sei.

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Il giorno successivo fummo tutti intervistati da Max. Nessun giocatore in vita fu in grado di evitarlo, e io ed Harry ritenemmo fosse per condividere alcune delle nostre tattiche e piani con il pubblico. Fortunatamente fummo intervistati singolarmente e nessun altro dei giocatori sentiva l'altro.

"Sei agitato?" domandai ad Harry. Era da lungo trascorso mezzogiorno, quindi non eravamo assolutamente a rischio. Harry affilò un coltello con un pezzo di legno (cosa che non ritenni avesse senso, ma non dissi niente), mentre io sedevo accanto a lui a gambe incrociate.

"Nah" rispose con il suo accento britannico. Era difficile capire se fosse voluto o no, ma ritenni che non lo fosse. Il suo modo di parlare era lento, ma non in modo preoccupante.

"Max forse mi farà delle domande stupide sulla mia collezione di bandane e mi dirà che è contro le regole d'abbigliamento".

Scoppiai a ridere. "È contro le regole portare la bandana?"

Non mi rispose e continuò ad incidere nel legno invece di affilare il coltello. Sembrava quasi arrabbiato, ma poi mi resi conto che se lo fosse stato, se ne sarebbe potuto semplicemente andare. E non l'aveva ancora fatto.

Ero molto annoiata. Erano le due del pomeriggio e la cena non sarebbe stata servita se non prima delle quattro. Entrambe le interviste avrebbero forse avuto luogo in quell'arco di tempo.

Quando si parla del diavolo...Il suono dell'interfono che venne attivato fu tutto ciò che udimmo nella stanza, poiché eravamo in silenzio. Fra di noi si percepiva una certa intensità, come se ci fossero parole che dovevano essere dette, ma così non fu.

"Harry Styles e Avery Murphy sono richiesti alla stanza delle interviste".

L'interfono venne disattivato un istante più tardi, riportandoci al silenzio inquietante. Harry finalmente posò il coltello ed il blocco di legno prima di voltarsi verso di me. Accennò un sorriso con le sue labbra piene. Speravo che non fosse arrabbiato come sembrava.

"Dov'è?" domandai, "Sai—la stanza delle interviste".

"Qualcosa mi dice che si trova vicino alla lobby, dove siamo entrati".

I suoi tratti s'irrigidirono, ma non erano seri come i miei. Era chiaro che non stesse più prendendo questa cosa alla leggera, non scherzava più come all'inizio. Se non fossimo stati alleati sarebbe stato in piscina, come ieri.

"Beh?"

"Beh?" mimai.

"Andiamo, che ne dici?" disse lentamente, poi prese le armi per qualche motivo sconosciuto. Non avevo idea del perché sarebbero state necessarie in questa situazione, ma non infierii. Tutte le mie armi erano già state riposte in una sezione segreta, nascosta fra le mensole della libreria.

Mi chiesi se gli spettatori a casa l'avessero ritenuta una mossa intelligente. Per un secondo mi ritrovai a pensare a che cosa avrebbe fatto Jonah.

Forse avrebbe pianificato la morte di Harry. Ed era colpa mia.

"Stai bene?" mi chiese Harry, riportandomi sul momento. Lo guardai in volto e la sua espressione era proprio come me l'aspettavo—preoccupato.

"S—sì" risposi, facevo fatica a trovare le parole. Una mia ciocca di capelli biondi entrò nel mio campo visivo e la soffiai via senza pensare. In quel momento mi resi conto che il mio alito era terribile.

"Hai una mentina?" domandai timidamente. Harry si voltò per guardarmi ed annuì con espressione orgogliosa in viso.

"Ho una cicca alla menta" disse. "Ne vuoi una?"

"Sì grazie".

Me ne porse qualcuna, quindi me ne misi due in tasca ed una in bocca. Mi sentii in qualche modo sollevata.

murder house |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora