5.

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Un tonfo mi svegliò, facendomi sobbalzare. La porta della mia camera era aperta e una sagoma nera era stesa sul pavimento. Accesi la luce della lampada e mi rilassai quando notai che era Dylan. Mi alzai dal letto e mi avvicinai.

- Dylan? Ma che ti prende? - era svenuto? Stava male? Si alzò e mi fece un sorriso stupido. No, solo ubriaco!

- Lasciami qui. Dylan vuole dormire qui. Dylan O'Brien vuole dormire qui. - continuava a dire. Alzai gli occhi al cielo e lo tirai su da terra.

- Mi piacerebbe molto lasciarti dormire sul pavimento come i cani, ma è camera mia! - lo trascinai fino alla porta della sua stanza, la aprii e camminai nel buio cercando il letto. Lo trovai non appena il mio ginocchio ci sbatté contro. Imprecai nel silenzio di quella stanza.

- Dylan, ora dormi. -

Feci per andarmene a dormire quando mi chiamò ancora. - Che vuoi? - nella poca luce della stanza lo vidi sporgersi dal letto e vomintare sul pavimento. Lo sentii gemere e continuare a buttar fuori l'anima. E fu così che mi ritrovai a pulire il pavimento dove Dylan aveva sporcato. - Mi dispiace... - continuava a dire. Quando ebbi finito spensi la luce e me ne andai a dormire, per quelle poche ore che mi rimanevano.

Due ore dopo la sveglia suonò e con fatica mi alzai dal letto. Mi stiracchiai e andai a fare colazione.

- Abi! Buon giorno! - mia madre mi abbracciò e mi accarezzò la schiena. La tazza fumante di latte era appoggiata sul bancone di marmo con vicino una brioche. La ringraziai e iniziai a mangiare mentre messaggiavo con Clare.

Clare: ahaha non ci credo! Solo a te possono accadere cose così!

Disse riferendosi all'episodio delle quattro del mattino con Dylan.

Io: lo so! Guarda non ne parliamo!

Clare: beh magari te lo sei fatto amico...

Ci pensai. Clare non aveva tutti i torti. Magari dopo averlo aiutato avrebbe cercato di fare il carino, mi avrebbe ringraziato o stretto la mano...

Io: speriamo!

Sospirai e finii di bere il mio latte. Alla fine mi rifugiai di nuovo in camera a leggere.

Mi stesi a pancia in giù sul letto, con la testa rivolta verso la porta e i piedi sul cuscino.

Dopo qualche pagina vidi Dylan entrare e abbassai lo sguardo quando vidi che aveva solo un asciugamano che gli circondava la vita. Alzandolo ancora notai che aveva le goccioline di acqua sul petto abbronzato che scendevano spinte dalla gravità, i capelli scompigliati e un sorrisetto compiaciuto sul viso. Aveva una scatola di cereali in mano da dove ne prendeva alcune manciate e se le portava alla bocca. Ritornai con gli occhi sul libro, cercando di evitarlo.

- Vuoi? - si era avvicinato e delle gocce di acqua caddero sulle pagine.

- No, grazie. - dissi tamponandole con la manica della maglia.

- Problemi? - mi disse senza spostarsi e continuando a bagnare il libro. Lo chiusi con forza e gli lanciai uno sguardo di odio.

- Hai voglia di andartene e lasciarmi da sola? - alzò le mani e indietreggiò, alla fine entrò in camera sua. Ecco che saliva, stava salendo quel senso di colpa che tanto odiavo! Alzando gli occhi, mi diressi verso la sua porta e bussai.

- Scusami Dylan! - lui aprì la porta. Ora era in boxer. Il suo petto era decorato con tanti nei che partivano dal collo e continuavano per una buona parte del busto.

- Per cosa? -

- Io... per prima... -

- Beh, okay. Ora vedi di sparire. - mi sbatté la porta in faccia lasciandomi lì, come una cretina a capire se l'avesse fatto veramente.

No, non ce la potevo fare! Tre mesi con un individuo del genere?

Bussai di nuovo, ma questa volta con più forza. Lui aprì la porta e mi rivolse uno sguardo interrogativo.

- Ma si può sapere che problemi hai? Sei stronzo per natura o lo fai? -

- No, penso proprio di esserlo... - disse fingendo di pensarci su.

- Beh, vedi di cambiare perché se no tre mesi qui non li faccio. -

- E togliermi tutto il divertimento? Nah...! - si diresse verso il letto e si infilò la maglietta rossa che vi era appoggiata.

- Ma tu ti ricordi che cosa ho fatto alle quattro del mattino? - chiesi, questa volta con più calma.

- Sì. - aspettai quel grazie che non arrivò mai.

- No, ma prego. Alla fine ho solo raccolto il tuo vomito! - dissi, di nuovo arrabbiata.

- É proprio qui che hai sbagliato. La prossima volta fatti i fatti tuoi. Io non ho bisogno della pietà di nessuno! E soprattutto di nessun aiuto. - ma che problemi aveva?

- Va bene. Buona discesa nella solitudine allora. - dissi chiudendo forte la porta.

Volevo solo piangere dalla rabbia e strappargli quel sorriso dalla faccia. Non potevo stare tre mesi chiusa in casa e soffrire solo per un individuo del genere! Decisi di andare a fare un giro della casa. Scesi le scale che portavano all'esterno e arrivai in cortile. Mi misi le cuffie e feci partire la canzone di Enrique Iglesias " heart attack " e girai la casa. Era sorprendentemente grande ed estremamente bella. Mi sedetti sul dondolo verde e rimasi a fissare le onde che si infrangevano sulla spiaggia, bagnandola.

Il telefono suonò, interrompendo la canzone a metà.

- Pronto? -

- Ehy, Abi? Stai bene? - Ethan dall'altro capo del telefono stava leggermente urlando. Si sentivano delle persone parlare italiano.

- Si, tu? - chiesi sorridendo. Ethan mentre parlava si interrompeva alcune volte per parlare con i suoi parenti che continuavano a urlare, voci di bambini che ridevano e di adulti che discutevano ad alta voce.

- Si si tutto bene, scusa sono i miei cugini! -

- Ciao Abi. Sono Aidan. - si sentì di colpo la voce di Aidan che mi salutava e immaginai la faccia frustrata di Ethan, visto che essere interrotto era una cosa che non sopportava.

Risi a tutto quel meraviglioso fracasso.

- Ciao. - ricambiai il saluto.

- Senti è stata una brutta idea chiamarti ora. Ti chiamo sta sera, va bene? -

- Certo. - dissi anche se un nodo si formò vicino al cuore. Sentii fitte di dolore intenso e un buco mi si formò allo stomaco. Le lacrime mi scivolarono calde lungo le guance e sciolsero il nodo.

- Bene, a sta sera. Ciao. -

Attaccai e mi abbandonai ad un pianto di nostalgia. Era veramente triste stare rinchiusa in quella casa, senza amici e con un ragazzo che mi odiava per chi sa quale strano motivo.

La domanda che mi sfiorava la mente in quel momento era se sarei resistita tre mesi senza fare niente, in quella " vacanza ".

Poi ebbi un' idea. Un'idea geniale. Avevo bisogno di un lavoro.

ANGOLO SCRITTRICE.

Ed ecco la fine del quinto capitolo, sì lo so che la storia non vi ha ancora preso... ma prometto che farò di tutto per migliorarla.
Bene, che posso dire? Visualizzate e commentate.
Con affetto,
Baptivi.

Mille baci sotto il sole | Dylan O'Brien |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora