La donna corvina era piegata sul proprio camino, le mani immerse tra le braci ancora calde. La pelle bianca delle nocche risaltava nel nero della cenere e la piccola pietra verde che portava al dito sembrava l'occhio di un serpente nella terra.
Aveva le palpebre abbassate e respirava lentamente, odorando il calore che le accarezzava il viso. Stringeva i carboni ardenti acquisendone forza e ascoltandone i sussurri. Il suo viso si contorse in una smorfia di dolore, non perché si stesse bruciando, ma per ciò che udiva da quei resti. Lamenti, grida, schiocchi di frusta e crepitio di fiamme le strisciavano addosso fino a penetrarle la mente.
La pelle d'avorio le s'increspò sulle braccia nude, un brivido le percorse la schiena e le fece fremere il petto. La veste nera che l'avvolgeva come un guanto mostrava il suo respiro affannato. Qualcosa scintillò tra le pieghe della sua scollatura, sembrava una pietra preziosa illuminata dalla luce della luna... ma la luna non era ancora sorta.
"Mia signora?", la chiamò una voce maschile alle sue spalle.
La donna corvina spalancò gli occhi e un bagliore aranciato luccicò nelle iridi scure. Allontanò le mani dalle braci, interrompendo il contatto che si era creato. Tutto tacque.
"Seth. Come osi disturbarmi in questo sacro rituale?", la sua voce sgretolò l'aria e un rombo scosse la pietra sotto i loro piedi.
"Perdonami, ma è per ciò che mi hai chiesto", a quelle parole la giovane si alzò e si voltò a guardarlo. Seth le era di fronte, avvolto dal suo mantello grigio che faceva risaltare la lucentezza dei suoi occhi; dietro la patina di compostezza si percepiva dell'altro, sembrava agitato. "Si incontreranno. A Lilium. Arriveranno a breve."
La pelle della donna parve divenire ancora più bianca se possibile; lei rimase immobile per un lungo istante, poi le sue labbra fremettero: "Lascia che si incontrino, finalmente avrò quel che mi serve. Sai cosa devi fare, Seth."
Lui s'inginocchiò all'istante: "Mi rimetto al tuo volere, come sempre."
Lasciò la stanza col suo passo fiero in uno scricchiolio degli abiti di pelle. Si udì lo scatto della porta e la donna tornò ad essere sola. Si voltò nuovamente verso le braci semispente e con un sussurro baciò l'aria.
"Lilium."
****
Mira, lo Spirito, Rasht e Scarlett erano arrivati al guado verso il mare dopo un intero giorno di cavalcata. Era stato un viaggio silenzioso e carico di tensione, soprattutto per Mira. Il Guardiano, da parte sua, non sembrava diverso dagli altri giorni, o che rimuginasse sull'accaduto della notte passata. La rossa non si era fatta sentire e persino i pensieri dello Spirito erano diventati muti.
Quando raggiunsero Dumah, la città indicata dal vecchio, proseguirono a piedi, portandosi i cavalli a mano. Era l'unico modo per raggiungere il guado che conduceva al mare, perciò, per la prima volta in quei loro giorni di viaggio, entrarono in un piccolo borgo abitato. Era una cittadina di pescatori, o almeno questo era come appariva agli occhi di Ignis. In realtà era un punto di scalo per commercianti di contrabbando, per cui tutti desideravano la medesima cosa: essere notati il meno possibile.
A Mira non gliene importava comunque; non era né agitata né accorta, di umore perfetto per passare inosservata. Quel giorno si sentiva solo vuota. Quando raggiunsero il porticciolo vide qualche piccola barca, ma nessuna la convinse di essere quella giusta per loro se contavano anche i tre cavalli.
Un uomo di mezz'età, tarchiato e robusto, gli si avvicinò: "Quale di queste?"
Mira lo squadrò aggrottando la fronte. Le ci volle un momento per capire che dietro quegli occhi scuri si celavano due fiammelle crepitanti.
STAI LEGGENDO
Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di Cenere
FantasyLibro I. Mira vorrebbe essere una ragazza qualunque, ma il suo stesso sangue glielo impedisce. In lei crepita un Fuoco appartenuto ad antiche divinità, o almeno così dicono le Leggende. Ciò che desidera è vivere lontana da un mondo che la ripudia, m...