L'addio Di Ron

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Ron aveva scritto a tutti della morte del piccolo Arthur, e, nella settimana dopo al suo decesso, tutti gli Weasley erano passati a trovarli, preoccupati.
Ron aveva ugualmente notato che le più in ansia erano Angelina e Ginny, rispettivamente al nono e sesto mese, che avevano paura che l'esperienza di Ron e Hermione potesse ripetersi anche con loro.
Erano passati anche Molly e Arthur, entrambi in lacrime, che più che dare conforto lo ricevevano.
Nonostante questo, Hermione non aveva lasciato la camera matrimoniale. Mai.
Continuava a guardare i vestitini che sarebbero dovuti appartenete al figlio ormai perduto, continuando a immaginare come sarebbe stata la loro vita, come sarebbe stato il piccolo Arthur, rifiutandosi di credere che la vita continuava.
Nemmeno Harry e Ginny erano riusciti a farla uscire da lì, e dopo un po' avevano rinunciato all'impresa.
Jean e Hugo erano passati, tutti e due tristi per la perdita del loro nipotino, unico nipotino, ma non erano riusciti a farla uscire.
Jean però era riuscita a entrare, anche se non per molto tempo.
Aveva lasciato Ron e Hugo da soli, e il più anziano aveva espresso il suo dispiacere al rosso, dicendo che non poteva immaginare quale dolore provocasse la perdita di un figlio.
Ron, suo malgrado, aveva detto che non c'erano parole, e non lo augurava a nessuno.
I genitori non dovrebbero sopravvivere ai figli.
Nonostante tutte le visite ricevute, solo una, per Ron, era stata di vitale importanza.
Quella di Harry.
Il moro, infatti, passava tutto il tempo libero con il migliore amico, trascurando anche di accudire Ginny.
Quando però Ron ielo aveva fatto notare, Harry aveva ribattuto che Ginny se la cavava benissimo da sola, e non aveva alcun bisogno di lui.
Harry non voleva darlo a vedere, ma era realmente preoccupato.
Non vedeva Ron col sorriso da troppo tempo e, di questo, se ne erano accorti anche i piccoli.
Teddy e Victoire guardavano lo zio sempre sorridente e pronto a scherzare, adesso mogio e quasi privi di vita, in modo preoccupato e confuso.
Molly era disorientata perché i genitori non la lasciavano più con Ron, e Dominique chiedeva in continuazione di ricevere una battuta dallo zio.
Per questo Harry era preoccupato: non aveva mai visto Ron così, e non sapeva di che cosa sarebbe stato capace di fare un un momento di debolezza.
Harry era preoccupato anche per Hermione, ma sapeva che qualsiasi cosa avesse detto non sarebbe bastato a risanare la ferita nel cuore della giovane madre: era troppo in profondità.
Perciò passava la maggior parte del tempo alla casa dei Weasley - Grenger, I suoi migliori amici.
Lo considerava ancora così, nonostante sembrassero due persone completamente diverse da quelle che Harry aveva conosciuto a 11 anni, durante il loro primo viaggio sull Hogwarts Express.
Voleva rivedere entrambi con il sorriso, anche se per farlo Ron e Hermione avrebbero dovuto lavorare di nuovo insieme, anche se dovevano uscirne da soli, appoggiandosi solo alla spalla del compagno, offerta.
E Harry avrebbe aiutato loro a capire questo e, se l'avevano già capito, gli avrebbe aiutati a farlo. Porgendo anche la sua spalla, se necessario.
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"Ginny riposati, mi raccomando" disse Harry lasciando un bacio sulle labbra della moglie.
Ginny alzò gli occhi al cielo "non ne ho bisogno ma ok"
Harry le Sorrise.
"dici che non posso venire?" chiese ancora lei esitante.
Harry la guardò triste "aspetto un bambino, e loro hanno appena perso il loro, non la prenderebbero troppo bene" le disse.
Ginny annuii, poi chiuse la porta alle spalle del marito.
Uscito, Harry controllò la scatola nella tasca del giacchetto: piena.
Era il momento si far ritornare a vivere Ron e Hermione.
O, più probabilmente, solo Ron.
Ma Harry confidava che il rosso avrebbe riportato anche Hermione alla vita.
Quello che aveva in mente era un trucco che gli aveva insegnato suo cugino, Dudley, e si era rivelato molto efficace.
Anche se Harry non aveva mai perso un figlio, e Sperava che ciò non avvenisse mai, sapeva cosa voleva dire perdere una persona cara, e quel trucco lo aveva aiutato molto.
Lo aveva salvato dalla disperazione.
Confidava che facesse lo stesso anche con Ron.
Sorpassò la sua casa e bussò a quella dei migliori amici.
Come al solito gli venne ad aprire Ron, con una faccia da funerale.
Harry provò a sorridere, ma la sua espressione fintamente felice morì sul nascere.
"accomodati" disse Ron rientrando in casa, lasciando la porta aperta.
"veramente" Harry lo seguii "volevo portarti fuori"
Ron gli lanciò un occhiata perplessa.
"da quanto tempo non esci?" ripiegò la dona da Harry, per convincerlo.
"da quando siamo tornati dall'ospedale" rispose apatico il rosso sedendosi sul divano.
"Ron.."
"Harry. No"
"devi tornare a vivere" il moro si sedette accanto a lui.
"sono Vivo, come puoi vedere, è mio figlio quello sotto terra." gli occhi gli divennero lucidi, ma cacciò indietro le lacrime.
"no" ribattè Harry "tu sei vivo ma ti comporti da morto"
Ron lo guardò, forzò un sorriso.
"Ron" lo riprese Harry.
Il rosso appoggiò i gomiti sulle ginocchia, la testa tra le mani.
"come?" chiese semplicemente in un sussurro.
"vieni" Harry gli battè una mano sulla spalla, alzandolo.
A malincuore, Ron seguii il migliore amico fuori dalla casa. Lanciò uno sguardo preoccupato alla finestra della camera matrimoniale, con le persiane chiuse.
Era così da una settimana.
Pensò che Hermione non si sarebbe accorta della sua assenza e che poteva stare tranquillo.
Tuttavia, lanciò uno sguardo preoccupato verso quella finestra, quasi a chiedere il permesso di uscire, sperando che l'occhio color terra della moglie lo guardasse.
Arrivato al famoso "vicolo delle smateriallizazioni" Ron afferrò il braccio di Harry, lasciandosi guidare.
Sentii il fiato mancare, poi le sue narici furono invase dall'aria fresca.
Aprii gli occhi: erano in un parco che si estendeva a perdita d'occhio.
Si voltò verso Harry che gli dava le spalle. Ron vide fugacemente che l'amico armeggiava con qualcosa, ma non riusciva a capire cosa.
Quando sentii il rumore dell'aria che si sposta Corrugò le sopracciglia.
Harry si voltò verso di lui e Ron fu ancora più confuso nel costatare che aveva in mano un palloncino bianco, a elio.
"dovrei strozzarmi con quello?" ironizzò in tono piatto "lo faccio volentieri"
Harry lo guardò male.
"tieni" gli disse passandogli il palloncino.
Ron lo prese, ora più che Confuso, preoccupato per la sanità mentale dell'amico.
"è un addio alle persone morte" spiegò Harry "l ho fatto dopo la morte di Sirius, e da la l ho fatto anche per tutti gli altri" girò la testa, per non far vedere gli occhi lucidi: ricordare faceva male.
Ron aspettò il silenzio.
"il palloncino bianco rappresenta lo spirito del morto che abbandona questa terra. Noi dobbiamo solo lasciarlo andare."
Ron fissò prima Harry e poi il palloncino.
"scherzi?"
"Ron, prendi questa cosa sul serio. Aiuta" il tono che aveva usato Harry, così deciso e profondo, dissuasero Ron dal fare altre battutine.
Guardò il palloncino bianco, e lo vide: io viso di suo figlio, sorridente.
Capelli rossi come il padre e occhi marroni come la madre.
Ron Sorrise a quella vista e pensò che, ovunque fosse Arthur, era felice, e li guardasse.
Deglutii: lasciarlo andare non era facile.
Doveva farlo, o rischiava di essere risucchiato da un passato ancora presente, ma troppo breve per i suoi gusti.
Doveva farlo, doveva tornare sorridente come un tempo.
Non dimenticarlo-non se lo sarebbe mai perdonato-ma impedire che la scomparsa del piccolo gli bloccasse la sua l'esistenza.
Doveva tornare a vivere.
Vide il palloncino un po' sfocato, e avvertii la sua mano tremante, ma lo fece.
Lo lasciò andare.
Una sola lacrima gli rigò il viso mentre guardava il palloncino  librarsi nel cielo.
L'ultima.

Romione: OltreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora