R (= rivisitato ).
Si dice che ognuno ha un'anima gemella, ma ogni volta che ci pensavo riuscivo solo a ridere e scuotere la testa.
Tutte quelle ragazze che si illudono, che scrivono storie con la mente, che credono nel primo amore o nel "per sempre" mi fanno solo ridere.
Le persone non riescono a evitare di soffrire, di farsi male. Ci sono due modi di finire con la testa sul cuscino e le lacrime che ti rigano il viso: o fai una cazzata e perdi le persone a cui tieni, o le persone fanno una cazzata che ti spezza il cuore. Come fare per evitare tutto questo? Come fare per evitare quei momenti in cui giri per casa, in modalità zombie in ciabatte, trucco sbavato, puzzolente e riesci solo a sdraiarti sul divano con un barattolo di gelato in mano? Non si sa.
Io stavo cercando di scoprirlo.
Avevo sofferto abbastanza, avevo deciso di smettere di incasinarmi la testa con film inutili, con sogni e desideri.
Avevo diciott'anni e il mio piano era quello di concentrarmi solo sullo studio, finire il liceo e andare all'università. Avevo basato tutta la mia vita sul futuro, sullo studio e i miei voti lo dimostravano. Ero la tipica ragazza chinata sui libri di scuola, intenta a rivisitare gli appunti e ricopiarli per averli in ordine. Non mi ero mai concessa molte distrazioni, ma ultimamente stavo considerando la mia storia, o per meglio dire ex storia con un ragazzo di nome George, una di queste.
Avevo smesso di soffrire, di piangere. Un ragazzo non mi avrebbe dato un lavoro, lo studio sì.
Mia madre non capiva per quale motivo io ero così severa con me stessa, lei credeva nell'amore e come darle torto? Mio padre l'aveva conosciuto a sedici anni e da lì non si erano mai lasciati: dieci anni di fidanzamento e vent'anni di matrimonio ed erano ancora innamorati come ragazzini.
Ma sapevo che io non avrei mai avuto quella botta di fortuna. Niente storie del cavolo per me, niente distrazioni. Lo considerate banale? Impossibile? Non mi importava.
Mi rifiutavo di dare il mio cuore a persone che me lo avrebbero solo frantumato, una seconda volta.
Ritornai alla realtà. Mi tolsi le cuffie dopo che la playlist dei miei gruppi preferiti fu terminata. Spegnendo il mio IPod, mi accorsi che era caldo da quanto lo avevo usato, in effetti ero rimasta ore attaccata al quell'affare come se fosse il mio stesso ossigeno, il che da una parte era vero: la musica era il mio ossigeno.
Scesi dal letto e mi infilai i pantaloncini, una canotta bianca e una camicia nera. Mi slegai i capelli biondi che mi arrivavano alle spalle e mi guardai allo specchio. Dopo aver fatto una smorfia di disgusto palesemente inutile uscii dalla stanza e scesi le scale. Non mi trovavo brutta, ma ultimamente il mio umore era basso e la mia autostima, sotto i piedi.
In effetti il mio fisico non mi creava problemi, ma poco importava.
- Mamma dove sei? - urlai cercandola.
- Sono in salotto. - la trovai a fare su le cornici con la carta di giornale.
- Ma ci dobbiamo per forza andare? Lì non conosco nessuno. - mi lamentai sedendomi su una sedia.
Odiavo quando mia madre era così determinata in una cosa.
Mi fulminò con lo sguardo prima di mettere una statuetta coperta di fogli di giornali in uno scatolone. - Abigail, te l'ho già detto: sono i tuoi zii, conoscerai la sorella di tuo padre. - mi cantilenò per la ventesima volta più o meno.
Ma proprio non capiva che non mi importava della sorella di mio padre?
- Si mamma, ma Clary mi aveva invitato alla capanna dei suoi al fiume... - tentai di nuovo, iniziando a giocare con i buchi che si erano creati con il tempo nel grande tavolo di legno.
- Senti, tu ci verrai. Punto. - chiuse lo scatolone e ci scrisse sopra " Sala " con un pennarello indelebile. Sbuffai, mi strinsi nella sedia per appoggiare una gamba su quest'ultima e tirai fuori il cellulare.Io: No, Clary non posso. I miei vogliono che vada con loro... che palle!
Lo inviai e appoggiai la testa sul ginocchio. Non mi andava di andare dai miei zii mai incontrati.
A quanto mi aveva detto papà, avevano una villetta al mare accogliente ed enorme, per tre mesi era andato avanti a dire: " Ti divertirai Scricciolo. " e " Tuo cugino Isaac è simpatico! ", ma per me poteva anche essere Obama, non mi importava, io quell' Isaac non lo conoscevo.
Perché non potevano farmi fare quello che volevo? Insomma avevo quasi diciott'anni e oramai volevo essere indipendente.
Il campanello suonò e catturò la nostra attenzione.
- Vai a vedere chi è, Abigail? - chiese mia madre mentre sorrideva a una foto di me in mutande e con un dito in bocca, intenta a sorridere alla fotocamera.
Mi alzai svogliatamente e ritirai il cellulare nella tasca anteriore dei pantaloncini.
Guardai dallo spioncino e il viso di Aaron sorridente dietro la porta mi sorprese un poco. Sorrisi e la aprii.
- Ma che ci fai qui? - chiesi mentre spostavo il viso di lato per permettergli di lasciarmi un bacio caldo sulla guancia.
- Sono passato a salutare, parto domani. - disse scostandosi.
- Davvero? Vai sempre in Italia giusto? -
Si sistemò il ciuffo moro e annuì. - Si, in Sicilia. - i suoi genitori erano di origine italiane e ogni estate andava in Italia a trovare i parenti e lui sfruttava il tempo per spassarsela con varie italiane.
- Bene, bene. Allora salutami i tuoi bellissimi fratelli e... -
- Sbaglio o ha detto che siamo bellissimi, Ethan? -
- Oh si, l'ha detto Aidan! - i due gemelli spuntarono da dietro le mie spalle. Erano uno più bello dell'altro e a stento riuscivi a riconoscerli, tranne per il fatto che Ethan aveva la mascella più marcata e il tono di voce più basso.
Sorrisi e li abbracciai entrambi.
Li conoscevo da quando avevo cinque o sei anni, a quei tempi si erano trasferiti nella casa vicino alla mia e avevamo fatto amicizia perché una loro palla era finita nel mio giardino.
- E voi come siete entrati? - chiesi poco stupita, Ethan indicò con il pollice un punto qualsiasi dietro le sue spalle.
- Dalla porta sul retro. - sorrisi e portai gli occhi al cielo.
- E voi cosa fate? I tuoi ti obbligano ad andare ancora con loro? - Aaron continuò la conversazione di prima.
Mi appoggiai allo stipite della porta.
- A quanto pare - sbuffai e mi guardai i piedi. - Ma non ne ho voglia. - borbottai.
Ethan sorrise e mi mise un braccio sulle spalle avvicinandomi a sé. Mi baciò il capo.
- Abi, ci vedremo tra tre mesi e poi lo sai che noi ci siamo sempre per te! - sorrisi e chiudendo gli occhi annuii. Quei tre mi avevano sempre protetta, in varie situazioni: quando litigavo con i miei genitori, quando combinavo qualche genere di casino con la mia ex relazione; erano anche stati disposti a picchiare per proteggermi. Era una fortuna avere quei tre ragazzi nella mia vita. Quei tre fratelloni.
- E con George? - Aaron mi riportò alla realtà con quella domanda.
- Non si é fatto più vedere. - scrollai le spalle un po' dispiaciuta. Aaron sorrise e mi accarezzò la testa.
- Meno male! - il rumore del clacson suonò nel silenzio del quartiere. Era Tatiana, la madre dei fratelli.
- Va beh, dobbiamo andare ragazza! Ci sentiamo, okay? -
Disse il più grande di un anno, chiamando i suoi fratelli con un cenno della testa.
Sorrisi e annuii.
Ogni anno era così, quando partivano il mio stomaco iniziava a contorcersi.
Uscirono dopo avermi baciata e abbracciata.
Salutai con la mano la mamma dei ragazzi e mi trascinai di nuovo in salotto dove ritrovai mia mamma che stava chiudendo un altro scatolone pieno di oggetti. Segnò con il pennarello nero la stessa parola di prima su un lato della scatola e la portò vicino alle altre.
Sospirai e andai in camera a fare la valigia.
Presi libri, vestiti, scarpe e quaderni.
Mi persi nel ritrovo di vecchi scarabocchi che avevo scritto con Clary, la mia migliore amica dai tempi del liceo.
Quella ragazza era una ragazza splendida: capelli castani, lisci e lunghi che le incorniciavano il viso e le arrivavano sotto il seno, degli occhi castani con velature di grigio erano accompagnati da labbra piene e rosee.
Non sono mai stata gelosa della mia migliore amica, lei aveva un carattere e io un altro: io ero concentrata sullo studio e sudavo per prendermi i voti che prendevo e lei invece ci riusciva senza problemi, non aveva difficoltà a capire le cose e io di questo non riuscivo a darmi spiegazioni, ma non sarei riuscita a sopportare di avere una vita facile come l'ha avuta lei.
Mi preparai mentalmente per la partenza e mi feci sfuggire un gemito quando vidi che erano le cinque di sera e che tra sedici ore serie dovuta partire verso la mia disperazione.ANGOLO SCRITTRICE:
Ciao ragazze, sì sono tornata alla carica con un'altra storiella... l'inizio non é niente di che, lo so. Ma mi rifarò lo prometto. Vi ringrazio ancora mille per i commenti, i like e le numerose visualizzazioni.
Con affetto
Baptivi.
STAI LEGGENDO
Mille baci sotto il sole | Dylan O'Brien |
RomanceAbigail, una ragazza acqua e sapone e molto cocciuta, è costretta ad andare in vacanza nella casa dei suoi zii da lei sconosciuti. Non ne è molto felice dato che non conosce nessuno, ma presto le cose cambieranno perché in quella casa non c'è solo...