24. Desiderio irrefrenabile

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Di fronte avevo il cielo scuro di mezzanotte del giorno di San Silvestro; tra meno di un'ora, sarebbe arrivato il nuovo anno. Le stelle luccicavano come brillantini, puntini sparsi, ma non ero attento.

Lui per me brillava più di qualsiasi stella. Pur potendo osservare qualsivoglia spettacolo, avrei scelto comunque lui.

Ero ferreo nella mia convinzione di ricevere una risposta entro la fine dell'anno. Metterlo alle strette. Dovevo! Gli avevo espresso ciò che provavo allo scopo di eliminare ogni fraintendimento; e desideravo che mettesse a parole più o meno cosa gli frullava per la testa.

"Ma sta dormendo?" borbottai, avvicinandomi per sentire il respiro

"Sì, dormire"

Crollai di schiena. Inspirai profondamente, per calmarmi.

"Nikolaj, non è divertente"

"Io penso ubriago..."

Mi sentivo preso in giro. "Non sei ubriaco. Capisci sempre tutto e proprio adesso, casualmente, per la prima volta non hai capito". Irritato, ferito, deluso, sull'orlo di un pianto isterico, decisi di alzarmi e correre dentro, per non perseverare nella mia pateticità e piangere davanti a lui.

Non mi curai del baccano degli altri e mi precipitai su per le scale. Vagai per il corridoio e mi fiondai nella stanza degli ospiti che conoscevo.

Quando avevo forti emozioni da spegnere, avevo il terribile vizio di isolarmi.

Inspirai, espirai, inspirai, fino a stabilizzare i battiti. Stronzo, bastardo, pensa di potermi trattare come gli pare? Non appena tornava la rabbia, però, il respiro tornava irregolare e attuavo di nuovo la respirazione.

Respira, respira; non glielo permetterai. Non può passarla liscia. Un conto è avere bisogno di tempo e un conto giocare sui sentimenti altrui.

Diedi un calcio al letto, poi al mobile, poi alla porta. Avrei voluto poter tirare un calcio a lui stesso... no, non è vero, non ne sarei stato capace.

L'orologio segnava le undici e mezza. Tra poco sarebbe arrivato l'anno nuovo e io l'avrei passato in collera e chiuso in una stanza... il solo pensarci mi faceva incazzare di più.

Non so quanto tempo passò, fino a quando delle nocche leggere che batterono alla porta. Lo riconobbi dal modo di bussare.

"Non voglio vederti, mi hai fatto incazzare"

"Andrej, apri?"

Déjà-vu. Mi ricordava quando mi ero barricato in casa: così come ora, lui mi aveva pregato di aprire. L'avevo fatto dopo un'ora, in lacrime.

"Vattene!"

"Andrej, voglio parlare! Apri!"

Stavolta non mi sarei fatto ripregare. Infatti, feci scattare la serratura in un attimo. Era ancora stordito per via della gara alcolica e si reggeva ai battenti della porta. Dai suoi occhi vedevo però che era ben lucido.

"Ecco! Parliamo! Parliamo del fatto che sei un grandissimo stronzo! Anzi, no, ti stai solo comportando da stronzo!" gesticolavo, urlavo, lui accoglieva passivamente, conscio dell'aver sbagliato, prima. "Pagherei per riuscire a capire che cosa diavolo ti passa per testa! Questo fottuto silenzio mi sta uccidendo! Voglio capire, cazzo! Se ti fidi di me dovresti essere onesto! Preferisco che tu mi dica che non provi nulla, piuttosto che fingere di essere ubriaco!"

Si avvicinò di un passo, io arretrai.

"Andrej..."

"No, non voglio sentirti". Avanzò di un altro passo e per allontanarlo gli tirai dei pugnetti sul petto. Pur rosso di rabbia, non lo avrei colpito con forza. "Non ti voglio! Non funziona così, non puoi averla sempre vinta!" scalpitavo, per mandarlo via, continuando a schiaffeggiarlo. "Vattene!"

My strange love //(boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora