Sei anni prima.
Come da tradizione, Rubi si svegliò molto presto quella mattina, mise il suo vestito più bello, si raccolse i capelli corvini ornandoli di un giglio fresco, senza scordarsi di mettere al dito l'anello con la piccola pietra verde, l'unico suo gioiello. Uscì di casa e guardò davanti a sé. Tutto era ancora avvolto nel pallore notturno: la distesa di tetti, le strade di marmo bianco e più lontano i campi e quella zona ad est, deserta. Quella parte, grigia e buia, smorzava l'animo di Rubi ogni volta che le sue iridi ne incrociavano i contorni, non riusciva ad abituarcisi. Il canto di una civetta la destò dai pensieri. Il martello del fabbro riecheggiava nell'aria, prima del solito, e un tenue vento trasportava il profumo di pane fresco e di cuoio lavorato. La ragazza inspirò profondamente. Quel giorno era finalmente arrivato.
Scese i gradini davanti alla casa ed imboccò la via più veloce. Malgrado mancasse una buona mezz'ora al sorgere del sole, molti altri cittadini erano già indaffarati negli ultimissimi preparativi. Rubi attraversò il centro della città marmorea di gran carriera, salutando chiunque incontrava con sveltezza, ma sempre cortese. Raggiunse la periferia, ancora più affollata, e dovette rallentare il passo per sgusciare tra i vari carretti e banchi. Il cielo stava cominciando a schiarirsi e la ragazza fu costretta ad abbandonare la via ciottolata. Le voci, i profumi si fecero sempre più lontani, Rubi prese una curva di una stradina seminascosta ed uscì dalle mura bianche ritrovandosi nel silenzio dei campi seminati. Non avrebbe mai voluto passare per quella strada, ma se voleva fare in tempo era l'unico modo. Gettò lontano lo sguardo, vide l'orizzonte prendere fuoco e qualcosa le pizzicò il petto e le vene. Anche quell'anno avrebbe fatto in tempo ad assistere all'apertura delle porte della città, o almeno così credeva.
Percorse l'ultimo tratto di terra coltivata attraverso piante e ortaggi, facendo attenzione a non sporcare troppo il vestito, poi la strada si allargò, aprendosi un varco tra la campagna ancora addormentata. Il cuore cominciò a martellarle nel petto, aumentò il passo, si obbligò a tenere lo sguardo basso e prese a giochicchiare nervosamente con l'anello. Si sforzò di pensare ad altro, alla grande giornata che stava per cominciare, a tutti i compiti che avrebbe dovuto svolgere e ripeteva fra sé parole imparate a memoria, appartenute ad un linguaggio arcaico e potente. Non mancava molta strada e l'alba era vicina, Rubi stava finalmente realizzando cosa l'aspettasse quel giorno, quando il terreno sotto i suoi piedi cambiò. Alla sua destra si stendeva una zona completamente diversa, come se si fosse trovata lì per errore: non vi era più erba o grano o costruzione, solo terreno arido e qualche pila di mattoni smussata.
Uno scricchiolio di passi la destò dai suoi pensieri. La ragazza trattenne il respiro, osò alzare le ciglia ed osservò la distesa desolata, gli occhi le si velarono per un istante, poi si fermò. Scrutò là, tra le macerie, dove aveva visto qualcosa muoversi. Lo vide di nuovo. C'era qualcuno. Il verde del mantello spiccava tra i resti di mura e le steppe bruciate. Le labbra di Rubi impallidirono e rimase sul posto per un lungo istante. Si sfregò gli occhi assonnati e tornò a guardare davanti a sé. Una folata di vento gelida le accarezzò i ciuffi corvini, facendoli danzare nell'aria. Nessuno. La distesa era tornata deserta, come sempre. I suoi occhi rimasero a ispezionare l'aria, quando le fu impossibile vedere altro. Dall'orizzonte sgorgò un fiume di luce ardente che inondò ogni cosa davanti a sé, spazzando via le ombre della notte rimaste. Le iridi nere cedettero a quella forza, ritraendosi accecate. La ragazza voltò le spalle al sole nascente premendosi gli occhi e tornò sui suoi passi come un gatto ferito. L'aveva senza dubbio immaginato, nessuno si aggirava per quella zona!
Si precipitò su per il sentiero che conduceva alla collina, la grande sentinella della città. "Dovrei essere ancora in tempo", si ripeteva per spingersi nella salita. Era giunta a metà strada quando si udì un suono ovattato e melanconico riecheggiare nell'aria, fu allora che abbandonò la pretesa di arrivare in cima impeccabile e fresca. Afferrò la gonna e si mise a correre a perdifiato, un istante prima di raggiungere la cima rallentò per sistemarsi i ciuffi dietro le orecchie, ma alle sue mani qualcosa sembrava diverso. Aveva perduto il giglio.

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Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di Cenere
FantasyLibro I. Mira vorrebbe essere una ragazza qualunque, ma il suo stesso sangue glielo impedisce. In lei crepita un Fuoco appartenuto ad antiche divinità, o almeno così dicono le Leggende. Ciò che desidera è vivere lontana da un mondo che la ripudia, m...