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"Seconda porta a destra...eccola qui" sussurrò a sè stesso Jimin prima di trarre un profondo respiro e aprire la porta della camera di Jungkook.

Era completamente buia, chiuse delicatamente la porta e si appoggiò cercando di non far rumore e aspettando qualche secondo per abituare i suoi occhi all'oscurità.

In quel silenzio si sentiva solo il respiro pesante di Jungkook, respirava davvero malissimo, si intuiva benissimo che non stava ancora bene.

Finalmente la sua vista si abituò al buio e potè osservare un po' la stanza.

Per quello che riusciva ad intravedere era molto grande, al centro c'era il letto matrimoniale, due grandi finestre ai lati e una scrivania abbastanza incasinata a lato della porta. In fondo alla stanza c'era un armadio enorme e a fianco una piccola libreria.

Sembrava una stanza molto grande e molto spaziosa, pensò Jimin, peccato che non poteva vederla alla luce del sole, avrebbe tanto voluto capire di più su quel ragazzo. Jimin era fermamente convinto che attraverso gli spazi personali di una persona si poteva intuire un po' della sua personalità.

Si ripigliò immediatamente dai suoi pensieri e andò verso il letto per svegliare il moro, anche se gli dispiaceva vedendolo dormire così profondamente, ma doveva mangiare e riprendere le forze.

"Jungkook...ehi Jungkook...svegliati" sussurrò scuotendolo delicatamente. Vedendolo così indifeso in quel letto non riuscì a reprimere il suo senso di colpa che lo stava devastando, gli accarezzò la schiena e si mise seduto sul letto al fianco del ragazzo che non accennava a svegliarsi.

Si chinò verso di lui fino a quando il suo viso fu a pochissimi centimetri da quello del corvino che spalancò all'improvviso i suoi enormi occhi da cerbiatto e fece spaventare il povero Jimin che si alzò immediatamente, talmente imbarazzato, che iniziò a parlare a vanvera, facendo scoppiare a ridere Kook provocandogli l'ennesima crisi di tosse che lo lasciò senza fiato.

Jimin corse subito in suo aiuto, lo fece sedere e gli diede dei piccoli colpetti alla schiena ponendogli poi un bicchiere d'acqua per cercare di calmare quella crisi.

"J-Jimin? Come stai? Che ti è successo? Ti sei fatto male?" Kook iniziò a tempestare Jimin di domande senza rendersi conto che quello che stava messo peggio non era di certo il moro.

"Stai chiedendo a me come sto, quando meno di cinque minuti fa stavi soffocando? Che ti è successo? Perché non ti sei curato? Hai ancora la febbre alta" lo sgridò mentre con la mano gli toccava la fronte maledettamente bollente "Hai preso le medicine?"

"Si, credo di si" confermò con un po' di incertezza, scombussolato sia dal fatto che stava male e sia dal fatto che Jimin era davanti ai suoi occhi, nella sua stanza e lo stava accarezzando. Quel ragazzo non ci stava capendo più niente, aveva anche pensato che fosse la febbre che gli stava provocando allucinazioni.

"Jimin...che ci fai qui? Non che non ti voglia, anzi. Ma mi sembrava di aver capito che non volevi avere niente a che fare con me...perché sei qui?" chiese schiettamente il moro.

"Io-io...mi dispiace. E' una storia lunga e molto personale, ma mi dispiace e ti chiedo scusa per averti giudicato in base alla tua professione e non alla tua persona" si mortificò, chinando il capo non riuscendo a guardarlo in faccia.

Jungkook si mise a sedere nel letto e fece segno a Jimin di raggiungerlo e di sedersi a fianco a lui.

"Jimin, qualunque sia la tua storia sono sicuro che quando sarai pronto e solo se vorrai, me ne potrai parlare liberamente. E' vero sono un giornalista, ma prima di questo sono un essere umano e se tu lo vorrai anche un amico. Non mischio mai il lavoro con la mia vita privata e anche se ci fosse qualcosa che ti potrebbe disturbare inerente al mio lavoro, stai certo che l'ultimo mio pensiero è farti del male" lo rassicurò il moro cercando di fargli capire che di lui si poteva fidare anche se era un giornalista, non sapeva molto di quello che era successo a Jimin, ma aveva intuito qualcosa ed era sicuro che c'entrasse il famoso scrittore che lui amava tanto, ma non era intenzionato a scavare nella vita di Jimin per un suo scopo lavorativo, aveva già detto al suo capo che cedeva a qualcun' altro l'articolo sullo scrittore fantasma, rischiando così la tanto attesa promozione. Ma non gli importava nulla, la sua etica morale e professionale era sempre la stessa che gli avevano insegnato i suoi genitori...mai scavalcare i sentimenti delle persone per uno scopo personale, soprattutto se questo voleva dire far del male agli amici e, anche se Jimin non lo conosceva così bene, per lui era davvero una persona importante fin dalla prima volta che i loro sguardi si erano incrociati.

"Grazie" riuscì solo a dire il corvino con le lacrime agli occhi.

Una storia da raccontareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora