chapter 6

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Quella settimana alla stazione di polizia non erano arrivate segnalazioni di particolare importanza, il massimo era stato qualche rilevamento di infrazioni come superamento del limite di velocità e parcheggio in divieto di sosta. Non che il capitano John Ericson se ne lamentasse, ma gli sembrava strano che non ci fossero stati avvenimenti particolari su cui indagare... Insomma Los Angeles era pur sempre Los Angeles.

"Capitano, mi scusi..." Il suo secondo, Bryan Scottland, entrò nell'ufficio senza bussare. "Abbiamo ricevuto una segnalazione anonima riguardante una festa al Blue Night senza autorizzazione."

"Preparati," gli ordinò, alzandosi dalla postazione alla scrivania. "Andiamo a fare dei controlli."

Detto ciò, i due si precipitarono alla vettura di servizio e si recarono al luogo prestabilito, non troppo distante. Parcheggiarono l'auto nelle vicinanze, per non destare troppi sospetti, e procedettero a piedi per i restanti trecento metri, osservandosi intorno alla ricerca di qualcosa di anomalo. Entrarono dentro al locale, dove la musica altissima e l'odore di alcool impregnavano l'aria, mentre le luci colorate ipnotizzanti si riflettevano sui corpi sudati della gente. Non c'era nulla per cui dovessero preoccuparsi, eccetto forse l'orario, ma sembrava una normalissima festa.

John annuì impercettibilmente a Bryan e i due si divisero, cercando di capire per quale motivo uno sconosciuto avesse dovuto chiamare il dipartimento di polizia nel pieno della notte. L'unica ipotesi che aleggiava nella mente del capitano era che fosse tutta opera di qualche vecchietto che non riusciva a dormire con tutta quella confusione.

"Capitano," lo raggiunse Bryan. "Ho trovato qualcosa di interessante, venga." E gli fece strada fino ad un divano sul quale si trovavano delle giacche.

"Qual è il problema?" Chiese Ericson non capendo.

"Guardi qui," gli indicò una delle tasche di quella in pelle nera. "C'è della strana polverina bianca."

Lo sguardo del capitano diventò improvvisamente più serio. "Dobbiamo trovare il propriet..."

"Agente... Qualche problema?" Sopraggiunse Dylan, che aveva dimenticato proprio lì la sua giacca.

"Questa è tua?" Gliela mostrò e Dylan confuso annuì alla domanda. "Allora sarà così gentile da permetterci di percuisire lei e i suoi amici, perché lei non è qui da solo, vero?"

"Va bene," acconsentì Dylan, che seguì i due fuori dal locale, dove chiamò al cellulare Nick.

"Cosa è successo, Dyl?" Chiese preoccupato l'amico, sopraggiungendo di corsa. "Non mi sembrava che fosse illegale partecipare ad una festa," affermò accigliato, notando i poliziotti.

"No, infatti! Ma sulle vostre giacche abbiamo notato qualcosa di strano." Spiegò il capitano. "Sareste disposti a seguirci in centrale per qualche..." Poi notò due ragazze all'entrata del locale, che osservavano la scena con aria inquieta. "E voi sareste?" Si avvicinò a loro, squadrandole da capo a piedi. "Non importa, verrete anche voi."

"Cosa? Ma veram..." Sarah tentò di protestare ma l'occhiata dell'uomo rimasto accanto ai due ragazzi la fece zittire. "Certamente," si corresse e si incamminò con Laura alle spalle del gruppetto.

Mezz'ora dopo, erano tutti nell'ufficio del capitano Ericson: lui e il collega Scottland da un lato; i quattro ragazzi dall'altro.

"Prego, accomodatevi," li invitò a sedersi Bryan e loro lo accontentarono. "Nomi e cognomi, per favore." Tirò fuori un modulo e una penna per annotare tutto il necessario.

"Nick Anderson e Dylan Stewart," rispose per entrambi il primo.

"E voi sareste?" Ericson si rivolse di nuovo alle ragazze.

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