CAPITOLO XXXVII Acqua

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Quel giorno lo passarono in silenzio per la maggior parte del tempo. Dopo tutto ciò che le era accaduto, Mira pensò a lungo a quanto stesse cambiando lei stessa e la sua visione di ciò che la circondava.

Non credo tu abbia la giusta idea di Terribile

La tristezza che occultava gli animi dei quattro viaggiatori si dissipò lentamente, di ora in ora lungo il cammino, ogni miglio era una ragnatela i cui fili intrappolavano i pensieri come se fossero stati gocce di rugiada.

Oltre quella zona bruciata avevano raggiunto la parte meridionale della regione di Forth, attraversata dal fiume Medah che sfociava nel Mare di Fuoco. Era incredibile quanto il paesaggio cambiasse da un miglio all'altro. Era un intreccio di città e campi, foreste e laghi che si stendeva fino al mare, ad est.

Mira poté ammirare il verde dei prati del sud, tanto decantato da Clorinde, odorare il profumo del biancospino e di bacche, che sarebbe durato fino alla fine dell'inverno per cedere il posto alla resina e alla lavanda. Avrebbe guardato a tutto questo con altri occhi se solo fosse stata una ragazza qualunque, senza dominio o senza nome.

Era quasi il tramonto. Si erano accampati prima del tempo per via della pioggia, vicino ad una caverna su una piccola altura.

"Domani raggiungeremo il punto strategico del corso che sfocia nel mare e da lì il viaggio per Lilium sarà breve", Rasht e Scarlett si scambiarono un'occhiata.

"Non vedo l'ora", cinguettò la sirena, mutando espressione e assopendosi con la schiena contro la pietra.

Mira quasi non li sentì. Era ricurva sulle proprie ginocchia, immersa nello studio di un fragile foglio dall'aria antica.

"Non capisco molto di questa pergamena. È davvero difficile."

"Se non lo fosse chiunque potrebbe diventare un Maestro!", Rasht alzò un sopracciglio, mentre sistemava la sua scorta di tabacco. "Studio e pratica."

"Lo so, lo so", lo fermò Mira prima che partisse con uno dei suoi ennesimi discorsi in merito. "Ma se non capisco nemmeno da dove partire... Cos'è questo simbolo?", indicò un intreccio di fili d'inchiostro.

"Il movimento che devi fare col polso", rispose il vecchio con leggerezza.

Mira strabuzzò gli occhi, il naso incollato alla pergamena: "Il polso può muoversi in quella maniera?!"

Rasht si rimise comodamente seduto e si portò la pipa alla bocca: "Studio e pratica", ripeté.

Esalò un lungo respiro tramutandolo in una nuvola di fumo denso e violaceo.

"Non avete detto che dovrei farlo usando la mente?"

"Ma ciò implica averne un ottimo controllo con i gesti", rispose lui prontamente.

Mira tenne a bada il sospiro che gli crebbe nel petto. Il Guardiano la osservava curioso, quasi con sfida: il modo in cui increspava le sopracciglia e arricciava le piccole dita nell'aria. Il fuoco emetteva insoliti sbuffi e scricchiolii sinistri, influenzato da quella danza di mani ancora incerta e inesatta.

"Meglio se la smetto per adesso", la ragazza abbassò la pergamena e si strofinò gli occhi. "Potrei far esplodere o crollare qualcosa", puntò le iridi scure sul volto del Guardiano. "Non avrò il vostro sangue sulla coscienza."

Lo disse quasi scherzando, non sapeva di averlo scosso fin dentro le ossa; con quelle esatte parole aprì uno spiraglio in una ferita ancora sanguinante e vecchia sette anni. Rasht impallidì appena, aspirò profondamente inebriando il proprio dolore del profumo di tabacco essiccato.

 Non avrò il vostro sangue sulla coscienza. Da quando aveva incontrato quella ragazza, tutto il suo passato gli si era rigettato contro, specialmente quel giorno maledetto. Perché si ostinava a ricordargli i suoi errori, il suo dolore?

Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di CenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora