diciotto.

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Punto di vista di Harry.

L'avevo quasi persa, e niente mi rendeva più felice del fatto che l'avevo riconquistata. Era pronta ad uscire con me, nonostante tutto ciò che avevano affrontato. Anche io lo ero.

"Perché stavi pensando ad annullare l'alleanza?" mi domandò quando ritornammo in camera da letto. Era accoccolata sotto le coperte, e mi rivolgeva un'espressione innocente. Era ovvio che l'avessi ferita.

E ad essere onesto il motivo per il quale l'avevo pensato era a me sconosciuto. Sarebbe stato stupido desiderare di evitarci il dolore, dato che ne sopportavamo già abbastanza. Lo stesso alibi era stato utilizzato troppe volte.

"Non lo so" dissi con fare di resa, e mi tolsi la felpa. Era troppo sporca e non potevo continuare ad indossarla, quindi rimasi in maglietta bianca aderente.

Avery si limitò ad annuire. Fu uno shock, perché mi aspettavo che si sfogasse e mi rimproverasse su quanto dolore stessi causando ad entrambi. Era stato qualcosa d'inevitabile, ma in qualche modo lei aveva scelto il modo semplice.

"Credi che Anne senta la tua mancanza?"

Le sue parole mie colsero di sorpresa. Avevo pensato a malapena alla mia famiglia, ed Avery mi aveva fatto ricordare le persone a cui importava di me. Era ovvio che sentissero la mia mancanza. Doveva essere così.

"Credo di sì, ma non ho modo di saperlo—vero?"

"Vero" rispose Avery. "Non credo che la mia famiglia senta la mia mancanza. Tranne Carmen. Lei vuole solamente quell'autografo".

Le rivolse un'occhiata torva. Non avevo mai saputo come fosse avere una famiglia che s'interessa a malapena di me. Mi veniva dato da mangiare, mi venivano date cose che non mi servivano nemmeno—anche prima che diventassi ricco. Nel mio cuore provai pietà per Avery, e non fu una bella sensazione. Ora sapevo cos'aveva provato quando ero stato ferito, era evidente che le importasse di me dall'inizio.

"Se vincessimo entrambi ti porterò a vivere con noi" offrii, e lo pensavo veramente. Non ero il tipo di persona che avrebbe detto di fare qualcosa e poi se ne sarebbe "dimenticato". Se dicevo che avrei fatto qualcosa avrei mantenuto la mia parola.

"Dici sul serio?" il suo volto si irradiava puro entusiasmo, e la vista mi rese felice. Sorrisi a mia volta, e mi sedetti sul letto dove si era coricata.

"Potessi morire".

"Pessima scelta di parole!" rise Avery, e mi diede un buffetto sul braccio. Il suo fare giocoso m'ispirò, nonostante potrebbe essere stata la notte in cui saremmo potuti morire. Dopo tutto eravamo rimasti solo in cinque, e quando gli spettatori s'annoiavano, qualcosa accadeva verso la fine. Me l'aveva detto Ed.

Non volevo andarmene con un ricordo confuso, se fossi riuscito ad uscire dal programma illeso. Ciò che non volevo era dimenticare lentamente quanto mi togliesse il fiato trascorrere il tempo con Avery. Il pensiero era remoto nella mia mente, ma era comunque una possibilità.

"Ti va di farci una foto?"

L'espressione di Avery s'illuminò alla mia offerta. Si spostò sotto le coperte senza dire una parola, e si sedette accanto a me. Era bello vedere che non fosse più arrabbiata con me, oppure avrei ripreso a piangere.

"Hai ancora il tuo telefono?" mi domandò, quindi annuii. Lo estrassi dalla tasca posteriore dei miei pantaloni e sbloccai la tastiera inserendo il codice '2205'. Quando alzai lo sguardo notai che Avery non stava spiando, e rimasi contento del fatto che mi potessi fidare che non mi avrebbe rubato il telefono.

Quando aprii l'applicazione della fotocamera la rivoltai in modo da utilizzare quella frontale. Sollevai il dispositivo davanti a noi e guardai nello schermo vedendo che Avery stava sorridendo ampliamente. La vista mi fece sorridere a mia volta, quindi scattai la foto.

"Siamo carini" rise lei, ammirando la bellissima immagine che avevamo scattato. Grazie alla luce dell'abatjour i nostri volti sembravano impeccabili. La luce faceva risaltare anche il nostro colore degli occhi.

"È vero" le rivolsi un sorriso e bloccai la tastiera. Riposi il telefono e mi coricai a letto. Avery emulò le mie azioni e si coricò rivolto verso di me.

"Odio questa cosa" mise il broncio.

"Che cos'è che odi, amore?"

"Tutto questo. L'omicidio, le persone. Non tu, ovviamente" s'interruppe, "vorrei solo non essere qui, ma trovarmi altrove insieme a te".

Mi scaldò il cuore sapere che voleva ancora stare con me, ovunque sulla terra. Grazie a Dio la sensazione era completamente reciproca.

"Avery, sai che non possiamo tornare indietro nel tempo" sospirai disegnando dei cerchi don un dito sulla sua schiena per calmarla. Era chiaro che fosse arrabbiata con tutti quanti i coinvolti, anche io lo ero. "Se potessi cambiare il gioco lo farei".

"Già" disse con un sorriso timido, e nello stesso momento udii il suono distinto di una campanella. Strano; avremmo mancato il dessert.

Entrambi grugnimmo allo stesso momento, ed osservai Avery mettersi a sedere ed estrarre un coltello a serramanico dalla cintura. Mi armai a mia volta, ma optai per una pistola.

"Ti va di uscire?" domandai, nonostante l'idea mi faceva venire il volta-stomaco. Altro che paura del buio, mi disturbava il solo pensiero di Jonah che ci attendeva ed avrebbe potuto colpire in qualsiasi momento. Era comunque qualcosa che doveva decidere Aves.

"Sì" disse, la determinazione era chiara nella sua voce. Ci saremmo gettati fra le braccia del pericolo che avremmo potuto facilmente evitare. Non avevo una bella sensazione al riguardo.

"Okay".

Estrassi una bandana dalla tasca della felpa che avevo messo da parte, quindi me la strinsi con attenzione attorno alla testa. Era grigia, dato che ad Aves non piaceva quella verde. Era vero che ricordava il colore del vomito, ma mi piaceva comunque.

Quando raggiungemmo il corridoio ci confuse il vedere piccole pozzanghere sparse qua e là. La possibilità che qualcuno avesse rovesciato dell'acqua non mi sfiorò nemmeno, dato che le pozzanghere erano frequenti ed aumentavano di dimensione nell'avanzare.

"Che diamine sta succedendo?" Avery si grattò la testa dalla confusione e si rannicchiò accanto ad una pozzanghera. La vidi affondarvi la punta di due dita.

"Senti un buco o qualcosa del genere?" le chiesi, ma lei m'ignorò.

"Credi che l'acqua sia risalita dal suolo?" mi domandò sarcasticamente. "Al massimo sarebbe caduta dal soffitto. Ma non è così".

"Allora cos'è successo, genio?" scherzai, ma lei sembrava molto seria. Estrasse le dita dalla pozzanghera ma non se le asciugò nemmeno. Il suo sguardo freddo era fisso su di me e mi suggeriva che presto saremmo finiti nei guai, e che io avevo preso la cosa alla leggera.

"Hanno intenzione di allagare la villa".  

murder house |ITA|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora