Cap 33

4 0 0
                                        

La mattina seguente, Nick assomigliava più ad uno zombie di un film horror che ad una persona, tutto merito delle occhiaie dovute alle poche ore di sonno.
“Ehy, bro’. Hai una pessima cera,” lo prese in giro Justin, rovistando in frigo.
Sospirò abbattuto. “Non ho dormito molto.” Spiegò, omettendo che la causa fosse da ricondurre alla conversazione avuta con Sarah il giorno precedente.
Si versò del latte nella tazza ed osservò l’amico, mentre da una mensola prendeva la scatola delle capsule del caffè. “Problemi con lei?”
“No, abbiamo chiarito.” Gli assicurò, azionando la macchinetta, dopo aver inserito una capsula ed aver posizionato la tazzina sotto l’erogatore.
“Sei sicuro di star bene?” S’intromise Dylan, che con uno scatto lo raggiunse mentre la macchinetta suonava per avvisare che la bevanda fosse pronta, e gli soffiò l’espresso da sotto il naso.
Nick sbuffò esasperato e se ne preparò un altro, borbottando: “Alla grande!”
Bevve tutto d’un fiato il suo caffè ed uscì di fretta, senza spiegare il motivo.
“Piuttosto sospetto.” Pensò Dylan, affrettandosi a finire anche lui e rischiando di scottarsi.
Indossò una sciarpa e gli occhiali da sole al volo e lo seguì fuori dall’appartamento e poi fuori dall’hotel, nascondendosi dietro ogni angolo o albero disponibile per evitare di essere notato. Non voleva che l’amico si accorgesse di essere pedinato.
Raggiunta la sua destinazione, Nick entrò nel negozio, mentre Dylan decise di aspettarlo, appoggiato al muro con le mani in tasca e il piede contro la parete alle sue spalle in una posa apparentemente rilassata. Osservò i passanti con fare annoiato, lanciando di tanto in tanto occhiate all’entrata e controllando l’orologio al polso diverse volte. Quando finalmente dopo mezz’ora Nick uscì senza vederlo, Dylan parlò.
“Si può sapere cosa combini?” Inarcò un sopracciglio.
Lui sussultò preso alla sprovvista, bloccandosi, e si voltò verso l’amico. “Niente!” Disse, riprendendo a camminare con lui al seguito.
“Ti sembro stupido, per caso?” Gli chiese stizzito, sollevando gli occhiali sopra la testa. “Guarda che so benissimo cosa produce quell’azienda.” Indicò col pollice alle loro spalle. “Ti sei dato allo spionaggio?”
“Cosa? No!” Ribatté confuso.
“Dunque, a che ti serve un microchip?” Incalzò, incrociando le braccia al petto. “Aspetta, non dirmi che…” Restò in silenzio, non volendo esprimere i propri dubbi. “Cazzo, Nick! Cosa ti salta in mente?”
L’altro lo fulminò e gli coprì la bocca con una mano, guardandosi intorno agitato. “Abbassa la voce! Vuoi per caso che qualcuno ci senta?”
Dylan negò con un cenno del capo e si liberò dalla sua presa. “Perché?” Domandò soltanto.
“Ieri, era piuttosto decisa ad affrontare Daniel da sola e mi andrebbe anche bene, se non fosse per quel killer. Si caccerà nei guai, già lo so, ed io voglio proteggerla anche a costo di sembrare uno stalker!” Mimò le virgolette sull’ultima parola. “Certo, non servirà a molto, ma conoscendo la sua posizione, sarebbe più facile da trovare in caso di pericolo e… Ahi! Perché l’hai fatto?” Si massaggiò il retro del collo, dove era appena stato colpito.
“Come tuo solito, hai cominciato a farneticare! Ti vorrei ricordare, semmai ti fosse sfuggito, che siamo ancora nel bel mezzo della strada. Ci stavano guardando male.” Si giustificò, alzando gli occhi al cielo. “E per tua informazione, mi hai reso tuo complice, mettendomi al corrente della faccenda. Tu spera solo che né Laura né Sarah lo scoprano,” sussurrò minaccioso, non dandogli modo di replicare.
“Cosa non dovrebbero scoprire le vostre ragazze?”
Si immobilizzarono entrambi nel riconoscere quella voce e, deglutendo, si voltarono lentamente verso la persona che li aveva spaventati.
“Agente Ericson, agente Scottland,” li salutò Nick, sorridendo nervoso. “Quale buon vento vi porta qui?”
“Siamo di pattuglia,” disse Bryan. “Ma non cambiamo discorso. Il capitano attende una risposta.”
John assottigliò lo sguardo. “Spero non le stiate tradendo.”
“Ma no, perché dovremmo? In fondo, abbiamo appena acquistato gli anelli di fidanzamento.” Dylan ridacchiò, inventandosi una scusa.
“Adoro i matrimoni!” Affermò vivacemente Scottland. “Possiamo vedere gli anelli?”
“Ah ecco, li abbiamo solo ordinati.” Si scusò Nick, grattandosi la nuca imbarazzato.
“Che peccato!” Li guardò deluso. “Beh, speriamo di risolvere presto il caso, così potrete pensare tranquillamente ai preparativi. Buona giornata.” Si congedò Ericson.
Balbettarono un saluto e proseguirono la passeggiata, ognuno perso nei propri pensieri.
“Cosa facciamo adesso?” Chiese, stringendo il microchip nella tasca.
“Mi pare abbastanza ovvio, Nick.” Sbuffò Dylan, rimettendosi gli occhiali da sole. Sarebbero dovuti andare in gioielleria al più presto o quella bugia non sarebbe durata a lungo.
“Non è che possiamo improvvisare una proposta di matrimonio adesso! Non sappiamo come potrebbero reagire e non acconsentiranno mai.” Andò in panico.
“Vuoi essere colpito un’altra volta? No, bene. Allora ritorna in te.”
Qualcuno però stava nuovamente tramando nell’ombra per assicurarsi che sia la scrittrice sia la traduttrice tenessero la bocca chiusa circa il loro rapimento e per portare dalla propria parte Mark.
Omar estrasse il cellulare dalla tasca e fece qualche ricerca, spegnendo quel che rimaneva della sigaretta e buttando fuori il fumo. “Ho trovato il perfetto escamotage per liberare il mio adorato fratellino,” marcò con sarcasmo, “dai pensieri di quella subdola scrittrice. Mi ricordo di questo tizio, ha collaborato con Simon, un mio ex amico.” Con un ghigno, copiò il numero nel destinatario e scrisse un messaggio. “Se Derek facesse la corte a Laura, Mark dovrebbe arrendersi e tornerebbe da me come un fulmine.”
Scarlett finì di limarsi le unghie e le osservò soddisfatta. “Bisogna vedere se lei accetterà.”
Lui le afferrò il polso, guardandola negli occhi. “E tu da che parte stai?”
“Dalla tua, mi sembra ovvio.” Rispose maliziosa. “E riguardo a Daniel? Come la mettiamo? Stava molto meglio con mia cugina.” Rifletté. “Potrei contattarla.”
“Cosa hai appena detto? Ti ho sottovalutata, Black.” Le passò il pollice sul labbro inferiore, rovinandole il rossetto, e strinse la presa, avvicinando i loro volti. “Nessun’altra potrebbe essere la mia dirty girl.” Si avventò sulla sua bocca in un bacio passionale.
Fu con quella conversazione che i guai tornarono a bussare alle porte di Sarah e Laura, ancora ignare della piega che avrebbero preso gli eventi.
La ragazza dai capelli rossi, seduta sul letto, stava raccontando alla ragazza dai capelli biondi cosa era accaduto il pomeriggio precedente, ma a quanto pare non la stava ascoltando. “Ma io ti sto parlando e tu te ne stai lì, neanche fossi un fantasma?” Si alzò e la raggiunse, notandola pallida. “Ehi, scherzavo! Laura, mi sto preoccupando. Cosa?” Le venne mostrato il cellulare, l’sms ancora aperto, e sbiancò anche lei. “Questo è Derek Walsh? Ho letto il tuo articolo su di lui tempo fa.”
“Devi sapere una cosa a riguardo.” Abbassò lo sguardo, giocando con le punte delle scarpe, e sospirò. “Gli piacevo.”
Sarah spalancò gli occhi, sorpresa. “E sta tornando alla carica?!” Alzò le braccia al cielo, gesticolando. “Ok, ha detto che verrà qui per incontrarti. Adesso ci sistemiamo e scendiamo di sotto, dovrebbero esserci anche gli altri. Andrà tutto bene!” La incoraggiò, o almeno ci provò, perché aveva la vaga idea che tutto si sarebbe complicato.
Nella hall, intanto, Manuel aveva trovato un Tamagotchi, un piccolo gioco tipico della sua infanzia. “Ah! Che bello!” Urlò, accendendolo, e iniziando a giocarci.
Justin, udendo il tipico rumore da videogioco, incrociò le braccia al petto ed inarcò un sopracciglio. “Ne hai ancora per molto, Manuel?”
“Ma è così carino! Vieni a provare anche tu!” Gli fece cenno di avvicinarsi.
“Davvero? Voglio vedere.” Glielo prese dalle mani e lo gettò via alle sue spalle. “Ora sì che è carino!” Lo confortò con una pacca sulla testa.
Chloe, che aveva assistito alla scena, alzò gli occhi al cielo divertita. “L’ho sempre detto che sei un bambino.”
Naomi annuì. “Non hai ancora visto nulla,” sussurrò al suo orecchio con fare cospiratorio, portandosi una mano davanti alla bocca. “Dai, Manu, non te la prendere. Non sei più un ragazzino.”
“Scusami? Justin ha appena gettato via la mia infanzia e tu dici a me di non comportarmi come un ragazzino?” La raggiunse a rapide falcate e le circondò la vita, prendendo a farle il solletico. “Te ne pentirai!”
“No, ti prego!” Si dimenò fino a sgusciare via dalla sua presa. “Hai vinto tu, amore!” Si arrese tra una risata e l’altra.
“Bene!” Le diede un rapido bacio sulla fronte, abbracciandola.
Justin fissò Chloe, pensando a ciò che lei avesse detto. “Sbaglio o mi hai...”
Non gli lasciò terminare la frase. “Tu sbagli!”
Restò scioccato. “Non ho nemmeno concluso la domanda!”
“Peggio per te!” Gli fece la linguaccia.
“Ne sei sicura?” Le rivolse un sorriso sghembo. “Vedremo come finirà, Campbell.”
Gli sorrise di rimando, una mano sul fianco e la testa inclinata. “Accetto la sfida, Foster.”
Sarah e Laura scesero nella hall nell’esatto momento in cui fecero il loro ingresso Nick e Dylan, rientrati dallo shopping mattutino, se così poteva chiamarsi. Quando i due ragazzi si unirono a loro, la scrittrice indossò il suo miglior sorriso per nascondere l’ansia, che la stava divorando. Forse a qualcun altro sarebbe potuto sembrare sincero ma non a Dylan.
“Come stai?” Si premurò di chiederle.
Per un secondo le passò per la testa l’idea di mentire, poi cambiò idea; aveva già rischiato con una bugia il giorno prima, perciò mostrò anche a lui il messaggio, senza proferire parola.
“E questo chi sarebbe?” Domandò con una certa curiosità.
“Ho scritto un articolo sulla sua carriera.” Bloccò lo schermo.
“Ah, bene. Quindi sei stata a letto anche con lui?”
Lei notò il tono indispettito. “No, questo è diverso. Non abbiamo avuto una storia ufficiale, ma siamo usciti insieme.”
Era confuso. “Stavi con due ragazzi? Mark e questo qui?”
Lei scosse la testa. “No, ci ha provato e la scintilla non è scattata. Però gli piaccio ancora.”
“Allora posso ancora sgranchire le mie dita su qualcuno.” Con un’espressione cupa, scrocchiò prima un pugno e poi l’altro.
“Non ti azzardare!” Lo ammonì. “E’ un mio problema, non tuo.”
“Mi proibisci sempre tutto il divertimento.” Si finse avvilito. “Almeno concedimi di essere il tuo bodyguard. Sei appetibile per troppe persone!” Suonava come una battuta, ma lui non era mai stato così serio in vita sua.
E all’improvviso l’acquisto di Nick non gli sembrava più tanto assurdo. Con tutti quei pretendenti che sbucavano fuori come funghi ogni due per tre, avrebbe volentieri tracciato i loro spostamenti.
“Sono lusingata, cavalier Stewart, ma le confesso che so cavarmela benissimo da sola.” Lo prese in giro, simulando una riverenza.
“Non ne dubito, mademoiselle Johnson.” Stette al gioco con un inchino, facendola ridere.

Dreams Can Be DangerousDove le storie prendono vita. Scoprilo ora