Corpse

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"Mamma, sono a casa!" Harry emette un debole sbadiglio appena varca la soglia di casa, dirigendosi velocemente in cucina dopo aver lasciato sul divano lo zaino e la giacca in maniera molto confusionaria. Lo stomaco gli brontola e gli fa male, ricordandogli che non tocca cibo dalla merenda del giorno prima, quindi la sua priorità adesso era riempirsi la pancia.

Molte volte si domandava il perché non riuscisse a prendere tutto alla leggera, cosa spingesse la sua mente a farsi beffe di lui, piegandolo a suo piacimento e facendogli dimenticare persino dei suoi bisogni primari. Nonostante Harry sapesse quale fosse il problema, non riusciva ad uscire da quel circolo vizioso. Quando qualcosa rubava la sua attenzione non riusciva mai a sfuggirgli ed ogni volta si perdeva totalmente in ricerche, mappe mentali che altro non erano che un vano tentativo di riordinare il caos che regnava perennemente nella sua mente, un tentativo di soddisfare il suo bisogno ossessivo di sapere.

Ora, quella voglia spinge il suo stomaco a chiudersi nuovamente, nel momento in cui i suoi occhi chiari, improvvisamente vigili, si posano sulle numerose scartoffie presenti sul tavolo da cucina. Accanto alla superficie in legno scuro è seduta sua madre, con un vecchio maglione di suo padre a proteggerla dal freddo, ed una tazza di thè è posizionata accanto alle pile di fogli, abbandonata a se stessa.

Erano mesi che sua madre, lo sceriffo di Beacon Hills, non riusciva a darsi pace. Tutte le morti avevano lo stesso modus operandi, ma era impossibile capire chi potesse aver compiuto delle atrocità del genere e soprattutto, come ci fosse riuscito. Harry aveva più volte preso in prestito i reperti medici che sua madre si portava dietro per studiarli attentamente e ciò che aveva visto lo aveva lasciato con la bocca secca e con gli occhi carichi di dubbi e perplessità. Aveva provato a confidarsi con Liam, ma il suo migliore amico non gli aveva dato molto peso. Se lui si faceva travolgere dagli eventi, Liam ci passava sopra con una calma tale da far invidia al più saggio dei meditatori.

Harry lo invidiava? Decisamente.

"Ouch!" Sibila quando, al suo tentativo di prendere uno di quei fogli, sua madre gli schiaffeggia la mano, rivolgendogli un'occhiataccia poco rassicurante.

"Quante volte devo dirti di farti gli affaracci tuoi?" Sbuffa appunto lo sceriffo, raggruppando i numerosi fogli e documenti, rivolgendo un'occhiata all'orario. Non si era nemmeno resa conto che fosse arrivato il momento di tornare a lavoro e che doveva sbrigarsi per non arrivare in ritardo alla centrale. Fortunatamente, aveva mangiato in abbondanza e si era premurata di lasciare qualcosa anche ad Harry, con la speranza che suo figlio si decidesse a mangiare.

"Tieniti i tuoi segreti." L'adolescente sbuffa, ricevendo dalla madre un'occhiata divertita, mentre fruga nel frigo ed il suo stomaco torna ad aprirsi alla vista delle piadine già pronte. "Io mi tengo le mie piadine." Le rivolge una linguaccia, degna di un ragazzo di diciotto anni intento a concludere il suo ultimo anno di liceo, lasciando sua mamma in cucina a ridacchiare, chiudendosi nella sua camera.

Sarebbe uscito di lì soltanto a stomaco pieno e dopo un meritato riposo.




Era sicuro di star sbavando, ma il meraviglioso sogno in cui era immerso non gli permetteva di svegliarsi e di darsi una ripulita. Proprio mentre era intento a godersi la notizia del licenziamento di Kennel, il professore di chimica, sostituito da niente poco di meno da Tyler Hoechlin, un fastidioso rumore inizia a fargli venire il mal di testa. Prima che se ne renda realmente conto, i suoi occhi si aprono e mettono a fatica a fuoco la sua camera, mentre il rumore martellante che avvertiva persino nel sogno, viene da subito associato dalla sua mente al maledettissimo telefono che stava squillando ossessivamente. Sospira, tirandosi su a fatica e risponde a quell'aggeggio del demonio senza neanche premurarsi di vedere chi lo ha disturbato.

A storm in a tea cupDove le storie prendono vita. Scoprilo ora