Chapter 31

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Scarlett entrò nella stanza, trovando Omar che teneva una sigaretta a fior di labbra e che la fissava con quell’aria affamata; così, con passo sensuale si avvicinò per potersi mettere a cavalcioni su di lui. Gli strappò un gemito, mentre di rimando lui le stringeva le cosce con mani forti, sollevandole un lembo della gonna.
Con una risata gli sfilò la sigaretta dalla bocca, afferrandola coi denti e si rialzò, facendo un tiro.
“Ehy baby, che fai? Mi ecciti e poi mi rubi la sigaretta? Sai cosa accade alle bimbe cattive...” La sfidò, spingendola al muro.
“Cos’è? Vuoi usare le fascette anche con me? Potrei abituarmici!” Ammiccò, prendendo il posto nella poltrona di pelle nera di Omar. “Ho incrociato il tuo fratellino...” Accavallò le gambe, spegnendo la sigaretta e buttando fuori il fumo.
Omar scrollò le spalle indifferente. “Non è degno di essere mio fratello, ma sono felice di aver marchiato la sua piccola scrittrice...” Poggiò le mani sui braccioli e si allungò a baciarle il collo. “Ma basta parlare di lui adesso. Dobbiamo finire quello che hai iniziato poco fa.”
Sarah e Laura, invece, dopo essere state lasciate libere da Omar, avevano chiamato un taxi ed erano tornate in hotel senza dare nell’occhio. Avevano disinfettato tutte le ferite e coperto i lividi con il trucco, ma avrebbero impiegato qualche giorno a sparire.
“Sarah,” Laura la richiamò, finendo di passare il fondotinta sul succhiotto che le aveva lasciato Omar. “Mi dispiace tanto.” Iniziò a scusarsi, riponendo i trucchi nella trousse. “Non avrei mai immaginato che se la sarebbero presa anche con te. È tutta colpa mia!” Abbassò lo sguardo colpevole, mentre qualche lacrima le solcava le guance. “Se mi fossi concessa a lui tempo fa, non sarebbe successo.” Si portò entrambe le mani al volto, nel vano tentativo di fermare i singhiozzi.
Sarah, persa nei propri pensieri, la fissò perplessa. “Scusa?” Sbatté le palpebre incredula. “Credi davvero che ti avrebbe lasciata in pace, dopo averti avuta per sé? Eri la fidanzata di suo fratello, dannazione!” Alzò la voce sull’ultima frase. “Si sarebbe sentito in diritto di molestarti ogni qualvolta ne avesse avuto voglia, se tu non avessi opposto resistenza.” La strinse in un abbraccio, attenta a non farle male. “Ed io non te lo avrei mai perdonato.”
“Hai ragione, scusa.” Sorrise tra le braccia dell’amica. “Non volevo farti arrabbiare.” Ridacchiò per smorzare la tensione.
La traduttrice sospirò, fingendo esasperazione. “Va bene, ti perdono.” Le baciò la guancia e si alzò, tendendole la mano. “Dovremmo incontrare Nick e Dylan, siamo sparite senza dire nulla. Saranno preoccupati.”
La scrittrice si asciugò le lacrime e sorrise. “Finiamo di sistemarci e magari ci verrà in mente una qualche scusa.”
“Non voglio mentirgli, ma se non abbiamo scelta...” Sarah strinse i pugni, dirigendosi verso l’armadio, e spalancò le ante, frugando tra i vestiti. “Avevi già pensato a qualcosa?”
Laura, che nel frattempo si era diretta in bagno per sciacquarsi il viso, si affacciò sulla porta. “No, non ho la più pallida idea di cosa inventarmi.” Aggrottò la fronte, pensierosa.
“Deve essere abbastanza credibile.” Tirò fuori un paio di jeans e una t-shirt con le maniche ricamate. “Potrei fingere di essere stata male?” Doveva essere un’affermazione, ma suonò più come una domanda incerta.
“Potrei dire di essere rimasta con te in camera e che non ci siamo rese conto che i cellulari si erano ehm scaricati.” Le lasciò libero il bagno, ricreando nella sua testa la scena, come se dovesse scriverci uno dei suoi capitoli. “Potrebbe funzionare, almeno credo.”
“Mi fido di te,” le fece l’occhiolino e si andò a cambiare, nascondendo un sorriso all’espressione scioccata di Laura.
“Mi sopravvaluti, Mitchell!” Le fece notare, afferrando la spazzola, ed cominciò a districare le ciocche bionde.
“E tu ti sottovaluti, Johnson!” Le fece eco dal bagno.
Nel mentre, Manuel e Naomi stavano passeggiando per le vie della città, fermandosi di tanto in tanto davanti alle vetrine di qualche negozio, ma la ragazza non era dell’umore giusto per lo shopping. Forse le avrebbe fatto bene distrarsi e provare a non pensare ai frequenti omicidi, tuttavia quel caso sembrava destinato a durare ancora a lungo ed era impossibile ignorarlo, soprattutto se i suoi amici erano coinvolti. E poi c’era un’altra questione in sospeso, ma non era sicura se fosse il caso di tirarla fuori o meno.
Naomi sospirò e Manuel si girò a guardarla curioso. “Nulla tesoro. Sono solo preoccupata, tutto qui.”
Lui le strinse la mano e le sorrise rassicurante. “Ho molta fiducia nella polizia, vedrai che lo prenderanno e noi potremo tornare alla nostra vita.”
Lei annuì, asciugandosi prontamente una lacrima che stava per sfuggirle. “Hai ragione... Solo non capisco il perché di tutti questi omicidi.”
Manuel restò in silenzio, non avendo nulla se non supposizioni. “Sono tutte morte per overdose, forse voleva solo stordirle prima di divertirsi.”
“Non tutte, una è stata uccisa da un’arma da fuoco.” Lo corresse Naomi. “Ammesso che sia stata la stessa persona ad agire.”
“Tesoro,” la richiamò lui, ridacchiando. “Lascia che siano gli agenti a fare le indagini.”
“Oh, scusa. Mi ero immersa nelle congetture.” Abbassò il capo imbarazzata.
“Non hai motivo di scusarti.” Le passò un braccio alla vita per avvicinarla e le baciò la tempia.
“Non vorrei rovinare il momento, Manu, ma ho voglia di gelato.” Lo disse con un’aria così seria che il suo fidanzato scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Finta offesa, Naomi incrociò le braccia al petto e volse lo sguardo di lato con una finta smorfia. “Ti odio, sappilo.” Alzò gli occhi al cielo.
“La smetto, giuro. Anzi, andiamo a prenderci una deliziosa coppetta.” Manuel le afferrò la mano e si affrettò per raggiungere in meno tempo possibile la loro gelateria preferita.
Dall’altro lato della città, anche una seconda coppietta, beh tecnicamente non lo era ancora, stava proseguendo con il suo appuntamento: il ragazzo era riuscito ad intercettare la ragazza, dopo che questa era scappata via poco prima, e a convincerla a riprendere il mazzo di fiori.
“Ehmm... Chloe?!” Ridacchiò Justin, cercando di attirare l’attenzione della ragazza, ma lei alzò semplicemente gli occhi al cielo, ignorandolo. “Volevo solo dirti che hai gia passato due cestini... E...” Scrollò le spalle e bloccò la frase seguente.
La ragazza, infatti, si era voltata di scatto verso di lui, con fare minaccioso, ma Justin era talmente preso da lei che anche il suo modo burbero lo faceva impazzire.
“Sì, esatto Justin... E con questo?” Domandò non capendo, o meglio non volendo capire cosa intendesse sottolineare lui.
Justin sorrise. “No, è che...” Si grattò la testa in segno di imbarazzo. “Dicevi che li avresti buttati, quindi...”
Chloe guardò i fiori e per un momento ci si perse in quel profumo, ma poi ritornò alla realtà e guardò Justin, porgendogli i fiori e andandosene via correndo per la seconda volta nell’arco di mezz’ora.
Justin lì per lì rimase interdetto, non capendo cosa potesse passare per la testa a quella ragazza, ma ebbe l’impulso di seguirla e, non appena la raggiunse, le afferrò il polso. “Chloe!”
Silenzio... Quando all’improvviso lei sbottò: “La smetti di pedinarmi?” Justin non le mollava il polso e lo strinse di più. “Ma che hai al posto del cervello? Scimmie urlatrici? Mollami!”
Allentò la presa, ma non la lasciò del tutto, poi con decisione la trasse a sè, portandola aderente al suo corpo e avvolgendola in un abbraccio sincero. “So che hai paura Chloe... Ma a me non la dai a bere! Il Blue Night sarà anche il tuo rifugio, ma io anche voglio esserlo per te e più mi manderai via, più ci sarò. Chiamami folle e masochista, ma mi sei entrata nella pelle!” Con quelle ultime parole, Justin la strinse di più e lì Chloe non ebbe più da ridire, sentiva la sincerità di quel ragazzo.
E cosa più importante, si sentiva al sicuro…
Si riprese da quell’attimo di debolezza e lo allontanò leggermente, deglutendo nervosa. “Ti rendi conto che più ti scervelli e meno hai la possibilità di rivolgermi anche solo mezza sillaba?”
Justin si grattò la nuca, imbarazzato. “Ma...Veramente io...” Era rimasto impietrito alle parole dure e dirette di Chloe.
Ma doveva ammettere che gli piaceva quella sua sfrontatezza, sebbene lei fosse così minuta e così fragile che gli veniva voglia di prenderla fra le sue braccia; allo stesso tempo, lo frenava come una doccia fredda, lo immobilizzava. Sarebbe stata la fidanzata perfetta per lui, se solo fosse riuscito ad ammorbidirla almeno un po’.
“Beh, ora non parli più?” Esclamò lei, lasciando di sasso il ragazzo, che per un momento non riuscì più a capire la sua coerenza.
“Non mi avevi detto tu di non parlarti? Possibile che con te ogni volta è un gioco di schemi mistici?”
La ragazza sollevò un sopracciglio, appoggiandosi una mano sul fianco. “Beh, conversare okay, ma fare il Casanova non attacca!”
Justin alzò le mani in segno di resa, oramai quella ragazza lo aveva stregato, era cotto a puntino: non poté far altro che scuotere la testa ed assecondarla.
Al The royal, le due ragazze avevano bussato alla porta della camera di Dylan e Nick e stavano attendendo una risposta, che però non arrivava. Supponendo così che i due non ci fossero, si avviarono all'ascensore per raggiungere la hall al piano terra, ma neanche lì sembrava esserci traccia di loro.
“Cos’è? Stiamo giocando a nascondino? Eh sì che, quando vogliono, spuntano fuori come i funghi!” Esasperata, Laura diede un’occhiata in giro.
Sarah ridacchiò alle parole della scrittrice. “Ci rimane solo la piscina.” Indicò fuori dalla vetrata e restò di sasso: erano seduti ad un tavolino a scambiare quattro chiacchiere, sembravano star bene e ciò fece tirare ad entrambe un sospiro di sollievo.
Li raggiunsero fuori e, per smorzare un po' l'atmosfera, Laura sorrise: “Trovati.”
“Ci stavate cercando?” Le domandò Dylan, incrociando le braccia al petto, incuriosito. “Strano, perché anche noi abbiamo tentano di metterci in contatto con voi, ma piuttosto inutilmente.”
“Oltre a fare la scrittrice e la traduttrice, siete delle supereroine che spariscono nella notte?” Nick si rivolse a Sarah, un sopracciglio inarcato come in attesa di una spiegazione.
Lei arrossì in totale soggezione. “No, ecco io...” Si ritrovò a balbettare, quando lui l’afferrò per il braccio, facendola così ritrovare a pochi centimetri dal suo viso. “Nick?”
“Dove sei stata, Mitchell?” Le chiese, senza distogliere gli occhi da quelli di lei, che deglutì nervosa.
Diamine, Sarah, riprenditi! Si maledì mentalmente.
“È stata male e siamo tornate nella nostra stanza.” Andò in suo soccorso Laura, lasciando intendere che fossero insieme.
Dylan la studiò con attenzione, rendendo anche lei preda dell'agitazione. “Immagino che non abbiate nemmeno sentito il telefono, allora?”
“Mi dispiace! Il mio cellulare si è scaricato senza che me ne rendessi conto e...” Sarah stava andando nel pallone, per cui tentò di regolare il respiro per non destare sospetti.
“Il mio l'ho messo in modalità silenzioso dopo che si è addormentata subito.” Laura finì la bugia, sistemandosi un ciuffetto biondo dietro l’orecchio, sperando di risultare almeno un po’ dispiaciuta e imbarazzata. “Devo essere crollata anch'io poco dopo.” Aggiunse per essere credibile.
Potevano farcela, non sembrava poi così surreale come cosa.
“Quando ci siamo svegliare ed abbiamo visto tutti i messaggi e le chiamate perse, ci siamo precipitate a cercarvi.”
Nick si alzò e, approfittando della sua presa su Sarah, le circondò la vita per sussurrarle all’orecchio: “Perché sei così nervosa?”
Un brivido le percorse la schiena, ma lo ignorò. “Nervosa? Ma cosa dici! Sto benissimo, non si vede?”
“A dir la verità, no. Sei tutta rossa.” La prese in girò.
“Ah...” Ci mancava solo che io diventassi bordeaux, pensò lei.
Laura, anche lei intrappolata tra le braccia di Dylan, che la strinse a sé, facendo aderire il proprio petto con la schiena di lei, guardò l'amica. Sembravano chiedersi a vicenda: “Siamo state abbastanza convincerti con questa piccola scusa su fondamenta fragili?”
Ed entrambe avrebbero davvero voluto rassicurarsi tra loro e dirsi che sì, i ragazzi non sospettavano nulla, ma né a Sarah né a Laura sfuggì l'occhiata scambiata tra Nick e Dylan.
E quando si voltarono leggermente per osservare il viso del rispettivo ragazzo, ciò che videro fu solo l'espressione scettica di chi non riesce a credere a ciò che ha appena sentito.

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