CAPITOLO 9

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Il viaggio fu abbastanza tranquillo: Ariel si addormentò dopo dieci minuti di macchina, probabilmente la notte prima non aveva chiuso per l'eccitazione. Federico guidava guardando davanti a sé con il suo sorrisetto trionfante come a dire: "Questa volta ho vinto io"

 <<Almeno possiamo ascoltare della musica decente?>> domandò Chadra dopo essersi accorta che era stata inserita una playlist con della vecchia musica rock.

<<No. Io guido, io decido la musica>>

Ovviamente. A dire il vero era stata lei a stabilire quella regola durante un viaggio in auto in cui era stata obbligata ad ascoltare solo canzoni di Bon Jovi. Ed ora le si stava ritorcendo contro.

<<E poi porta rispetto per questa sacra musica>> aggiunse il suo compagno <<Questi artisti hanno segnato un'epoca e le loro canzoni vanno ascoltate con un certo raccoglimento>>

<<Sì, certo, certo>> tagliò corto lei per evitare l'ennesima lezione sulle origini del rock.

In fatto di musica Federico aveva dei gusti parecchio "strani": erano anni che la ragazza provava a convertirlo alla buona musica commerciale, con risultati ben poco soddisfacenti. 

<<Niente Pink Floyd, però. Ti prego >> lo supplicò già pronta a tapparsi le orecchie <<Lo sai che li detesto da quando alle superiori in inglese mi hanno obbligata a tradurre una loro canzone>>

<<Vedremo>> rispose lui esibendo un sorrisetto sadico.

E così a Chandra non rimase che mettersi l'anima in pace e guardare fuori dal finestrino. 

Davanti ai suoi occhi scorrevano gli stessi paesaggi che tanto la incantavano quando era piccola: i fiumiciattoli, i paesi arroccati sulle colline e il verde della natura che si stava preparando all'arrivo dell'estate.
Quando era una bambina, per calcolare quanto mancasse all'arrivo, si era data vari punti di riferimento: c'era un paesino che si riusciva ad intravedere dall'autostrada all'interno del quale spiccava una specie di castello quasi del tutto diroccato, passato quello mancava ancora circa un'ora. Superare la galleria più lunga invece significava essere arrivati vicino al casello autostradale.
Aspettava quel momento trepidante: adorava vedere la sbarra alzarsi per lasciarli passare e poi riabbassarsi come a bloccare dietro di sé tutti i problemi quotidiani. Il casello segnava l'ingresso in un posto sicuro, dove non sarebbe mai potuto accadere nulla di brutto.

Almeno questa era la sua convinzione.

Ripercorrendo quel tragitto si rese conto di come quasi nulla fosse cambiato: erano passati ormai sei anni ma sembrava che il tempo in quel luogo si fosse fermato. Anche gli odori erano rimasti gli stessi di un tempo, gli edifici erano esattamente nello stesso stato nel quale se li ricordava. Per le vie del centro riuscì a scorgere gli stessi negozi, con le stesse insegne, i bar che era solita frequentare e, infine, vide anche la sua casa.

<<Caspita!>> esclamò Federico quando arrivarono davanti al cancello della villa che si trovava nel centro storico del paese <<I tuoi genitori mi avevano detto che era grande, ma non credevo che fosse così grande!>>

A Castel Ligure si potevano ammirare diverse ville antiche: per la maggior parte erano state fatte edificare da ricchi imprenditori che avevano fatto la loro fortuna agli inizi del secolo scorso. Pareva che molte famiglie appartenenti all'agiata borghesia avessero deciso di trascorrere le loro vacanze in quel posto e che desiderassero dimostrare il loro status attraverso quelle sfarzose residenze estive . 

Poi però il periodo dell'enorme ricchezza era terminato e molti erano stati obbligati a mettere in vendita le loro lussuose ville. Oppure non avevano avuto più a disposizione le risorse necessarie per mantenerle al meglio. Alcune costruzioni infatti erano evidentemente malmesse, ma pur nella loro trascuratezza lasciavano ancora intuire lo splendore di una volta. 

I genitori di Chandra non avevano commesso quell'errore: la casa dall'esterno emanava un senso di imponenza. Tuttavia, una volta all'interno, poteva sembrare molto fredda: gli spazi erano troppo ampi e spesso ognuno finiva per condurre una vita ritirata nella propria ala dell'edificio. Erano rari i momenti di convivialità che ricordava di aver vissuto in quel luogo insieme ai suoi genitori: anche quando si ritrovavano a mangiare nella sala da pranzo sembravano essere troppo distanti tra loro per intavolare una vera conversazione.

<<Benvenuti nella mia casa delle vacanze>> disse semplicemente lei mentre qualcuno dall'interno apriva loro in cancello.

Non era cambiata per nulla: il giardino era rimasto identico, addirittura c'era ancora lo stesso tavolino coperto da un ombrellone dove faceva colazione nelle belle mattine estive. C'era la piscina piena d'acqua pronta ad accogliere chiunque avesse desiderato un po' di refrigerio. Tutto era stato preparato per il loro arrivo.

<<è grandissima!>> trillò Ariel osservandola a bocca aperta <<Ma è la nostra casa?>>

<<No, è la casa dei nonni, ce l'hanno solo prestata per qualche giorno>>

La bambina scese di corsa dalla macchina trascinandosi dietro a fatica la sua borsa mare e la rete con i giocattoli per andare a vedere la piscina: <<C'è anche un materassino a forma di pizza!>> gridò indicando il materasso che era stato posizionato su una delle sdraio.

I suoi genitori avevano pensato veramente a tutto.

Sua figlia era già incantata da quel luogo: era sempre stata abituata a vivere in appartamenti non troppo grandi e avere una piscina in giardino per lei era una novità.

Anche Chandra, sconsolata, si decise a scendere dall'auto venendo così investita da quella brezza marina che un tempo le era tanto famigliare.
Un turbine di ricordi iniziò a mettere scompiglio nella sua mente, mentre emozioni contrastanti si facevano largo nel suo cuore.
I ricordi migliori e peggiori della sua vita erano legati a quel posto ed era estremamente difficile trovare un modo per non pensare al passato.

<<Non pensare a quello che è stato>> disse Federico appoggiandole una mano sulle spalle <<Pensa a quanti momenti felici potremmo passare noi tre insieme>>

Lui e Ariel erano il suo nuovo mondo, quello che era riuscita a costruirsi con molta fatica, ma era quasi certa che quel luogo fosse incompatibile con loro e con il loro stile di vita. 

<<Ci proverò, ma non ti garantisco nulla>>

<<Buongiorno signorina Ferrari>> la salutò una signora che fino a quel momento era rimasta sulla porta <<Io sono Camilla Rossi, lavoro per i suoi genitori, e mi hanno mandata qui per aiutarla nel caso le servisse qualcosa>>

Perfetto! Avrebbe anche dovuto convivere con un'estranea in casa.

Forse i suoi genitori la consideravo ancora una sedicenne impacciata e quasi incapace di allacciarsi le scarpe, tanto da doverle appioppare appresso un adulto responsabile.

Oppure quella donna era stata mandata con un preciso compito.

Spiarla, per esempio. 

La storia sbagliataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora