ᴄʜᴀᴘᴛᴇʀ 51

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POV. JUNGKOOK

L'aria di Busan mi mancava tanto, e anche se ultimamente la sentivo di continuo, non avrei mai odiato questa città.
Qui ho i ricordi più brutti della mia vita, ma anche i più belli,come per esempio io tempo con mia madre.
Avrei voluto non so, passare più tempo in questa piccola città, sentirla più mia, magari chissà fare un giro in tutta tranquillità, ma come al solito mi ritrovo qui, dentro la stazione di polizia,che ormai potrebbe essere scambiata come casa mia.

<Salve, potrei vedere jeon jinhyun > chiedo,avvicinandomi alla reception.

<si, lei chi è?>

<jeon jungkook, sono suo figlio, dovevo venire prima per questa questione ma abito ad un'ora da qui e mi è stato possibile soltanto ora> dico con tutta la freddezza che ho in corpo. La verità è che ogni volta che si parla di mio padre, perdo tutto il colore delle emozioni che ho conquistato con fatica e dolore.

<uhm, si certo mi scusi, aspetti pure qui, un agente verrà a chiamarla quando é tutto pronto. Nel frattempo vuole dare un'occhiata alla scheda di suo padre signore?> chiede la ragazza al di la del bancone.
<si grazie> afferro i documenti e inizio a leggere.
Fa quasi ridere, qui sopra c'è scritto ogni tipo di reato, dal piu piccolo al piu grave: il mio occhio cade sull'ultimo reato, quello per cui si trova dentro adesso.
Tentato stupro dice la cartella. Incredibile. Come un uomo potrebbe fare questo? Come qualcuno può violare il corpo di un'altra persona? Il genere umano non ha limiti.
Ma a volte penso che mio padre non sappia cosa sia avere umanità.

< signore, è pronto?>
Un agente richiama la mia attenzione, e dopo aver ridato la cartella schifato alla ragazzina, accenno un si con la testa e seguo l'uomo, che cordialmente mi conduce verso la stanza di incontro.

Più guardo questo luogo e più mi vengono i brividi: si tratta di una stanza non molto grande, fornita solo di sedie, tavoli e specchi sporchi. I muri sono di un colore spento, tendente al grigio. Sembrerebbe un manicomio.

Dopo aver ispezionato con lo sguardo quella stanza cosi prima di sentimenti che ormai conosco a memoria, il mio sguardo si ferma sull'uomo che si trova al di la del vetro difronte a me, e che ora mi guarda beffardo.
Mi siedo e afferro la cornetta, mantenendo lo sguardo il più freddo possibile. Avvicino il telefono all'orecchio e dopo un momento di pausa, trovo il coraggio di parlare.

<ciao papà>
Mio padre continua a fissarmi, sorridendo di tanto in tanto, mentre con una mano afferra la sua cornetta.

<ciao jungkook, ti trovo in forma>

<non c'è male, non posso dire lo stesso di te però.
Non riesci mai a stare fuori dalla prigione eh? Credo che questo posto ti piaccia sotto sotto> dico ghignando in modo distante

<gia, ed è per questo che ho chiesto di incontrarti>

< so gia dove vuoi arrivare e ti fermo subito. Non ho intenzione di sborsare un fottutissimo centesimo per pagare la cauzione, neanche se fossi milionario.
Meriti di morire qui dentro> ringhio con tutta la cattiveria che ho in corpo. Dal lato suo esce soltanto una risata, di quelle che mi fanno paura, di quelle che faceva quando mi picchiava o peggio.

<jungkookie, vorrei ricordarti che se sei qui è grazie a me?
Era mio lo stipendio che ti ha permesso di crescere, era mia la casa in cui vivevi ed erano miei tutti gli svaghi che ti sei permesso di fare. Sono io che ti ho mantenuto per anni.
Io non ti sto chiedendo di pagarmi la cauzione, tu la pagherai, come io ho pagato il tuo vivere per anni.
E grazie a me se sei vivo, quindi vedi di non farmi incazzare> sentirmi chiamare con quel nomignolo, lo stesso che usa jimin, mi ha fatto no schifo, di più.

𝙝𝙪𝙧𝙧𝙞𝙘𝙖𝙣𝙚   (𝑝𝑗𝑚.𝑗𝑗𝑘)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora