I giorni seguenti furono silenziosi, ma non quieti. Mira tornò più di una volta alla tomba, ma senza parlare dell'accaduto. Un pomeriggio, quando rientrò all'accampamento, David le propose di prendere i cavalli e di seguire il corso del fiume. Arrivarono al promontorio che delimitava la parte orientale della Foresta, da lì si poteva accedere ad una piccola spiaggia che raggiunsero quando il sole era appena tramontato. Sistemarono le coperte di pelli sulla sabbia e ammucchiarono la legna portata. Mira non era mai stata tanto vicino al mare, se ci fosse andata soltanto pochi giorni prima si sarebbe messa a camminare sulla battigia e odorare il profumo salmastro con commozione. Ma il suo animo era pesante, lontano.
"Apri tu le danze?", chiese David.
Le dita di Mira sfrigolarono, le scintille fecero contrasto col buio che saliva dall'orizzonte in punta di piedi. Una personcina di fiamme si mise a correre tra i rametti per poi dissolversi in essi. Il ragazzo evocò un rapace, grosso come lo sarebbe stato in natura, lo mandò verso il cielo e quello fece il giro sopra le loro teste mischiandosi coi colori violacei della sera ancora acerba. Un gesto della mano di David e il falco di fuoco scese in picchiata andandosi a rimpicciolire sempre di più, fino a mischiarsi con le fiamme di Mira. Entrambi avevano i polsi liberi, il marchio illuminato dal loro fuoco. Il buio soffice li abbracciò completamente e il chiarore del bivacco faceva da coperta sulla loro pelle infreddolita. Sdraiati l'uno accanto all'altra, guardavano la volta stellata mentre lo scoppiettare della legna e le onde del mare scandivano il tempo.
"C'è veramente un bel cielo stasera", esalò David. "Si vede la costellazione di Ignis. Conosci la leggenda della ridenominazione della nostra terra, no? Risale a quasi cinquemila anni fa. Scoppiò un incendio nella capitale del regno, che all'epoca si chiamava Korm. Ogni tentativo di tenere a bada le fiamme era inutile, erano talmente alte e ampie che la città era vicino alla distruzione completa. Prima che intaccasse il cuore della capitale, un gruppo di uomini e donne riuscì a domarle. Nessuno poteva crederci: avevano la capacità di toccare il fuoco senza ustionarsi e maneggiarlo come se fosse stato fatto di seta. Il gruppo di dominatori imprigionò l'incendio nel sottosuolo formando un disegno preciso e ondulato sulla superficie della terra: una grande fiamma a tre lingue attorcigliata su sé stessa", quello stesso simbolo sul loro polso sibilò per un attimo. "La città fu salva, il cuore del regno pulsava ancora e, per ringraziare i giovani dominatori, gli si dette il nome di Ignis. In questo modo tutti si sarebbero ricordati del grande gesto compiuto. Fu così che nacque l'amicizia tra uomini e Figli del Cielo."
David finì di raccontare e una parte del suo animo fu pervasa da ricordi di giorni oramai lontani. Mira non conosceva quella storia, ascoltarla le scaldò il cuore e lo riempì di malinconia allo stesso tempo.
"Guarda", la ragazza indicò un punto del firmamento. "Quella è la costellazione di Iowa: una giovane così bella che la natura, per proteggerla, privava della vista chiunque la guardasse, tranne chi ne fosse veramente degno. E quello era Eren, un po' più ad ovest", continuò spostando l'indice, "un grande eroe che conquistò il cuore della fanciulla. Là a nord c'è la stella di Cassandra, quella lontana e distante; era un'eroina solitaria. Più a sud..."
"Da dove vengono tutte queste storie?", la interruppe David. "Non le conosco queste costellazioni."
"Dalla mia infanzia. Erano nostre invenzioni", rispose Mira con voce grave e riabbassò la mano.
Silenzio. Qualcosa in lei cominciò a muoversi, facendole male al petto.
"Quando ero piccola, io e Amil la sera ci stendevamo accanto al fuoco, come io e te adesso. Mi raccontava leggende, racconti sulle figure che vedeva nelle stelle. Da allora, tutte le sere prima di andare a dormire ci mettevamo lì, sull'erba, a inventare storie. Vivevamo distaccate dal resto del villaggio, su una collinetta. Lei non era... come loro volevano che fosse; io nemmeno, ma non l'ho mai sentito come un peso. Avevo lei e lei aveva me. Era sempre stata una donna molto umile per via della sua salute, così fragile, non poteva lavorare troppo. Eppure mi prese con sé. Non me lo fece mai pesare, si prese cura di me come una mamma. Mi amò. Le mie capacità non la spaventavano, anzi, fu lei per prima a chiamarle 'dono'. E quando qualche giornata non andava bene, guardavamo il cielo. Mira, vedi questo cielo?", continuò con un tono che non le apparteneva. "Le stelle che vi brillano sono coloro che sulla terra possedevano un fuoco dentro di sé ed ora ci guidano con quella luce. Un fuoco in grado di scaldare, guarire, mostrare; come il tuo. È un dono! Del Cielo stesso. Bisogna prendersene cura e poi restituirlo quando sarà giunto il momento", Mira tacque per un istante, scrutò il firmamento prima di riprendere a parlare con voce normale. "Però, le stelle non potevano risolvere tutto. Quando si ammalò, mi parve che ognuna di loro mi avesse stregato, mentito. Si limitavano a brillarmi in faccia senza dirmi nulla su cosa potessi fare. Non era vero niente. Eppure Amil sorrideva, perché non avrei dovuto farlo io? Una sera osai chiederle se avesse paura della morte... ma continuava a ripetermi cose senza senso sul mio dono ed io non feci niente se non starle accanto", s'interruppe per un breve momento per riprendere il controllo sulla sua voce. "Un mattino di cinque anni fa, però, il mio calore non bastò più. Mi stava lasciando e non faceva altro che parlare di me, del mio dono, che non avrei mai dovuto lasciarlo spegnere, mai avrei dovuto sprecarlo. Quel mio fuoco che tanto amava non era stato in grado di proteggerla. Perché continuava a lodarlo? Perché mi sorrideva mentre io piangevo dalla paura? Sentivo le sue membra indebolirsi, immobilizzarsi tra le mie braccia e l'essere impotente mi tormentava, eppure lei era così quieta. Così pallida e fredda, mi sarebbe bastato aprirmi il palmo della mano per scaldarla una volta per tutte. Ma non potevo. Ti prometto che mai una goccia del mio sangue sarà vana, le dissi. Sembrava non volesse trovar pace finché non fosse stata sicura di questo", Mira si guardò i polpastrelli anneriti. "Una sua lacrima mi entrò nella pelle e il freddo imprigionò anche me", la voce le si ruppe. "Amil morì fra le mie braccia. Come una fiammella tra le dita. E non potei fare nulla."
Mira piangeva, si cinse con entrambe le braccia. Guardava le fiamme davanti a sé senza smettere di parlare.
"Poi qualcuno mi strattonò dalle gambe, portandomi fuori dalla capanna. Ricordo che mi bruciava la gola tanto gridavo. Io volevo solo restare con Amil fino alla fine. Ma la fine era già arrivata. Avevano così tanto paura della malattia contagiosa che me la portarono via, erano degli uomini con strane maschere. La misero su una brandina, allontanandomela e io volevo stringerla ancora una volta, respirare l'odore della sua pelle fino ad addormentarmi accanto a lei. La portarono fuori dal villaggio dove era stata preparata una pira: avevano già pensato al suo corpo inanime quando ancora era in vita! La distesero sui legni e la cosparsero di olio. Uno di quegli uomini si avvicinò con una fiaccola e prima che potesse lanciarla, mi feci avanti con il mio fuoco tra le mani, la mia solita fiammella dalla forma umana... fu lei ad avvolgere Amil per me, come in un abbraccio.
Quando il fuoco si spense io avevo ancora il profumo dei suoi capelli sul viso", Mira si toccò le guance, logorate dalle lacrime ustionanti. "Il Cielo dev'essersi accorto di me quella sera, gridavo che mi aiutasse, ma lui rimase buio e silenzioso. Il mio dono che tanto amava non era stato capace di proteggerla. E io, che le promisi di non sprecarlo, ho lasciato che una bambina morisse sotto i miei occhi. L'ho delusa."
La ragazza esplose in singhiozzi, nascose il viso tra le ginocchia esalando i gemiti trattenuti fino ad allora. David aveva lo sguardo basso.
"Ci sono cose che non si possono cambiare o fermare. Non possiamo avere il controllo sul sangue delle altre persone come sul nostro. Con tutto il rispetto, io non credo che Amil desiderasse quello", la guardò. "Ti ha guidata nella conoscenza e nella stima di te stessa."
"Cosa che il mondo, invece, non fa altro che distruggere!"
"So che il passato può perseguitare fino all'esasperazione. Anche il mio mi rincorre spesso, sai?", la voce di David cambiò per un momento.
Mira rialzò la testa.
"Io me ne sono andata dal villaggio proprio sperando di sfuggirgli. Credevo che una volta qui sarei riuscita a dimenticare, ma non riuscirò mai a liberarmene."
"Non credo sia la soluzione, fuggire. Ed è strano sentirselo dire da uno come me."
"Mi sono allontanata da lì inutilmente. Ovunque è così, anche in questa foresta sperduta."
"Te ne sei andata per capire il posto che vuoi prendere. Insomma, io credo che ognuno abbia il proprio compito. Altrimenti a che scopo? Dev'esserci un senso, di tutto", David si voltò verso di lei.
"Anche della morte di Amil? E della bambina che abbiamo seppellito?"
Lo sguardo del ragazzo si spense per un istante. Le sue dita cercarono la mano di Mira, la sollevarono indicando il cielo.
"Guarda. Quella stella, la più grande e luminosa... sai cosa dicono le leggende? Che sia uno dei Tre Signori del Cielo, la cui goccia di sangue è caduta su una parte di uomini, dando loro il dono di dominare il fuoco. Io sento che il mio destino è legato alla verità di quella stella, così da scoprire anche chi sono. È una promessa che mi feci tanto tempo fa e che ho intenzione di mantenere. E quando me ne dimentico, la guardo. È più semplice ricordarsene in questo modo, ritorni al tuo posto."
Mira fissò a lungo quella stella, l'aveva vista tante altre volte e conosceva i suoi bagliori smeraldini. Continuò a fissarla in silenzio, senza formulare pensieri precisi ma affidandole qualcosa di sé stessa. Una voce prese vita nella sua testa ed un'ultima lacrima le bagnò la guancia.
"Il Cielo rispecchia ciò che siamo in realtà, Mira. Non dimenticartene lungo il cammino. La vita ti riserba sfide e spesso né si esce sconfitti ed è in quei momenti che il desiderio si affievolisce. In quegli istanti, alza lo sguardo verso il Cielo perché te ne possa sempre ricordare."
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Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di Cenere
FantasíaLibro I. Mira vorrebbe essere una ragazza qualunque, ma il suo stesso sangue glielo impedisce. In lei crepita un Fuoco appartenuto ad antiche divinità, o almeno così dicono le Leggende. Ciò che desidera è vivere lontana da un mondo che la ripudia, m...