Capitolo 14

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Chiusi il blocco, contenente il ritratto e mi affrettai a posarlo nel borsone. Nella mia vita avevo pochissimo tempo in cui potevo sentirmi libera e spensierata e quelle poche volte in cui mi ci sentivo disegnavo. Non capitava quasi mai, di sentirmi così.

<<Che stavi facendo?>> Dice stiracchiandosi.

<<Nulla, disegnavo il paesaggio>> Mentii

<<Si, è bello qui>>

Gli rivolsi un sorriso e mi affrettai a scendere dagli altri. Quando arrivai di sotto, purtroppo Bea e Leo ancora non erano svegli. Cercai la caffettiera e quando la trovai, misi l' acqua e il caffè. La poggiai sul fornello e accesi il fuoco. Rimasi lì, impalata, ad aspettare che il caffè uscisse.

<<Buongiorno>>

Alzai gli occhi. In un secondo lui fece il giro, ,mettendosi proprio accanto a me. Mi girai dando il sedere al piano cottura. Si avvicinò pericolosamente a me. Le sue labbra era ad un centimetro dalle mie. Riuscivo a sentire il suo petto alzarsi a ritmo del suo respiro. Il mio corpo si inondò di brividi. Sapeva benissimo, che se avesse provato a baciarmi, non lo avrei respinto. Capii non appena alzò il braccio, che la sua era una provocazione. Afferrò una tazzina e con un sorriso stampato sulle labbra, si allontanò. Mi ritrovai a dover fare i conti con le emozioni che scaturì quel gesto. Feci un urlo, non appena il caffè uscì dalla caffettiera finendo dritto sulla mia mano.

<<Cazzo>> Esclamai.

<<Dovresti stare più attenta la prossima volta>> Dice afferrando la caffettiera e lasciandomi lì da sola con la mano dolorante.
<<E tu dovresti fare meno il morto di figa>> Ammisi correndo ad aprire il rubinetto.

<<Come scusa?>>

<<Hai sentito bene! Ti senti bello e credi che tutte le ragazze cadano ai tuoi piedi>>

Provai un senso di sollievo quando l' acqua gelida finì sulla bruciatura.

Il suo corpo era appiccicato al mio e le sue labbra sfiorarono il mio orecchio. Riuscii a sentire il suo respiro.

<<Se cadono ai miei piedi, lo fanno solo per succhiarmelo>> Mi sussurrò all' orecchio per poi andarsene.

Mi asciugai la mano e poi presi quel goccio di caffè, che il signorino, si era degnato a lasciarmi. Dopo ciò mi recai sopra per darmi una lavata e vestirmi.

Quando rientro in camera, trovai Bea.

<<Alla buon ora>> Dico

<<Oggi hai disegnato>>

<<Cosa? Chi te l' ha detto?>>

<<Tutte le cancellature che hai fatto. C'è tutto il residuo di gomma a terra>>

<<Si, il paesaggio era perfetto ed io creavo solo imperfezioni>> Dico infilandomi i pantaloni

<<Era proprio bello il paesaggio>>

<<Già>>

Mi guardai allo specchio e vedi Bea raggiungermi dietro.

<<Peccato che io abbia visto il ritratto di qualcuno>> Afferma. Sgrano gli occhi e mi giro verso di lei.

<Hai guardato di nuovo nel mio blocco?>> Chiesi arrabbiata

<<Mi stupisce che trovi il soggetto perfetto>> Rise

<<Non c'è nulla da ridere Bea>>

<<Ti aspetto di sotto>> Dice, ma la bloccai con il braccio.

<<Ti prego non dire nulla a nessuno>> La implorai.

<<Sei innamorata di lui?>> Il suo sorriso scomparve e le sue labbra formarono una linea retta.

<<Non lo so...>> Ammisi <<Provo cose strane quando lui è vicino a me. Cose che non ho mai provato>>

Chiuse la porta alle sue spalle.

<<Quello che provi sono brividi? Batticuore? Eccitazione?>> Dice e l' ultima parola mi riportò alla memoria mio padre. Faccio dei passi indietro, fino a quando non tocco con le gambe il letto e mi sedetti.

<<Ehi, non ti devi preoccupare>> Dice avvicinandosi.

<<Si, invece>> Si era seduta accanto a me. <<Dopo sarò costretta a tornare a casa mia>>

MI interruppe <<Non sarà così>> Puntualizza Bea

<<Davvero? E cosa succede? Vado ad abitare sotto un ponte? Perché io non ho un lavoro. Non ho una madre ed ho un padre ossessionato da me>> Urlai.

<<Calmati. Troveremo un lavoro>>

<<Dove ? E' così piccola la nostra città che lui mi troverà ovunque>>

Sentii la porta aprirsi, ma non ci feci caso. Ero annebbiata dalla rabbia, dal dolore.

<<Ti calmi?>> Mi urlò questa volta lei.

<<No. Dio solo sa' ciò che sta accadendo lì adesso. Avrà chiamato tutti i suoi amici alla ricerca della sua adorata figlia>>

Avevo voglia di spaccare qualcosa. La rabbia cresceva sempre di più.

<<Ci siamo noi! Ci sono io, Leo e Damiano>> ammette guardando loro sulla soglia della porta.

<<Nessuno può salvarmi da questo! Nessuno. Solo la morte>> Ammisi e quando mi girai, ebbi la certezza che Leo e Damiano erano davanti alla mia porta e stavano assistendo a tutto. Sorpassai loro, sbattendo per sbaglio la mia spalla contro quella di Damiano ed uscii da quella casa.

Un angelo senza le aliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora