41. Crollo

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"Ti chiederei se sei stato bene, ma sei stato due mesi, la risposta sembra scontata".

Era inutile quanto ci provassi, non riuscivo ad avere pace. Il viaggio fu stancante, messo piede in casa i miei mi tartassarono di domande fino a quando me ne liberai grazie a un secco "vado a letto".

Tornato alle temperature disumane di Roma in estate, speravo di poltrire un po' da solo: dormì per molte ore, al risveglio avrei voluto un bel cappuccino, anime in tv e silenzio e silenzio.

Mi serviva per realizzare, un tassello alla volta, e rendermi conto del cambiamento che era avvenuto. Rendermi conto di dov'ero, dov'ero stato e con chi ero stato; cosa avevo lasciato lì e cosa avevo ritrovato qui.

Scendendo dal letto, in pigiama e ancora assonnato, scalzo e scapigliato, in salotto incontrai la combriccola riunita in preghiera.

"Sì, Vale, è andata bene..." risposi, con tono spento. Volevano portarmi brio, io volevo silenzio e ombra. Non avevo le forze di essere gentile o partecipativo, ma ne erano coscienti. "Ragazzi, mi sono appena svegliato..."

"Lo sappiamo!" Amanda fece scivolare una tazza sul tavolinetto, davanti alla poltrona. "Ti abbiamo portato una fantastica essenza di tè cinese"

"Selezionata da due esperti!" André strinse la ragazza, ricordai della loro passione per il tè. Ero talmente scontroso che, per la prima volta, mi venne in mente di dirgli che non me ne importava proprio niente del loro maledetto tè.

Notai anche una tortina con scaglie di limone, la mia preferita, immaginai avessero architettato tutto per edulcorare il ritorno in patria. Per l'appunto:

"Noi ti abbiamo preparato un torta" Emma ammiccò a Roberto. "Così ci racconti tutto con calma..."

Non avevo proprio voglia di dire niente. Non in quel momento. Perché erano sempre così irruenti?

"Io non ho fatto un cazzo, ma sono curioso" Mark tese la mano verso la torta, Emma la schiaffeggiò.

"Prima Andrea! Ti avevo avvertito!"

"Non ho fame, ma lo apprezzo. Ragazzi", cominciai, più cortese di quanto pensassi, nonostante l'enorme malumore, "se rispondo in modo esaustivo, poi mi lasciate un po' di pace? Sono sfiancato e malinconico. Non sono da compagnia".

"Certo, passero. Ora però parla e bevi tè cinese e mangia"

"Quindi? Com'è la Siberia?" Gabriele tralasciò ogni preambolo. Mi scrutava attento, forse in cerca di un vecchio se stesso.

"Ha una famiglia fantastica, amici fantastici, lui è fantastico. Non mi viene in mente niente di negativo con Nikolaj. La persona giusta al momento sbagliato..." mormorai, buttandomi sul divano vicino a Valerio, che mi diede una pacca.

"Pensavo ti avrei trovato peggio" aggiunse, "sei già in processo di guarigione?"

"Non direi..."

"Tranquillo, passero" s'inserì André, "con noi guarirai. Abbiamo già trattato il caso in passato e il paziente ne è uscito integro, a parte irrimediabili devianze verso le bombe atomiche".

Mark scoppiò a ridere e diede il cinque al ragazzo: "Questa mi è piaciuta, checca rosa. Sei anche divertente quando ti impegni".

Notato niente di strano? Esatto, quei mesi era filato tutto talmente liscio che perfino Mark e André avevano iniziato un lungo processo di tolleranza l'uno con l'altro.

La faccia di quest'ultimo si schiantò con un pesante cuscino, scagliato dal paziente guarito in questione. "Ti faccio saltare in aria, prima o poi".

"Gesù, ragazzi. Fatemi ascoltare Andy biondo", Roberto li zittì, "com'è stato il saluto finale?"

My strange love //(boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora