Capitolo 21

1.3K 40 5
                                    




Avevo appena attraversato la strada, ma loro non se ne erano andati.

Bussai al campanello e lui non tardò ad aprire. Rimase immobilizzato a guardarmi.

<<Entriamo ci stanno guardando>> Dico e vidi il suo sguardo vagare alla ricerca degli osservatori. Lo spinsi dentro e chiusi la porta alle mie spalle. Abbassai gli occhi non osai guardarlo.

<<Dove cazzo sei andata>> Sobbalzai dallo spavento nel risentire la sua voce.

<<Sono stata con una mia>> Non mi fa finire che mi lancia uno schiaffo. Sento i miei occhi riempirsi di lacrime e la mia guancia bruciare. Le sue mani si poggiano sulle mie braccia e mi spinge violentemente. Incomincio a tremare, quando riesco a trovare l' equilibro grazie alle mie spalle contro il muro

<<Hai paura?>> Mi domanda.

<<No>> Stavo dicendo l'opposto di ciò che provavo.

Un' altro schiaffo e poi un altro. Chiusi i miei occhi e crollai sul pavimento, portai le mie gambe al petto per proteggermi.

<<Piccola puttana>> Urlò prendendomi per l'orlo della maglietta. Mi fece alzare e mi ritrovai di nuovo difronte a lui. Si allontanò dirigendosi verso il frigo.

<<Ti ho cercato ovunque. Ho chiamato i carabinieri>> Prese una birra e la stappò. Si slacciò i pantaloni e si sedette su una sedia.

<<Devi ringraziare che non mi hanno trovata, sennò come li spiegavi i miei lividi?>> Sputai quelle parole con amarezza, non rendendomi conto che non avevo davanti qualcuno che mi teneva testa, come Damiano.

<<Cosa hai detto?>> Si alzò lasciando la bottiglia di birra sul tavolo, mi afferrò violentemente per il braccio.

<<Scusa non volevo>> Dico con voce tremante, ma ciò non servì a nulla.

In un attimo mi ritrovo a pancia in giù nel letto. Non mi spogliò, ma sentii il rumore della sua cinta. L' attimo dopo mi ritrovai ad urlare e piangere dal dolore.

....

Mi risvegliai nel letto dei miei genitori. Mi misi seduta e notai le lenzuola bianche sporche di sangue. Non indossavo i pantaloni e nemmeno le mutandine. Ero svenuta e fare qualsiasi movimento mi provocava un dolore assurdo alla schiena. mi alzai gemendo dal dolore. Vidi il mio riflesso allo specchio. Capelli scombinati, maglietta sporca di sangue e poi guardai le mie gambe. Le accarezzai con stupore, erano arrossate e avevo macchie violacee lungo esse. Alzai il mio sguardo, lasciando che le lacrime scendessero lungo il mio viso. Il mio collo anch' esso rosso. Guardai il pavimento in cerca dei miei pantaloni e quando li trovai, li indossai immediatamente. Presi le scarpe e senza fare rumore passai dal bagno, dove si trovava lui. Affrettai il mio passo e quando arrivai davanti la porta indossai le scarpe e presi il borsone. Chiusi la porta di botto e corsi con tutta la forza che potevo. Mi infilai nel primo vicoletto che trovai. Dovevano essere le 18:00 del pomeriggio, non c' era un raggio di sole e i lampioni spenti rendevano cupa la città. Dopo un po' mi fermai a prendere aria e dopo essermi assicurata di essere abbastanza lontana da casa, andai in un posto abbastanza affollato. Gli occhi della gente mi scrutavano, non sapevo dove andare. Se fossi andata da Bea mi avrebbe trovato. Un ragazzo si avvicinò a me, mise le mani davanti per comunicarmi di stare tranquilla, ma ero terrorizzata.

<<Che ti è successo?>> Mi domandò ed io non seppi cosa rispondere, scoppiai a piangere.

<<Aiutami>> Sussurrai.

<<Vuoi chiamare qualcuno?>>

Annuii e presi il cellulare del ragazzo. Composi il numero di Bea e quando sentii la sua voce piansi a dirotto.

<<Bea>> Dissi con voce tremante

<<Dove sei?>>

<<Mio padre mi ha..>> Mi interruppe

<<Lo so, dove sei?>>

<<Non venire, sa che la prima persona saresti tu>> Ammisi guardandomi intorno.

<<Do il numero a Leo, ti viene a prendere lui ok?>>

<<Ok>>

<<Aspetta ti faccio chiamare. Tu sta calma>>

Chiudo la chiamata e guardo il ragazzo.

<<Sta per chiamare un mio amico>> Dico porgendogli il cellulare.

<<Ok, vuoi andare dalla polizia?>>

<<No, non posso>> Il cellulare vibrò e il ragazzo me lo porse gentilmente.

<<Bella>>

<<Leo>>

<<Dove sei?>> Dice. Guardai con aria interrogativa il ragazzo.

<<Dove siamo?>> Chiesi al ragazzo davanti a me.

<<Via nebrodi, difronte al bar Luchies>>

<<Stiamo arrivando>> Dice Lori dall' altra parte del telefono. Rimango ferma, in quel punto con il cellulare del ragazzo ancora in mano.

Stiamo arrivando. Lui e Bea stavano arrivando.

Un angelo senza le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora