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JUNGKOOK'S POV

"Unisciti all'organizzazione"

"-Se vuoi che lei resti ancora viva".

La voce di mio padre interruppe i miei pensieri, lasciandomi in una fase di orrore e stupore.

"C-COSA?" dissi ingoiando la saliva con un nodo nella gola. "Cosa intendi?"

"Mi hai sentito" fu la sua risposta, rivolgendomi un sorriso malvagio. "Sai esattamente cosa intendo".

"Lei non ha niente a che vedere con tutto ciò" dissi. La mai testa ardeva di rabbia. "Lasciala fuori!"

"Chi sei tu per dirmi cosa fare, ah?" ribatté lui, lanciandomi uno sguardo pericoloso. "Bene bene, allora...non pensarci. Vivi la tua dannata vita. Non devi iscriverti; ti porterai via solo un'altra vita, tutto qui. Non ti dispiace, vero? Adesso chiamo uno dei miei uomini per assassinarla" disse beffardamente, tirando fuori il telefono.

Gli strinsi il polso. Non poteva succedere. Ora sta prendendo Seon come pretesto per farmi unire in questa banda criminale. Qualunque cosa accada, anche se dovessi morire, la prima priorità è la sua sicurezza. Lo è sempre stata, sin dalla quarta elementare.

I miei ricordi tornarono per un attimo a Seoul, quando eravamo alle elementari. Era sempre nella mia mente. Ogni volta che la sorprendevo a guardarmi, il mio cuore ere in fermento, ma lei distoglieva lo sguardo, imbarazzata. La ricordo ancora alla festa di Halloween, al ballo, quando bevve troppe bevande gassate ed era un po' ubriaca oppure quando scivolò sulla pista da ballo, proprio di fronte a me...

Ricordo che il mio cuore si fermò nel momento in cui quasi cadde a terra prima di prenderla. Era e sarà sempre il mio primo amore e la mia prima priorità. Non avevo altra scelta che farlo. Anche se mi rovina, anche se inizierà ad odiarmi, anche se risulterò un assassino, anche se dovesse uccidermi. Non potevo rischiare la sua vita per niente. Non potevo dire se mio padre mentisse o no, ma anche se lo fosse, sapevo una verità che poteva effettivamente ucciderla, anche in questo momento, proprio davanti ai miei occhi, senza esitazione.

Dopo aver visto i suoi file di quegli spietati omicidi, non avevo fiducia in me nemmeno nel pensare che stesse scherzando.

Feci un respiro profondo mentre mio padre mi guardava in attesa.

"Va bene".

Vidi un sottile sorriso apparire sul suo viso, mentre lo dicevo. "Questo è mio figlio. Avresti dovuto dirlo prima senza fare tutto questo bordello, tutto sarebbe stato più facile."

"Ma ad una condizione." dissi stringendo i denti a quelle parole.

Le sue sopracciglia si strinsero e i suoi occhi si fecero sottili come delle fessure.

"Quale?" chiese.

"Devi tenere Seon fuori da questa storia e non puoi nemmeno torcerle un solo capello. Affare fatto?"

"Affare fatto." promise mio padre fermamente con mio sollievo.

"Ti rendi conto che la tua identità verrà derubata, i tuoi certificati di nascita bruciati e ovviamente la scuola scomparirà dalla tua vista perché verrà sostituito dall'addestramento del nostro clan e tutto il resto, giusto? No ci sarà traccia del fatto che tu sia mai nato..."

E non ci sarà traccia se mai dovessi morire. Le parole non dette mi si annodarono in gola.

"Sarai l'erede del nostro clan e dovresti esserne onorato. Sarai un vero leader criminale" continuò mio padre. "Tuttavia, c'è una piccola cosa di cui ti devo avvertire: una volta che mantieni il passo, non potrai mai fare un passo indietro e dovrai per forza farlo."

I miei occhi si spalancarono, mentre fissavo mio padre che nel frattempo si stava alzando la camicia, rivelando un segno nero, causato da una bruciatura, appena sotto la clavicola, proprio sopra il cuore.

"C-cos'è quello?" chiesi, facendo del mio meglio per nascondere il panico dalla mia voce.

"Questo qui è il simbolo che segna il primo passo della resistenza al dolore e alla lealtà del clan" disse orgoglioso mio padre, coprendolo ancora una volta con la camicia, nascondendolo alla vista di chiunque.

Deglutii a fatica. Se quello era il primo passo per resistere al dolore, non volevo nemmeno pesare agli altri livelli di tortura.

"Non preoccuparti, lo avrei anche tu una volta che saremo lì. Ora preparati".

************************

Ero seduto sul sedile anteriore della Maserati nera di mio padre, mentre attraversavamo le strade a tutta velocità. Non sapevo a cosa sarei andato incontro, ma non avevo tempo per rimpiangere la mia decisione; almeno Seon adesso era al sicuro.

Guardai fuori dai finestrini dell'auto, mentre mio padre correva, accelerando incredibilmente sulla strada. Sapevo che stava infrangendo i limiti di velocità, ma lui continuava a sterzare e a voltarsi rapidamente al volante.

Ovviamente non gli importava se la polizia stradale lo avesse beccato, avrebbero solo rintracciato la targa, che in questa macchina veniva sempre cambiata con numeri diversi ogni volta in un batter d'occhio, solo premendo un pulsante. C'erano così tante altre caratteristiche nascoste sotto questa macchina nera e ho decido di non menzionare l'enorme lista che mio padre mi aveva menzionato pochi minuti fa.

"3 chilometri alla tua destinazione" ronzava monotona la voce della signora nello speciale sistema di navigazione.

"Sei arrivato a destinazione, conferma la tua identità". La voce fece eco di nuovo in pochi secondi e lo fissai. Non stavo prestando attenzione all'ambiente circonstante, poiché stavo fissando lo schermo dell'ologramma in macchina, ma quando ci fermammo bruscamente, mi guardai intorno e capii che era buio pesto.

"Dove siamo?" chiesi a mio padre che premette delicatamente la sua impronta digitale sullo schermo, che emise di nuovo un segnale acustico che disse: "Identità confermata" e cancellò la sua impronta con un fazzoletto in silenzio.

"Scendi, è il nostro quartiere generale" disse scendendo dall'auto. Seguii le sue indicazioni e chiusi la porta dietro di me, sbattendo le palpebre nell'oscurità.

"Perché non ci sono luci?" chiesi. La mia curiosità mi precedeva.

"Jeongguk, per favore, chiudi la bocca e taci senza fare tante domande." ringhiò e io immediatamente contrassi le labbra. Non mi chiamava più Jeongguk da molto tempo.

Quando i mie occhi si abituarono all'oscurità, vidi mio padre a pochi passi di distanza, in piedi davanti a un muro bianco. Mi avvicinai a lui in silenzio.

"Per favore, conferma la tua identità" sentii una voce robotica dalla direzione del muro e su di essa apparve un piccolo contorno di un cerchio. Vidi mio padre verificare la sua impronta digitale e anche scansionare i suoi occhi per avere conferma e la voce parlò ancora una volta. "Autorizzazione riuscita, accesso connesso" e all'improvviso i mattoni suoi muri sembravano svanire, materializzando un'entrata che prima non c'era.

"Wow" mi dissi, impressionato. E quell'impressione venne spezzata via quando ricordai quali terrori mi aspettavano.

Mio padre si avvicinò sulla porta e questo lo lasciò passare. Digitò alcuni pulsanti su una tastiera sul muro che non avevo notato prima e la voce robotica tornò. "Confermare l'accesso di una persona non autorizzata?" Premette un altro tasto e l'accento monotono rispose: "Accesso confermato".

Mi ci è voluto un momento per rendermi conto che la persona non autorizzata a cui stava concedendo l'accesso ero io.

Lo seguii ancora una volta senza proferire parola ed entrai nell'inferno.

Lost | k.t.h [Italian Translation]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora