La settimana stava giungendo al termine.
Fra pappine volate al vento, cambi di pannolini, notti in bianco, ruttini e dormito e in ogni anfratto della casa, era finalmente arrivato sabato.
Harry aveva tenuto una corrispondenza con Andromeda, e l'aggiornava sullo stato di Teddy.
Si aveva dormito, so aveva mangiato e si aveva fatto il ruttini.
Le aveva anche detto che sembrava essersi affezionato particolarmente a Ron e Hermione - non come a una madre e a un padre, ovviamente - e anche lui aveva ragionato su questo aspetto particolare.
Ron e Hermione lo facevano spesso ridere, soprattutto quando litigavano scherzosamente. Passavano tanto tempo con lui, ed Hermione era l'unica che riusciva a cambiargli un pannolino, e spesso lei e Ron lo imboccavano.
Hermione - aveva notato Harry - sembrava molto propensa e brava a fare la madre. L'istinto materno sembrava essersi risvegliato in lei e lei sapeva come 'trattare' Teddy quando, ad esempio, non voleva fare il bagno.
Volentieri, inoltre, lei insegnava a Ron come fare correttamente determinati compiti: gli aveva corretto il modo di tenerlo in braccio, di imboccarlo e gli aveva insegnato anche a mettere un pannolino.
Ron invece sembrava capire Teddy alla perfezione. Ogni volta che il bambino piangeva senza apparente motivo, il rosso riusciva a fare quello che Teddy desiderava. Una volta il piccolo era seduto in cucina e, di punto in bianco aveva iniziato a strillare. Ron l'aveva guardato un attimo, poi si era voltato e aveva porso al bambino un pezzo di cioccolata.
Teddy aveva smesso immediatamente di piangere.
Nelle risposte, Andromeda si definiva contenta che il bambino avesse questi sostituti. Ed era felice dall'amore che riceveva in quella casa.
Ora, Harry, stava cullando il bambino, pronto a metterlo a dormire.
Sospirò. Era stata dura.
Non riusciva a togliersi dalla mente il fatto che non doveva essere lui quello che adesso guardava quel bambino, non doveva essere lui quello che gli dava da mangiare, non doveva essere lui quello che dava notizie ad Andromeda.
Dovevano essere Remus e Tonks.
Dovevano esserci i suoi genitori al posto che ora occupava lui.
Guardò per un ultima volta il bambino, poi uscii dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Se non c'è l'avesse fatta? Se non fosse stato all'altezza? Se non avesse cresciuto Teddy come volevano crescerlo i suoi genitori? Ma soprattutto se non fosse stato in grado di farglieli conoscere nel modo migliore?
Scacciò dalla testa gli interrogativi. L'avevano già assalito, e aveva parlato in modo brusco a Ginny, quando sistemavano la casa per l'arrivo di Teddy.
Harry non si sentiva pronto a badare ad un bambino, eppure era stato costretto a farlo. Come era stato costretto ad affrontare Voldemort.
Come un criceto costretto a girare nella sua ruota, succube di forze più forti di lui, e spesso incomprensibili.
L'unico motivo per cui adesso era sereno e riusciva a scacciare facilmente i pensieri erano le parole della sua migliore amica.
Hermione era l'unica che lo poteva aiutare in certi momenti.
Non voleva che Ginny lo vedesse in quei momenti, non perché avesse paura di mostrare la propria debolezza, ma perché non voleva farla preoccupare.
Ripensò alle parole di Hermione, e alla loro chiacchierata. Aveva detto a Ginny di chimere Hermione, quando fosse tornata da fare la spesa con Ron, e lui l'aspettava in giardino.
Era uscito nel tiepidi sole pomeridiano, a testa bassa, per non far vedere le lacrime che scorrevano a ruota libera sul suo volto. Camminava velocemente, a passi felpati. Quando era arrivato sufficentemente lontano si era appoggiato a un albero di ciliegio ai margini del bosco, e un pensiero l'aveva sorpreso: ci sono un sacco di ciliegi. Non sapeva come fosse perché l'avesse pensato, né come gli era venuto in mente. Si era semplicemente stretto nelle spalle, ed era tornato a deprimersi con i suoi interrogativi.
Gli era parso di aspettare una eternità, quando una chioma riccia e castana era apparsa nel suo campo visivo.
"Harry!" aveva esclamato Hermione trafelata, il tono preoccupato.
Lui aveva alzato il viso verso di lei, e la ragazza aveva visto le traccie ancora marcate della lacrime.
Si era portata una mano alla bocca, e senza dire niente si era seduta accanto a lui.
Erano passati diversi attimi di silenzio. Nessuno dei due l'aveva rotto, per non forzare l'altro a parlare.
Per non forzare Harry a parlare.
Non c'è ne era stato comunque bisogno, Hermione aveva capito senza che il moro avesse dovuto proferire parola.
Quando la ragazza aveva pensato che fosse il momento giusto aveva iniziato a parlare:"sei stato fantastico, Harry. Non puoi rimproverarti. Stai andando benissimo con Teddy, non puoi peggiorare. Lo hai reso un bambino felice e, un giorno, lo renderai fiero dei suoi genitori. Sono sicura che Remus e Tonks siano felicissimi di come lo stai crescendo, di averti scelto come padrino. Non potrai mai sostituire Remus in un consiglio sulle ragazze o Tonks un un abbraccio materno, ma già il fatto che tu gli dia consigli, che tu lo abbracci, lo fa sentire meno solo. "gli aveva stretto la mano" non si può essere perfetti Harry, bisogna sbagliare e rialzarsi, e se mai sbaglierai qualcosa con Teddy, bhe, avrò la prova che sei umano.
Non ti vergognare a chiedere aiuto. Ginny ci sarà sempre, Ron ci sarà sempre, io ci sarò sempre. E te l'abbiamo dimostrato in più occasioni."
Si erano guardati, e Hermione aveva sorriso rassicurante.
Harry aveva risposto al sorriso.
E mentre tornavano alla Tana Hermione aveva dato la sua parola, e l'aveva rispettata:
"non ti lascerò solo"
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Romione: Oltre
FanfictionRon e Hermione sono gli zii preferiti. Solari, divertenti, innamorati. I nipoti apprezzano anche le loro litigate, e il loro essere sempre allegri. Ma qualcosa porterà ombra sui loro cuori. Questa storia parla della romione, va da due anni dopo la g...