2. Ricordi

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«You make me scream.»

Jung Mi-Yeun, laureata in psicologia con voti eccellenti, era stata sempre affascinata dalla complessità della mente umana. La sua curiosità per le motivazioni dietro le emozioni e i sentimenti umani l'aveva spinta a trasformare quella passione in una professione. Mentre accelerava il passo sulla strada innevata, visto che era in ritardo di dieci minuti, cercava di godersi la brezza invernale che amava tanto; il Natale le aveva sempre portato gioia ed euforia. I suoi capelli lunghi e mossi danzavano nell'aria gelida di dicembre, e i suoi occhi nocciola si umidificavano per il freddo. La sua pelle pallida si colorava di rosa, mentre le mani le si congelavano nonostante i guanti.

Vestita con un paio di jeans neri aderenti, anfibi dello stesso colore, un maglione a collo alto vinaccio e una giacca pesante e scura, qualcosa turbava la sua tranquilla giornata invernale. Quell'incontro mattutino l'aveva sconvolta.

Erano stati compagni di scuola, e sebbene avessero intrapreso percorsi diversi all'università, il destino aveva voluto che si incrociassero di nuovo. Non erano mai stati amici; anzi, lei lo aveva odiato per molto tempo. Non sopportava che lui fosse sempre il primo in tutto, mentre lei restava costantemente al secondo posto.

Mentre raggiungeva la clinica dove lavorava, i ricordi la assalivano:
1° Classificato esami di matematica: Kim Taehyung.
2° Classificato esami di matematica: Jung Mi-Yeun.

E così via, in ogni materia, in ogni competizione. Lui era l'adorato per il suo aspetto e la sua intelligenza; lei, la secchiona, sempre un passo indietro rispetto a Kim Taehyung. Lo aveva sempre chiamato così, Kim Fottuto Taehyung. Incrociarlo era come incrociare il diavolo. Non sopportava la sua arroganza, il suo viso che esprimeva un senso di superiorità disgustoso.

Entrò nella clinica, cercando di scacciare i ricordi. Ma il più fastidioso era quello dell'annuncio dei risultati del primo esame dell'anno. Dopo aver ricevuto la sua "medaglia d'argento", si era allontanata dall'aula per sfogarsi, quando la voce di Taehyung l'aveva colpita come un pugno nello stomaco.

«Lavora più duramente la prossima volta. Fighting!» aveva detto con quel suo sorriso quadrato.

E a lei era sembrata la più grande presa in giro di sempre. Si era infatti voltata con molta rabbia verso di lui, avvicinandosi pericolosamente

«Deve essere semplice per te apprendere, dato che nella testa non hai nient'altro a cui pensare.»

La sconfitta le bruciava ancora nello stomaco.

Lei aveva risposto con rabbia, ma lui era rimasto impassibile, con quell'aria di superiorità che tanto la infastidiva.

«Che farai adesso, Mi-Yeunnie? Andrai a piangere dalla mamma per colpa di Kim Taehyung che anche questa volta ti ha superata?»

«Oh, credi che io sia come te, Taehyung-sshi? O credi che non ti abbia sentito piagnucolare quando per scherzo ti hanno detto che eri arrivato secondo?»
«Zitta, eterna seconda.»
«Riuscirò a superarti, Kim Fottuto Taehyung.»
Ma non era mai successo. Anche al diploma, lui era arrivato primo, superandola di un solo punto.

«Oggi non direi che è un buongiorno», commentò Park Jimin, il suo collega, con un sorriso che non riusciva a sollevarle il morale. I capelli scuri contornavano il viso candito.
Nel frattempo Mi-Yeun sospirò. Non vedeva Taehyung da cinque anni, perché doveva proprio incontrarlo e far riaffiorare quei ricordi che credeva aver cancellato?

«Si è alzata dalla parte sbagliata del letto, dottoressa Jung?» chiese lui, cercando di alleggerire l'atmosfera.
«Certi incontri non dovrebbero accadere», rispose lei, chiudendosi nello studio.
«Ha tre sedute oggi!» le ricordò Jimin.
«E una psicoanalisi a me chi la fa?» mormorò tra sé e sé, seduta alla scrivania. «Yah, Kim Fottuto Taehyung. Ti odio davvero tanto. Mi hai perseguitata per più di tre anni, e poi quasi mi metti sotto con la tua fottuta porsche bianca?» parlò ancora a se stessa, sbuffando irritata.

«"Ti porto all'ospedale?"» cercò di imitare la sua voce con una smorfia in viso. «Maledetto disgraziato, non ti sei nemmeno ricordato di me.» soffocò un urlo disperato. Lo odiava da star male.

«Dottoressa, le chiamo uno psichiatra? Parli da sola o c'è una presenza qui dentro?»

Jimin entrò nello studio, trattenendo un sorriso. «Non sei divertente. Portami un caffè e dimmi a che ora è la prima seduta.»
«Alle dieci. Adesso vado a prenderle il caffè», rispose lui, lasciandola sola con i suoi pensieri vendicativi verso Kim Taehyung.

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