quaranta.

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Punto di vista di Avery

Due giorni più tardi spuntarono articoli su di noi sui giornali. Le persone erano sempre più convinte con ogni giorno che passava, che Harry fosse ancora vivo.

Non era una bella cosa per nessuno di noi due.

Harry indossava la stessa bandana e lo stesso sorriso. Ma ogni volta in cui ci trovavamo in un negozietto e vedeva qualcosa riguardo agli 'Havery' il suo sorriso svaniva e si allontanava con un'espressione seria in volto. La cosa mi feriva. Non sapevo se stesse negando il fatto che fossimo finalmente felici insieme, o per il fatto di essere vivo.

"Penso che dovrò fare qualcosa al riguardo" decise Harry. Sedevamo al tavolo in casa mia, ed a questo punto avevamo dovuto tirare le tende anche durante il giorno. I gossip ci stavano ferendo, e stavano impattando anche la mia famiglia innocente. Il che era la parte peggiore.

"Tipo?" gli domandai, nonostante non volessi veramente saperlo. Ero agitata circa cosa gli sarebbe successo, e quali sarebbero state le ripercussioni su di noi quando tutti l'avrebbero scoperto.

"Semplicemente farò una passeggiata" Harry diede un'alzata di spalle. Stava giocherellando con il cibo nel piatto, ovviamente aveva poco appetito. "Se i fan mi chiederanno se ho inscenato la mia morte dirò la verità. In qualche modo ne verrò a capo".

"Sei sicuro di volerlo fare?" indagai. Era ovvio che non volessi che lo facesse, ma non desideravo risultare maniaca del controllo. Harry aveva il potere di decidere che cos'avrebbe fatto, era questa la realtà.

Lui annuì, e mi sentii il cuore accelerare. Sarebbero potute andar male così tante cose quando la cosa sarebbe venuta a galla. Non volevo saperne.

"Okay" dissi a bassa voce, e nessuno di noi disse altro durante il resto della cena.

*

Quel giorno dovemmo andare al supermercato per mia madre. Era strano, ma con ogni giorno che passava si faceva sempre più fragile per la sua età, e non era più in grado di svolgere compiti quotidiani. Inizialmente pensavo fosse la depressione dovuta alla morte di Spencer, ma mi resi conto che era più grave di così. Era ammalata.

Le avevo detto di andare all'ospedale, ma si era rifiutata. La cosa mi dava alquanto fastidio, perché sapevo che qualsiasi malattia avesse non sarebbe stata eliminata con qualche antibiotico. Papà era sempre meno a casa, e non volevo perdere anche mamma. Non ritenevo che sarei riuscita a sopravvivere.

Con Harry decidemmo di andare al negozio più vicino perché ci servivano solamente un paio di cose. Il clima era mite e mi piaceva così, perché mi ricordava che stava arrivano l'autunno.

"Hai paura?" mi chiese Harry. Mi resi conto che si trattava della prima volta in cui mi aveva parlato da quando avevamo fatto colazione. La cosa m'infastidiva, lo vedevo un po' distante ultimamente.

"No" dissi freddamente, e continuammo a camminare. Non sapevo che qualcosa di semplice come il mio tono avrebbe potuto porre fine alla conversazione, eppure così fu. Harry non disse altro.

Quando entrammo Harry spinse il carrello. Prima prese le verdure, poi la carne e la farina, e poi degli snack che avremmo forse finito in un paio di giorni.

"Vuoi del gelato?" mi chiese Harry con un piccolo sorriso in volto. Mentre lui faceva la spesa io ero impegnata a guardarmi attorno per assicurarmi che nessuno lo avesse notato.

L'idea del gelato attirò invece la mia attenzione. "Sì grazie" risposi, e lo abbracciai brevemente. Era come se ne avesse avuto bisogno, come a rassicurarlo che non ero arrabbiata con lui. "Cioccolato?"

Harry ridacchiò. "È il mio gusto preferito" disse, "e ho un bugdet ristretto. Aspettati che metà non ci sia già più domani mattina" mi fece l'occhiolino, gesto che mi fece provare qualcosa che non riuscii a descrivere. Indubbiamente era una sensazione positiva.

Spingemmo il carrello verso le casse, ed ero abbastanza sicura che nessuno l'avesse notato. Gli occhiali da sole avevano in qualche modo celato la sua identità, infatti nessuno dei presenti aveva detto nulla. Ma poi una ragazzina adolescente che stava aiutando la propria madre con la spesa, emise un strillo, e seppi in quel momento che era tutto finito.

"Accidenti" mormorai a bassa voce in modo che Harry non mi sentisse. Non volevo che si rendesse conto di quanto fossi innervosita dal fatto che le persone l'avevano notato. Non volevo che sapesse quanto fossi spaventata dalle possibili conseguenze. Ma era troppo tardi.

"Pensavo fossi morto!" esclamò lei, si era allontanata dalla madre ed aveva raggiunto Harry. Lui sospirò e si passò una grande mano fra i capelli, come se la cosa avesse potuto aiutare. La ragazza afferrò una rivista nelle immediate vicinanze, e gliel'accostò al viso.

L'articolo trattava della morte di Harry, e c'era una foto di lui in occhiali da sole.

La ragazzina gli strappò via gli occhia, ed era chiaro che lui fosse rimasto scioccato dal gesto. Non si mosse, perché lei trasalì prima di emettere un altro grido.

"Lo dico a papino!" strillò in modo insopportabile. Le sue parole dovevano esprimere l'antipatia tipica degli snob, ma il tono talmente acuto di lei la fece sembrare una bambina di cinque anni.

Inizialmente la sua affermazione mi confuse, ma poi mi resi conto che probabilmente suo padre era un paparazzo. E che forse era ciò che Harry voleva.

Guardai la ragazzina da vicino, ma non successe nulla. Non disse una parola alla madre, e prima che me ne resi conto uscirono entrambe dal negozio. Non dovetti nemmeno parlare con sua madre per rendermi conto di che tipo fosse.

In tutto ciò Harry iniziò a scannerizzare gli articoli alla cassa rapida, sistemandoli alle borse. Quando mi voltai verso di lui stava già pagando.

"Harry!" sussurrai con vigore, in modo che nessuno ci potesse sentire. "Non riesco a credere a ciò che hai fatto!"

"È stata una mia scelta" disse lui in tono normale. Volevo dirgli di abbassare la voce, ma sapevo che la sua reazione sarebbe solo peggiorata. "Voglio che tutti lo sappiano prima che le cose sfuggano di mano. So cosa sto facendo".

Ero senza parole. Non ribattei nemmeno, semplicemente lo seguii fuori dal negozio.

Lui portò da solo le borse fino a casa. Non ci scambiammo nemmeno una parola.

Una volta a casa lui ripose la spesa senza farsi aiutare. Non ci parlammo.

Harry trascorse il resto della giornata nella stanza degli ospiti, incollato al telefono. Non ci parlammo.

Nonostante le mie parole avevano eretto un muro invisibile fra noi, barriera che sembrava indistruttibile, mi resi conto che ciò che lui aveva detto prima aveva completamente senso.

Le cose stavano veramente per cambiare, ed era solo l'inizio. 

murder house |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora