Capitolo XXXVI

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Da qualche settimana era ripresa la mia solita routine: colazione al mio bar preferito, giornata stressante al San Mungo e serata deprimente sul divano. Senza contare che il tempo inglese stava dando il meglio di sé, pochi giorni dall'inizio di settembre e sembrava di essere già in autunno. Giornate grigie, pioggia e vento fastidioso. Insomma la mia vita stava procedendo a gonfie vele. Ovunque andassi vedevo persone felici, coppie innamorate, che mi ricordavano puntualmente quanto io fossi infelice e insoddisfatta. Severus non mi aveva più cercato, così mi ero rassegnata: la nostra relazione era evidentemente finita per lui. Io ero rimasta furiosa per qualche giorno, ma poi Severus aveva iniziato a mancarmi. Ero ancora infastidita per quello che mi aveva detto, ma immaginavo sempre che una sera tornasse da me e mi dicesse di volere il bambino, di scusarlo per essere stato così insensibile. Così io lo abbracciavo e finivamo sul letto a far l'amore, con lui che mi sussurrava sulla pelle quanto gli fossi mancata. Ogni santa volta che litigavo con lui finiva sempre così: dicevo di non amarlo più, di non volerlo più e poi mi mancava dopo qualche giorno. Forse avevo esagerato non appena mi aveva detto di non volere bambini, ma di certo non dovevo scusarmi io con lui!
Quindi continuavo a vivere la mia prima gravidanza in uno stato di assoluta tristezza: doveva essere il periodo più felice della mia vita, ma l'unica cosa che mi sollevava il morale erano i miei bambini. Pensare che sarei diventata mamma, che avrei assistito alla loro crescita, che li avrei coccolati e viziati mi rendeva euforica. Solo che mancava sempre Severus: doveva esserci anche lui nel quadretto familiare, ma mi pareva un sogno irraggiungibile.
Sospirai, mettendo in ordine la mia scrivania, prima che arrivasse il prossimo paziente.
Poi, improvvisamente, Talia entrò nel mio ufficio, senza nemmeno bussare.
"Ciao Keela!" disse subito, venendo velocemente verso di me per darmi un abbraccio.
"Prima o poi sbaglierai ufficio e farai una bella figuraccia entrando senza bussare." Risi io, ricambiando l'abbraccio a fatica: il mio nipotino stava crescendo bene.
"Tranquilla, so esattamente qual è la porta esatta. Ma non sono venuta qui per parlare delle mie possibili figure di merda... tu come stai? Il bastardo si è più fatto sentire?"
Avevo messo al corrente Talia di cosa fosse accaduto fra me e Severus, dato che mi aveva stressato per un giorno intero. Non gli avevo detto che Severus mi aveva proposto di dare in adozione i bambini, ma solo che non accettava il fatto che fossi incinta. Così avevamo litigato e bla, bla, bla, non ero entrata nei dettagli. Lei era allibita e mi aveva esortato a parlare con la mamma, ma io non volevo coinvolgerla, anche se era questione di tempo prima che si accorgesse che il mio ventre stava lievitando.
"No. Silenzio assoluto. Mi ha detto che mi amerà per sempre e poi non mi ha più cercato. È finita, Talia. Io non lo amo più." Mentii allora, cercando di rimanere impassibile.
"Bugiarda... tu lo ami ancora. Sì, sì, ogni volta che parli di lui hai gli occhi a cuoricino nonostante ti abbia ferito." Continuò lei con un sorriso malizioso, dandomi un pugnetto sulla spalla. Io sorrisi tristemente, scuotendo la testa.
"Dimmi Talia... se portassi in grembo il figlio o i figli dell'uomo che ami alla follia e lui non ne volesse sapere nulla, tu come ti sentiresti? Io nonostante tutto lo amo ancora, riuscirei anche a perdonarlo se accettasse la gravidanza." Sospirai lasciandomi cadere sulla sedia, passandomi una mano sul ventre.
"Vorrei tanto aiutarti Keela..."
~☆~
Piton stava osservando una foto di lui e Keela, mentre i suoi studenti stavano preparando la pozione assegnata.
Non sapeva più cosa fare: lei non voleva né parlargli né vederlo, e il suo piano di intercettarla nei corridoi era sfumato. Quando il giorno dello Smistamento Minerva aveva presentato il nuovo insegnante del corso che seguiva Keela il suo cuore aveva mancato un battito. Si era licenziata pur di non stare con lui. Non avrebbe più avuto occasione di rivederla, ma forse era meglio così: era stata chiara quando gli aveva detto di starle lontano, di non toccarla ancora.
Perciò se ne stava con le mani in mano ed ogni giorno scorreva monotonamente. Scaricava la sua frustrazione sugli studenti, togliendo un'infinità di punti, teneva le lezioni senza interessarsi realmente agli alunni che aveva davanti, e alla sera se ne stava nel suo studio a pensare sempre a lei e a suo figlio: dopo due settimane iniziava ad accettare l'idea di diventare padre. Gli sembrava ancora strano, ma talvolta si ritrovava a riflettere sul bambino o sulla bambina per caso. Immaginava il piccolo abbracciarlo teneramente, cercando conforto fra le sue braccia. Le braccia forti del suo papà. E più passavano i giorni, più si rendeva conto che avendo reagito in quel modo si era comportato come suo padre. Aveva rifiutato suo figlio e Keela.
Improvvisamente udì uno scoppio, così venne distratto dai suoi pensieri: un Serpeverde aveva fatto esplodere un calderone ad un Tassorosso, il quale era rimasto allibito.
Si alzò, furioso: ultimamente tollerava a malapena tutti questi giochetti infantili.
"Meno venti punti a Serpeverde, Morgan." Sibilò infuriato, mentre con un colpo di bacchetta sistemava il macello che quel piccolo decerebrato aveva combinato.
Nella classe era sceso un silenzio di tomba, si sentivano solo i liquidi ribollire lentamente.
"Ma... ma... non può togliermi punti. Io sono un Serpeverde!"
"Osservazione acuta, Morgan. Contesta ancora una mia scelta e oltre a toglierti altri venti punti luciderai calderoni fino alla fine dell'anno. Sono stato abbastanza chiaro? Ed ora tornate tutti a lavorare."

Amami, Ti PregoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora