ventidue.

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Punto di vista di Harry.

Quel giorno a cena fummo il contrario che silenziosi. Pensammo ai modi in cui avremmo incontrato Jonah e tutto quanto, e parlammo del più e del meno. Fu la prima volta in un bel po' di tempo che noi due potemmo intrattenere una conversazione in modo civile senza che uno dei due si arrabbiasse con l'altro.

Consumammo un pasto all'inglese, una Shepard's Pie. Aves la trovò disgustosa, ma immagino fosse la reazione comune al tipo di cibo a cui ero abituato. Non vedevo le patate bollite in una "torta" come qualcosa di negativo come la vedeva lei, ma non la giudicai per quello. Era la sua opinione, non la mia.

"Non l'hai mangiata tutta" indicai il suo piatto, ma lo dissi solo per provocarla. Lei rise con fare giocoso e ne sollevò un boccone con la forchetta.

"Perché non mi piace, Harry. Da quando sei mio papà?" ridacchiò e mi lanciò il contenuto della forchetta addosso. Sfortunatamente per me, ma fortunatamente per lei, il cibo mi raggiunse in un occhio. Quindi sussultai, ma lei rimase seduta e continuò a ridere. Quando si tranquillizzò si portò il bicchiere di succo alle labbra.

"Potrei essere il tuo papino" scherzai, ammiccando con le sopracciglia. Sorrisi alla vista di Avery che si strozzava con il drink e posò il bicchiere sul tavolo con abile mossa.

"Harry!" strillò con un maiale, il che mi rese alquanto difficile smettere di ridere. Non ero assolutamente serio, ma trovai estremamente divertente che Avery pensasse lo fossi.

"Scherzo" dissi in mia difesa, prendendo l'ultimo boccone del mio piatto. Le sorridevo giocosamente, ero contento, fino a quando decisi di spostare lo sguardo dall'altro lato del tavolo.

Jonah mi fissava con espressione seria. I suoi occhi erano vuoti e freddi, e da una sola espressione capito che stava pensando a diversi modi di spaccarmi la testa.

Cercai di ignorarlo, ma fu difficile. Ogni volta che mi voltavo verso Avery per parlarle sentivo lo sguardo di lui su di me. Mi sentivo come se stessi indossando una giacca di piombo poiché mi sentii come affossare sulla sedia.

"Qualcosa non va?" mi domandò Avery. La ragazza si avvicinò appena, e pensai che mi avrebbe baciato, ma i suoi occhi seguirono il mio sguardo. Quindi distolsi velocemente l'attenzione verso il muro, quindi quando lei guardò la carta da parati ne rimase confusa.

"Che succede, Harry?" chiese, questa volta era seria. Non volevo ferire i suoi sentimenti, e non volevo farle sembrare che non potesse fidarsi di me. La verità era l'opposto.

"Te lo dico dopo, okay?"

Terminò quindi il suo drink ed annuì a labbra serrate. Un paio di fossette si formarono sul suo viso, altrimenti inespressivo.

"Mi hai fatto ricordare che devo dirti una cosa, Harry" insistette, questa volta a voce molto bassa. Non comprendevo veramente perché mi volesse dire qualcosa con così tanta urgenza. Cosa poteva essere così rilevante? Avevamo un nemico importante da affrontare, e quella notte sarebbe potuta risultare nella morte di uno di noi.

"Ti permetterò di dirtelo se sopravvivremo entrambi" le dissi, usando la classica scusa del 'non te lo dirò mai'.

Avery non rispose, si limitò a prendere i nostri piatti ed a scaricarli nel lavandino. Seguii lo sguardo della ragazza, e notai che quando guardò Jonah, il suo sguardo restò su di lui. Il ragazzo la stava guardando a propria volta, ed era qualcosa di molto più che intimidatorio.

"Forse dovremmo tornare in camera?" suggerii quando Avery fece ritorno. Feci il possibile per farla sembrare mia intenzione di salvaguardare lei, ma in realtà ero io ad essere terrorizzato.

murder house |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora