CAPITOLO XXXIX Lilium

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Quando il dolore al braccio era diventato insopportabile, Mira accolse l'aria sulla pelle come lo strappo di un velo opprimente dal viso. Tossì e sputacchiò mentre annaspava per tornare ad assaporare l'ossigeno. Le sue gambe toccarono il fondo, allora lasciò la mano palmata della sirena e gattonò fino alla riva. Si abbandonò alla sabbia respirando di gusto. Sopra di lei persisteva un bagliore dorato, soffuso dalle nuvole che lo avvolgevano.

"Il sole", gracchiò quasi commossa, gli occhi arrossati e brucianti per l'acqua salmastra.

Accanto a lei, udì il respiro affannato di Scarlett e il rumore di qualcosa che si rompeva. Erano le squame che abbandonavano parte della pelle della sirena. Questa infatti era stesa tra l'asciutto e il bagnato e solo la metà superiore era senza sembianze marine. Mira roteò gli occhi per assicurarsi che stesse bene; ne scorse il viso diafano, contorto da smorfie di dolore.

La coda si attorcigliò alle sue gambe, viscida e fredda, tremò per un lungo istante per poi perdere le scaglie cremisi, lasciando il posto a pelle pallida e asciutta. La ragazza rimase impietrita: era la seconda volta che assisteva a quella trasformazione e non sapeva se rimanerne terrorizzata o affascinata. Tornò a guardare il volto della sirena che le stava appresso, ora una donna. Questa si lasciò cadere sulla sabbia con un lamento soffocato e scomparve dalla visuale di Mira.

"Scarl, stai bene?", le chiese senza riuscire a muovere la testa.

"Il processo a volte è doloroso", ebbe come risposta.

Mira esalò un respiro rauco, si leccò le labbra sentendole molli e salate; lei non le vedeva, ma erano violacee e gonfie. Gli stinchi pulsavano indolenziti nel punto in cui le pinne della rossa l'avevano più volte colpita durante la traversata; il braccio e la spalla sinistra vibravano deboli e tesi, mentre gli occhi lacrimavano incontrollati. Avrebbe voluto dormire per un giorno intero. Liberò lo Spirito dal proprio sangue e quando quel corpo nebuloso apparve loro un flebile sorriso le risvegliò il viso intorpidito.

"Scusa se quando ci siamo fermati all'alba non ti ho evocato", fece la ragazza.

Gli occhi-fiamma crepitarono: - Non c'era tempo né necessità. -

Dopo una manciata di minuti, Mira si mise seduta con qualche difficoltà, prese il suo orcio e bevette. Lo allungò a Scarlett, ma quella scosse il capo.

"Non ne ho bisogno."

Mira finì la razione di acqua. Si alzò, ma ricadde a terra: le ginocchia tremavano come foglie secche pronte a staccarsi dal proprio ramo. Le sembrava di stare ancora nuotando e tutto attorno a lei girava senza sosta.

"Ora capisco come ti sentivi dopo una giornata di cammino", scherzò rivolta a Scarlett, sempre sul bagnasciuga.

Di nuovo provò a rimettersi in piedi e questa volta ci rimase, ma teneva le gambe larghe e la schiena ricurva. Gli occhi di tutti si alzarono e rimasero in un silenzioso scrutare. Davanti a loro si ergeva un rialzo di terra dove la sabbia lasciava posto alla polvere e poi all'erba. Più in là era visibile un colle, che da quella lontananza sembrava color prugna.

Le dita della Prescelta cominciarono a pulsare: "È lì non è vero?"

Scarlett annuì anche se era dietro di lei e la ragazza non poteva vederla: "Lilium è oltre quella collina."

A sentire quelle parole Mira per poco non cadde di nuovo a terra, incominciò a sudare freddo e la lingua le si incollò al palato.

"Ho un po' di paura", sminuì la ragazza con gli occhi fissi su quel colle.

La sirena inspirò sonoramente, ma non disse nulla. Un crepitio fece voltare Mira alla propria sinistra.

- Io ti sarò a fianco, ricordi? -, la rassicurò lo Spirito.

Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di CenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora