39. Partenze

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Non avevo mai creduto nell'anima gemella.

Per me era un'esagerazione. Chi ha iniziato questa assurda idea della dolce metà? Perché avrei bisogno di qualcun altro per completarmi? Un'ideale illogico, ormai datato.

Io sono una mela intera, non una mezza mela.

Mi domandavo: a cosa serve l'amore? Volevo una risposta oggettiva. Che ragione ho di inseguire un'altra persona, di regalare attenzioni, sottrarre tempo allo studio, ed essere disposto perfino a disperarmi, perfino con la consapevolezza di soffrire come non mai?

Quell'anno compresi che l'amore non ci completa. L'amore ci amplia, ci migliora. Ci arricchisce. Pur indefinibile e inafferrabile, ha il potere di renderci vivi.

"Vorrei non avere un cuore. Dio, perché non sono nato insensibile? Ora avrei una vita migliore. Come si torna indietro? Non lo rifarei mai. Mai, mai, mai..."

"Lo rifaresti eccome. La felicità che hai provato sarà sempre maggiore della tristezza che provi ora", Gabriele mi ascoltava con pazienza, aveva un esame la mattina seguente, ma continuava ad ascoltare i miei sproloqui alle tre di notte, "Andrea, sei più forte di così. Avrai tempo per crollare. Nikolaj ha bisogno del tuo supporto, non di rimorsi e lacrime".

"Perché mi fa questo? Così, all'improvviso. Non si rende conto di quanto sto male?"

Si limitò a sospirare. "So che vuol dire. Ma non prendertela con lui. Non sprecare il poco tempo che vi rimane"

"L'ha deciso lui!" strillai, "ne avevamo molto di più!"

"Mancavano otto settimane... e non è colpa sua..."

Tirai un pugno al pavimento per l'irritazione, e ignorai il dolore che mi provocò. "Certo che è colpa sua! Lo odio! Cazzo! Sette settimane in più sono molte!"

"Andrea, smettila di fare l'egoista. Non l'avrebbe voluto nemmeno lui. Lo sai che è urgente. L'avresti fatto anche tu".

Lo sapevo, lo sapevo, ma non mi rassegnavo, non riuscivo ancora a smaltire la frustrazione. Aveva ragione.

L'amore, fra le tante cose, a volte ci rende egoisti.




Tra metà aprile e metà giugno vissi forse i mesi più belli della mia vita. Ogni motivo di tristezza era una misera cornice.

Giornate piene. La presenza costante del mio fidanzato, serate con amici; il sole che tramontava sempre più tardi, il caldo moderato di fine primavera; lo studio folle per non essere rimandato a matematica.

Mi accorsi di essere stato per anni all'ombra di Andy, influenzato da lui, le sue idee e decisioni. Ora non ero più l'ombra di nessuno; ero me stesso, Andrea, senza filtri.

Per un po' dimenticai cosa fosse la solitudine, la sensazione opprimente di non essere abbastanza, la timidezza, il desiderio di contatto con altri, ma l'incapacità di uscire dal mio guscio.



Vivevo dentro una bolla, ignorando una lezione importante. La felicità è sottile, fragile, mutevole. Delicata come un castello di carte: uno spiffero di vento per farla crollare. Nel mio caso, fu molto più che uno spiffero.

Un uragano. Improvviso. E il castello tornato ad essere un misero mazzo di carte svolazzante e impotente, in preda alla tempesta.




Il turbine era arrivato due giorni prima della delirante chiamata notturna.

"E' tardi... ci aspettano alle otto al ristorante..."

Nikolaj, la settimana prima, quando tutto filava ancora liscio, era riuscito di rado a togliermi le mano di dosso. Non che mi dispiacesse, ma era strano.

My strange love //(boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora