CAPITOLO V Fuoco tra le dita

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Il sole cominciò a scendere oltre le cime dei pini e degli agridori, la Foresta delle Ombre si tinse di un arancio dorato e un fresco venticello passava di tanto in tanto tra un ramo e l'altro, facendo fischiare le fronde. Mira era tornata nell'accampamento di David dopo l'ennesimo giorno di lezioni di caccia e di dominio, stavano gustandosi dello yat arrosto.

"Dove hai imparato così bene?", gli chiese lei.

"Dai migliori maestri quando ero ancora un bambino. Ho vissuto per molto tempo a Rosargento."

Mira spalancò gli occhi: "Nella Diamante!"

Lo splendore della capitale di Ignis era noto e quasi leggendario ad ogni abitante del regno.

"Sì, mio padre lavorava a corte."

"Davvero?", Mira era sempre più sorpresa.

"Sì, è stato il maestro di corte di Bronu il Primo e per un periodo anche di Merya il Terzo. Poi tutto è cambiato."

"E che faceva?"

"Si occupava di faccende burocratiche, alcune noiose altre più interessanti, ricercava nuove tecniche di cura e spesso consigliava il re. Lavorava assieme all'altro maestro. Ogni aristocratico che si rispettasse doveva averne due: un Prescelto e un non; per mantenere l'equilibrio. Lui studiava alacremente il dominio. Da bambino aveva frequentato le lezioni dei grandi maestri e anche io ho avuto la stessa fortuna, prima che venissero abolite, prima di questo gran disastro. Dopo... è successo quello che è successo."

"E adesso dov'è?"

David la guardò, una luce diversa s'impadronì dei suoi occhi: "È stato ucciso per ordine del re, sotto i miei occhi."

Mira si sentì in colpa per avergli fatto una domanda simile. Avrebbe dovuto intuirlo.

"Io non ho mai conosciuto i miei genitori. Venni trovata quando ero ancora molto piccola nel bosco vicino al villaggio in cui sono cresciuta, nella sezione di Doria. Amil mi trovò. Era bellissima e devo a lei quella che sono oggi, anche se forse non sarebbe del tutto d'accordo su come si sono svolti i fatti. Naturalmente si accorse subito che in me c'era qualcosa di diverso. Mi raccontava sempre di avermi trovato in mezzo alla terra con una fiammella sulla spalla", la ragazza rise e le iridi le si inumidirono. "Era così buona e mi voleva un bene che probabilmente nessuno mi vorrà mai più. È stata lei a farmi credere di avere un dono, 'da non sprecare' come hai detto tu. Forse è stato un bene che non ci fosse quando mi hanno marchiata."

"Com'è accaduto?"

Mira alzò lo sguardo, gli occhi pieni di lacrime: "Un... un amico."

Silenzio.

David prese una saccoccia di pelle, la stappò.

"Bevi."

"Volentieri", la Prescelta fece tre lunghi sorsi. Storse il naso: "È più gradevole di quello che ho assaggiato, ma il vino non mi piace molto."

"Cambierai idea", profetizzò David divertito.

Mira lo osservò mentre anche lui beveva: era giovane e di bell'aspetto, prima di allora non ci aveva mai riflettuto.

"E adesso di cosa vivi?", volle sapere.

"Te l'ho detto: viaggio di luogo in luogo. Seguo la pioggia. Vivo di... bè di scambi, di favori."

"E potrei viverci anche io?"

Una linea solcò la fronte del ragazzo: "Sì, volendo. Ma non ti consiglio il tipo di favori che faccio io."

Cronache dei Figli del Cielo - Il Giglio di CenereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora