvvisamente sentii un lancinante dolore alla schiena per poi non riuscire a vedere più nulla.


Aprii gli occhi lentamente ed una smorfia di dolore si aprì sul mio viso.

Attorno a me il vuoto, finché un rumore non mi riportò sulla terra.

Qualcosa copriva il mio naso, così come la mia bocca, ma c'era troppa luce e non riuscivo ad aprire completamente gli occhi.

Avevo dolori ovunque: schiena, mani, gambe, collo.

Portai una mano, ancora dolorante, sul mio viso, staccando quella specie di mascherina, fu proprio in quel momento in cui capii di trovarmi in una stanza d'ospedale.

Era davvero finito tutto?

Era tutto reale?

A giudicare da quell'ago nel braccio e dal dolore alla schiena, l'ultima cosa che ricordavo prima di svenire, sembrava di sì.

Finalmente aprii gli occhi e mi guardai intorno, ero sola e quella accanto a me era una macchinetta che controllava il mio battito.

Sembrava regolare.

Ad interrompere i miei pensieri, fu la porta che si aprì.

Fissai mia madre con la bocca spalancata, lei mi sorrise avvicinandosi.

«E'...è reale?» Sussurrai.

Ero terrorizzata all'idea di risvegliarmi in quell'incubo.

«E' tutto reale, tesoro» mi portò una mano tra i capelli aggiustandomeli, i suoi occhi erano lucidi, così come i miei.

«Non sto sognando, vero?»

«Ellis..»

La porta si aprì nuovamente ed Alec ne fece capolino.

«Non ci credo» delle lacrime fuoriuscirono dai miei occhi, il mio migliore amico fece dei lunghi passi verso di me, nelle mie stesse identiche condizioni.

«Ellis!» Mi baciò la fronte restandoci su qualche secondo. «Mi sei mancata tanto, è finita, sei al sicuro adesso", sussurrò al mio orecchio.

«Anche tu, Alec» deglutii asciugandomi il viso. «Ma cosa ci faccio qui? Cos'è successo?»

In quel preciso momento un infermiere varcò la soglia, con in mano parecchi fogli di carta.

Mi guardò alzando un sopracciglio, poi il suo sguardo si posò sulla mia mano che stringeva quella mascherina, la osservai scorgendo qualche livido sul dorso, sorrisi.

«Signorina Moore..»

«Carter» lo corressi, era il mi cognome, era la mia identità, non dovevo nascondermi, non più.

Mia madre mi guardò, io annuì.

«Bene, le analisi non dimostrano alcun perforamento, era ad una distanza davvero notevole visto il calibro del proiettile. Cinquanta, compatibile con quello dei sicari nei loro attacchi. Ciò che mi chiedo è come lei faccia ad essere ancora viva»

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