"Strana! Sei strana, strana!"
"Siete solo invidiosi", una bambina era circondata da un gruppo di ragazzini, le gridavano addosso e ridevano della fiammella che aveva sulla spalla. "Lasciatemi stare!", la lingua di fuoco s'ingrandì e si posò sui ciottoli girando su sé stessa, mentre gli altri continuavano a ridere.
Una donna dalla grossa mascella si fece largo nel cerchio e rovesciò un secchio pieno d'acqua sulla fiamma arancione.
"Via! Fa le tue stranezze da un'altra parte. Via!"
La piccola corse lontano dalla piazza, sempre seguita da risate di scherno. Andò a rifugiarsi al laghetto, quello poco fuori il villaggio.
Una mano le toccò la spalla facendola spaventare.
"Stai piangendo?", le chiese un ragazzino con apprensione.
"No... Sì! Non mi piace quando mi chiamano 'strana' in quel modo, non mi piace quando spengono il mio fuoco e io... ma non m'importa nemmeno a me piacciono loro."
Nuove lacrime scivolarono sulle guance paffute della bimba, avevano lo stesso luccichio degli opali, lattiginose pietre preziose dentro cui vibra una scintilla di fuoco. Un paio di loro bagnò il dorso della mano del ragazzino, la pelle sibilò a contatto con quel calore così intenso, ma passò in un istante. Lui continuava a guardarla, si sentiva impotente di fronte a quelle lacrime, come consolarla?
"Nemmeno io piaccio a molti", provò con la solidarietà. "A me tu piaci. E mi piace anche il tuo fuoco."
La bimba tirò su il capo e si asciugò gli occhi castani. I capelli scompigliati all'insù del ragazzino la fecero sorridere. Si sporse verso il laghetto, mise le mani a conca racchiudendo un po' d'acqua. "Guarda."
Aprì i palmi ed invece di cadere, l'acqua galleggiò nell'aria, come una bolla di sapone. La bimba mosse le dita e subito quella sfera trasparente si distorse, disperdendosi in tante piccole gocce che solleticarono il volto del ragazzino. Poi gli si avvicinò, gli mise il palmo chiuso sotto il naso.
"Soffia."
Il ragazzino obbedì, la mano di lei crepitò e quando la aprì una personcina di fuoco danzava sulla sua mano.
"Prendila."
Il ragazzino tentennò, allungò tremante due dita verso la lingua di fuoco. "Ahi! Non posso. Io mi brucio."
"Oh", la bimba ci rimase male, sembrò pensarci su. "Prendi dell'acqua come ho fatto io."
Di nuovo, lui fece come gli aveva detto: immerse le mani nel laghetto e, quando le offrì alla bimba, bastò un gesto perché l'acqua vi rimanesse intrappolata. Solo allora la personcina di fiamme poté essere adagiata tra le mani del ragazzino. La minuscola fiammella si mise a correre in quello stagno altrettanto minuscolo.
"È bellissimo!", lui sorrise ed anche la bimba scoprì i piccoli denti, tutta contenta. "Posso chiamarti Mira, come fanno Amil e Clorinde?"
"Certo!"
Da quel giorno in poi, i due condivisero le "stranezze" che gli additavano i compaesani.
"Amil, ho un amico: si chiama Pheel, ma a me permette di chiamarlo anche Pheele. Abbiamo giocato col mio fuoco insieme."
Crebbero insieme, come fratelli, nel corso degli anni.
"È un ragazzo dal carattere difficile", le diceva spesso Clorinde.
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Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di Cenere
FantasyLibro I. Mira vorrebbe essere una ragazza qualunque, ma il suo stesso sangue glielo impedisce. In lei crepita un Fuoco appartenuto ad antiche divinità, o almeno così dicono le Leggende. Ciò che desidera è vivere lontana da un mondo che la ripudia, m...