1. Primo incontro

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La scuola non mi era mai piaciuta, era stata sempre il mio problema. Non avevo modo di combatterla. La causa non riguardava lo studio, bensì l'ambiente: avevo difficoltà a socializzare. Tutti dicevano che ero un ragazzo un po' chiuso; io non la pensavo affatto così: la verità era che non mi piaceva la gente. Ovviamente, non tutta la popolazione mondiale, ma gran parte. Consideravo la maggior parte delle persone come un mix fra superficialità, falsità e stupidità, quindi preferivo starci lontano piuttosto che diventare come loro.

Si può dire che la scuola sia un ambiente "costretto": ti ritrovi, di punto in bianco, dal passaggio da una scuola a un'altra, con persone nuove e mai viste, senza poterle scegliere. Se sei fortunato, ti ambienti e ti fai degli amici; se non lo sei, come me, ti ritrovi a stare la maggior parte del tempo da solo... e quando puoi, corri dietro agli amici di una vita, quelli che conosci da anni ed anni.

Facevo così. Con la mia classe non mi ero mai trovato bene, perciò a scuola passavo il tempo che potevo con i miei amici, dalle altre classi, siccome non ero stato tanto fortunato da averne anche nella mia.

Il mio migliore amico era sempre stato Andy. In verità non era il suo nome; si chiamava Armando all'anagrafe, ma fin da bambini l'aveva odiato. Diceva che gli ricordava suo zio cinquantenne, che passava le giornate a buttare soldi a schedine di partite di calcio, basket americano, ping-pong, scherma, corse di cavalli o qualsiasi sport su cui potesse scommettere. Un giorno, da bambini, quando stavamo giocando a casa sua, avevamo trovato un grosso manuale di storia dell'arte, e avevamo cominciato a sfogliarlo per gioco; stupidi bambini non possono capirne nulla di Raffaello o Donatello, ma avevamo continuato a sfogliarlo fino ad arrivare al periodo della Pop Art. Il piccolo bimbo Armando era stato folgorato dall'immagine di Marylin Monroe, un po' per la modella e un po' per come era disegnata.

"Quello che l'ha fatto si chiama Andy Wuorl!" aveva gridato, "guarda, guarda, Andy è un bel nome, Armando fa schifo. Se mi chiamo Andy?". Non aveva mai azzeccato un congiuntivo e continuava a non farlo.

"Perché Andy? Non è come Andrea in inglese? Non possiamo essere tutti e due Andrea..."

"E perché no? Tu puoi usarlo come soprannome e io come nome artistico. Tutti e due Andy! Come averi amici del cuore. Che dici?" aveva gonfiato il petto con fierezza, sentendosi come un vero adulto perché aveva un "nome d'arte".

Avevo sorriso e annuito. Ora eravamo gli "Andy al quadrato", nessuno poteva separarci e nessuno poteva batterci... d'accordo, forse non era del tutto vero, siccome a scuola eravamo un po' degli sfigati, ma ci volevamo bene indubbiamente; e non importa chi dice che i ragazzi non sanno mostrare affetto, lo facevamo a modo nostro. Non sopportavo molto le persone, ma quando ne trovavo una vera e che potesse capirmi, me la tenevo stretta e gli dimostravo quanto ci tenessi; e volevo bene davvero a Andy.

Poi c'era Amanda. Non era come Andy, non avevamo la stessa complicità, ma era una brava ragazza e una buona amica. Non sapevo molto di lei: ci aveva unito il legame che condividevamo con Andy.

Era proprio Amanda che mi aspettava quella mattina, fuori scuola, al fresco delle prime giornate di settembre. Tirava un lieve venticello, la vidi stringersi nella giacca di pelle; si guardava attorno, come se potessi comparire magicamente. Quando mi avvistò, in ritardo come al solito, sorrise e mi fece un cenno.

Era bellissima e adorabile. Credo che chiunque avrebbe fatto di tutto per essere il suo ragazzo; ed avevo un terribile sospetto, ovvero che Andy fosse interessato a lei: sospetto terribile perché Amanda era una fanfiction vivente, infatti si era presa una sbandata per il "bad boy" della scuola, un certo Valerio, a capo del branco di scimmie, quindi scimmia alfa. Ma era solo la mia opinione. A scuola veniva idolatrato come una specie di divinità. Valerio era bello, alto, magro, proporzionato, muscoloso; aveva capelli pece che incorniciavano profondi occhi blu in tempesta... sì, già, era affascinante. E non era la sola cosa fastidiosa. Spiccava in ogni tipo di sport, partecipava a tutte le attività scolastiche, era sempre il primo nella lista, ovunque. Credo che avesse anche buoni voti. Comunque, la classe non è acqua; un buzzurro rimane sempre un buzzurro, e Valerio era un maledetto odioso irritante buzzurro.

My strange love //(boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora