Capitolo 8

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Passai l' intero pomeriggio a leggere un libro. Mi stava coinvolgendo davvero tanto. Parlava di una storia d' amore, ma non tra un ragazzo e una ragazza, una storia d' amore tra padre e figlia, un amore che dovrebbe nascere senza troppi perché. Un amore genuino e puro.

Si dice che si cerchi nei libri, ciò che a te manchi. Una figura paterna non l' avevo e neanche una materna. Non avevo dei nonni con cui passare pomeriggi interi, così come non avevo dei cugini. Non credevo nell' amore, perché quando neanche la persona che dovrebbe amarti immensamente come una madre e padre, ti vuole perché altri dovrebbero? Chiusi il libro. Mi persi tra quella lettura molto scorrevole e dolce. Mi persi in quel padre che avrei voluto avere. Ero arrabbiata. Una madre che se ne va e lascia da sola la figlia con un mostro.

Mancai da scuola per una settimana. Non avevo il coraggio di alzarmi da quel letto. Non riuscivo a capacitarmi del fatto che mio padre mi costringesse a far cose contro la mia volontà. Lui non era come uno di quei padri che voleva che la propria figlia avesse una cultura, che ti diceva quanto fosse importante andare a scuola. Una volta al mese c' era il compito d' italiano ed ero obbligata a scrivere in maniera pessimista, perché quello era il mio modo di vedere il mondo. Io non conoscevo i colori, io conoscevo il nero, il bianco e il rosso. Quando iniziai a maturare, le mie forme diventavano sempre più evidenti, il mio seno era cresciuto e mi erano arrivate le mestruazioni e la prima cosa che pensai a quell' età fu' che, forse, lui mi aveva rotto qualcosa dentro, che non potessi più farlo. Pensai che quel sangue fosse la mia salvezza, invece lui mi spiegò che ero pronta per avere un figlio. Durante il terzo anno di liceo incominciarono delle lezioni a tema sessuale, per preparare noi adolescenti ad entrare in quel mondo. Ci dissero che fosse normale che ci toccassimo, che molto spesso gli adolescenti bruciavano le tappe e se proprio doveva andare così, era meglio usare precauzioni. Non ero mai andata a qualche compleanno di un mio compagno o compagna. Non avevo mai invitato a casa mia degli amici. Non ero mai andata al cinema o a fare shopping. Non avevo mai avuto una cotta e non avevo dato il mio primo bacio ad un ragazzo che mi piacesse davvero.

Pensai a tutto quello che mio padre mi privò. Ero la sua bambola, sua e basta. Quando aveva bisogno di sfogarsi prendeva me. Mi picchiava, mi abusava, mi umiliava.

La porta di quella stanza si aprì ed io sobbalzai.

<<Sono solo io, chi ti aspettavi l' uomo nero?>> Chiese Filippo entrando.

Aprì la sua borsa e prese un costume.

<<Tu sei peggio dell' uomo nero>> Dico.

<<Ti conviene metterti un costume e venire con noi nell' idromassaggio>>

<<Io non ho un costume>>

<<Meglio, vieni nuda>>

Mi fece l' occhiolino ed uscì. Entrò subito Bea che mi lanciò un suo costume intero.

<<Dai ti aspetto >>

<<No, vai. Ti raggiungo>>

<<Va bene>> Dice. Mi tolsi i miei abiti ed indossai quel costume. Era nero, con dei volant sullo scollo a cuore. Non mi sentivo a mio agio. Mi guardai allo specchio ed ero veramente orribile. Le mie cosce erano piene di lividi violacei, la mia schiena di cicatrici e il mio collo di graffi. Odiavo la figura che avevo davanti. Mi odiavo. La porta si aprì di scatto ed entrò Damiano.

<<Ti stiam..>> Si bloccò. I suoi occhi stavano analizzando il mio corpo.

Un angelo senza le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora