Capitolo 11

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JESSICA
<Sei cresciuta tantissimo.> Mi disse mio padre Roberto.
<Anche la tua famiglia.> Scherzai. In salotto c'era la sua ragazza e la loro figlia Diana che stavo tenendo in braccio.
<Quanti anni ha> Chiesi per cambiare discorso. Entrambi risposero quattro mentre la bambina mi fece il quattro con la mano.
<E Davide? Non dovevate andare in montagna quest'anno?> Mi chiese mio padre.
<Noi ci siamo lasciati a ottobre.> Mio padre si limitò ad annuire. Sapeva che le corna facevano parte della mia testa ormai. La sua ragazza Giorgia invece uscì dalla cucina per poi andare in salotto.

<Non pretendo che mi chiami mamma e che consideri Diana tua sorella, ma sappi che per me sarai come mia figlia.> Ad un tratto apparì e mi diede una bustina. Dentro c'era un bracciale con la mia iniziale incisa.
<Grazie non dovevi, ormai voi mi siete i più vicini in questo momento.> Ed è vero mia mamma non mi chiama più e neanche Davide. Non voglio troncare i rapporti con lei, ma se pretende che io ritorni con Davide può anche rimanere lì dov'è.
<Si è fatto tardi, ci sentiamo.>
<Resta a cena, ti prego.> Chiese Giorgia.
<Ho già mangiato e poi esco con dei miei amici.> Una bugia più interessante? Anche il tombino sa che tutti sono a casa tranne me.
<Va bene se è urgente vai, ma almeno per il pranzo di natale ci devi essere.> Disse mio padre. Annuì salutai tutti e poi ritornai in dormitorio.

Era notte fonda quando senti qualcuno bussare insistentemente alla porta. Con la voglia di un bradipo morto, nulla contro i bradipi, andai ad aprire.
<Finalmente, di al tuo ragazzo di non urlare più il tuo nome.> Disse una ragazza per poi andarsene. Ma cosa?
Girando lo sguardo trovai Simone mezzo addormentato per terra con una bottiglia di non so cosa in mano.
<Simone alzati.> Disse chinandomi per farlo alzare.
Posò gli occhi sui miei per poi alzarsi anche se ci mise un secolo.
È ubriaco marcio, almeno credo. Devo ammettere che è un bravo attore alcune volte.
<Piccola ti ho cercato ovunque dov'eri?>
<A casa dei miei, mi spieghi perché ti sei ridotto così?>
<Per te.> Disse mentre cercava di sedersi sul letto. Chiusi la porta senza badare alla risposta.
<Lo sai che sei molto bella anche in pigiama?>
<Perché ti sei ridotto così?> Ritentai.
Non ottenni risposta che mi circondò la vita e mi attirò a sé. Io scivolai e gli andai completamente addosso.
Mi fece un sorriso malizioso, si girò di lato e sempre tenendo il suo braccio sulla mia vita chiuse gli occhi e cerco di addormentarsi.
<Che fai?> Chiesi.
<Sto cercando di dormire come me persone normali.>
<Non puoi dormire con i vestiti e le scarpe. Non è igienico.>
Iniziò a togliersi le scarpe, la maglia e cercò di sfilarsi i pantaloni.
<Che stai...ho capito che sei abituato, ma non spogliarti.>
<Piccola lo hai detto tu.>
<Io non credo che tu sei ubriaco, tieni.> Dissi dandogli dei pantaloncini della tuta.
<Di chi sono?>
<Di Davide, ora mettili senza fiatare.> Aveva una faccia leggermente schifata, ma li mise lo stesso.
Si stese di nuovo accanto a me e mi addormentai tra le braccia di Morfeo.

Mi hai stravolto la vitaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora