undici.

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Punto di vista di Harry.

"Oggi mi sono divertito" dissi ad Avery a cena. Lei si limitò a rivolgermi un sorriso prima di riprendere a mangiare. Mi domandai se le piacesse molto la pizza o se mi stesse rivolgendo il trattamento del silenzio. Ad ogni modo si stava comportando in modo strano da quando l'avevo presa per mano.

Stavo facendo avanzare la nostra amicizia troppo velocemente? Forse non avrei dovuto tenerla per mano. Forse era stato un po' troppo per lei. Se qualcuno che faceva parte della band più famosa del mondo mi avesse tenuto per mano sapevo che mi sarebbero venute le farfalle allo stomaco. Forse provava qualcosa per me. Sarebbe stato bello.

"Scusami" disse Avery improvvisamente, distraendomi dalle mie riflessioni. Inarcai un sopracciglio al suo intervento, e lei riaprì la bocca nuovamente. Ma fu solo per prendere un altro morso di pizza.

"Sei arrabbiata con me o qualcosa del genere?" domandai bruscamente, senza pensarci. Avery mi rivolse un'espressione confusa e finì di masticare.

"No" disse. "Ho solo molto a cui pensare. Mi dispiace che tu la pensi così, Haz".

"Ehi!" ribattei, non mi piaceva come mi aveva chiamato. "Nessuno mi chiama più così, Avery. È imbarazzante!"

Ridacchiò ed agitò il polso. "Tu mi chiami Aves, quindi io ti chiamo Haz. Siamo pari".

Non voleva veramente smettere di chiamarla Aves. Quindi avrei dovuto sopportare il suo uso del soprannome. Non sarebbe stato comunque qualcosa di troppo brutto. A patto che non mi avrebbe chiamato così ogni minuto.

"D'accordo" dissi, e presi l'ultimo morso della crosta. Anche Avery finì di mangiare, ed entrambi bevemmo le nostre limonate velocemente. Era fresca e buona.

"Vorrei non dovessimo preoccuparci della mezzanotte" disse Avery guardando nel vuoto. Sorrisi alla vista della sua espressione, poiché sembrava stesse guardando lontano. Anche io desiderai essere in grado di distaccarmi dalla realtà come faceva lei.

"Vorrei potessimo restare in questa villa per sempre, vivendoci e basta. Nessun legame".

La pensavo allo stesso modo. Avrei potuto invitare i ragazzi, e la nostra nuova vita sarebbe potuta essere qui. Sarebbe stato come i bei vecchi tempi. Per qualche motivo parte di me pensava però che non sarebbe stato lo stesso senza Avery.

"Andrei in piscina e al bar tutti i giorni".

"Immaginavo" mormorò Avery con un sorriso in volto. La guardai ed emulai la sua espressione, poi entrambi ci alzammo in piedi.

"Abbiamo tipo, sei ore prima di mezzanotte" le dissi, temendo già il suono delle campane. "Ti va di tornare alla training room e chiacchierare?"

Per la prima volta dopo un po' di tempo Avery mi guardò negli occhi e mi sorrise. Aveva dei begli occhi, in cui mi ci ritrovai perso. Occhi verde oliva come i miei.

"Sì" disse, la sua voce era poco più di un sussurro. Il mio sguardo scivolò sulle sue labbra un paio di volte, guardandole muoversi quando parlò. Fu quasi come se fosse arte.

Ma poi mi resi conto che ci trovavamo in una stanza piena di nemici, e ci stavano tutti rivolgendo delle occhiatacce.

"Andiamo, okay?" dissi, ed Avery annuì. Uscimmo insieme dalla sala da pranzo, dirigendoci alla training room. Una volta arrivati ci accoccolammo in un angolo per scaldarci a vicenda. Per qualche motivo la temperatura era scesa drasticamente.

Avery aveva gli occhi chiusi, ma ogni tanto li vedevo muovere sotto le palpebre. Era sicuramente stanca, ed ora era il momento migliore perché facesse un pisolino.

"Harry?" disse senza aprire gli occhi. Il mio braccio le cingeva la schiena, ma mi voltai comunque per guardarla in viso. Aveva un sorriso tranquillo in faccia.

"Sì?"

"Sei il migliore amico che abbia mai avuto" disse, ed avrei potuto giurare che il mio cuore saltò qualche battito. "Tutti i miei altri amici non mi parlano come fai tu. Pensavo saresti stato cattivo, ma in realtà sei una delle persone più buone e sincere che abbia mai incontrato".

"Che bello" dissi. Sorrisi con fare distante alla percezione della sua testa sulla mia spalla. Avrebbe certamente fatto un pisolino. "Spero che tu sappia che sei una delle prime ragazza che mi tratta come un ragazzo normale".

"Ma tu sei un ragazzo normale, Haz".

Aprii la bocca per rispondere, ma quando la guardai vidi che aveva gli occhi chiusi e respirava pesantemente emettendo delicati rumori dalla bocca.

"Buonanotte, Aves" sussurrai nei suoi capelli setosi.

Quando mi svegliai sapevo che eravamo nei guai. In primis non dovevo nemmeno addormentarmi. Il mio ruolo era quello di vigilare e tener d'occhio l'orario per svegliare Avery prima di mezzanotte.

Tristemente era troppo tardi. Quando controllai l'orologio appresi che era l'una di notte.

Ma non era l'unica cosa. Il mio movimento fece svegliare Avery, la quale sembrò molto turbata, quasi spaventata. I miei sensi si allertarono, ma non riuscii ad individuare la fonte del problema.

"Che succede, piccola?" domandai. Sgranò gli occhi e la mia attenzione seguì il suo sguardo, diretto sotto la porta.

Fumo. Tanto.

Dal corridoio filtrava nella stanza.

Non era il tipo di fumo emesso dalle sigarette, questo era più spesso e più scuro. C'era solo una spiegazione dietro quel tipo di fumo, e mi spaventava a morte.

Un incendio.

"Siamo intrappolati" dissi in un sussurro, accettando finalmente il mio destino. Emisi una risata sommessa. Fra tutti i modi di morire questo sarebbe stato il peggiore. Niente di meno desiderabile del cadavere fumante in diretta televisiva. Mi venne voglia di vomitare.

Restammo in silenzio, spingendoci il più possibile contro il muro ed uno contro l'altra. Una specie di tentativo di ritardare la nostra morte inevitabile.

Il fumo riempì lentamente la stanza, rendendo difficile vedere. Quasi l'intero perimetro della stanza era ricoperto da uno spesso strato di fumo. Presi a tossire in modo incontrollato e presto Avery fece lo stesso; sentii poi dolore lancinante al petto. Mi piegai in due dall'agonia, e prima che me ne resi conto si fece tutto nero.  

murder house |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora