28 (seconda parte)

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Dylan mi stava guardando con i suoi soliti occhi amari, mi guardava la camicetta quasi completamente sbottonata e il mio reggiseno rosa. Mi sentivo apprezzata e il suo petto nudo mi creva un particolare pizzicorio allo stomaco. Essere stesa sul letto con Dylan sopra mi faceva sentire bene e avevo un ansia addosso, ma in qualche modo sapevo come fare, come se l'avessi fatto più volte, come se avessi già perso la mia verginità.
Si stese completamente su di me e iniziò a lasciarmi una striscia di baci umidi sul mio collo nudo.
- Sei pronta? - la sua voce nel mio orecchio mi fece arrivare vibrazioni di piacere in tutto il corpo. Le sue mani scesero sulle mie cosce, poi il viso di Dylan cambiò, il corpo era il suo e anche la voce, ma il viso era di Mitch. Non avevo le forze per ribellarmi, volevo spingerlo via e invece gli permisi di togliermi il reggiseno.
Lacrime di odio mi scesero dal viso e lo rigarono timidamente.
Poi, finalmente mi svegliai. Le lacrime bagnavano ancora il mio viso, ma la causa non era Mitch, erano fredde e sapevo che avevo pianto perché Dylan non era più con me. Era da nove mesi che facevo questo sogno, sempre lo stesso e avevo timore di raccontarlo al mio ragazzo, perché sapevo che non avrebbe capito. Più che altro lo immaginavo.Quel sogno ogni volta mi faceva piangere perché avrei voluto ancora quelle braccia avvolte su di me, che mi proteggevano e invece per nove fottuti mesi il mio letto era rimasto freddo, come l'erba di prima mattina.
Pochi giorni dopo il mio risveglio fu al dir poco... come definirlo? Sorprendente? Era il mio compleanno e i miei erano entrati con una tortina in mano e una candelina conficcata sopra. Ma, sinceramente, era da un anno che ci stavo male, volevo vedere Dylan. Sapete quel vuoto che ti riempie il cuore? Quel vuoto orribile e stancante che ogni volta ti fa venir voglia di urlare, di piangere, di mandare tutto a cagare solo per far sì che quel vuoto si riempi di qualcosa. Odiavo piangere. Ma da quando avevo lasciato Dylan era diventata un'abitudine. Lo odiavo, perché ogni volta che ci sentivamo, fingevamo che fosse tutto a posto anche se, invece, non era così, perché entrambi stavamo soffrendo come due cani. Ma la sua voce mi consolava, mi faceva credere che ogni volta lui era lì, solo per me. Aaron quasi mi odiava per come stavo vivendo questa separazione, diceva che non mi aveva mai visto così fragile e aveva preso in odio Dylan e questo non fa che farmi infuriare. I miei gemellini preferiti, invece, sono sempre i soliti cretini che mi prendono in giro.
- Dylan... Dylan dove sei? Voglio un po' della tua zucchina! - dicevano in coro ogni volta in mensa. Ah, ma non mi fraintendete... io ho passato un anno bellissimo, come al solito. Ma vedete, quando quella mattina di inverno i miei mi hanno comunicato che quell'estate noi non saremmo potuti salire dagli zii, beh è da quel giorno che mi si è formato il vuoto di cui vi parlavo prima. La prima cosa che ho fatto, subito dopo esser corsa al piano di sopra è stata quella di chiamare, in lacrime, Dylan e di comunicargli la mia frustrazion- oh mio dio, Aaron aveva ragione! Ero diventata una di quelle ragazze che dicono che senza ragazzo non sono nessuno. In qualche modo quel vuoto si riempì, forse era coraggio, forse era orgoglio. In qualche modo io riuscii ad alzarmi dal letto, quella mattina del mio diciottesimo compleanno, e soffiare quella candelina. Non fu un compleanno particolare: regali, auguri, regali, soldi, regali e auguri, insomma la solita solfa. Comunque riuscii a finire l'ultimo mese di scuola senza piangermi addosso ( cosa che avevo fatto per tutti gli altri mesi scolastici, sia chiaro ).
Ma il secondo giorno di vacanza mi ritrovai sul divano, già annoiata come mai, aspettando che qualcosa accadesse, che un'idea mi sfiorasse la mente. Sapevo di assomigliare ad un cane annoiato, sapete quando si guardano intorno e spostano gli occhi per vedere se vuoi fare qualcosa con lui e a ogni tuo movimento alza la testa, ma poi la riabbassa deluso. Ed io ero così, ero annoiata e osservavo mia madre mentre si muoveva in cucina.
E in più quel tardo pomeriggio avevo litigato con Clary. Mi aveva detto che ero cambiata, che non mi vedeva più come prima, che quel ragazzo mi aveva cambiata in peggio. Ma io sapevo che Dylan mi aveva solo migliorata e Clary doveva solo stare zitta se non voleva che le spaccassi la faccia. Sì questo l'ho solo pensato.
- Tu non puoi parlare senza neanche conoscerlo. - le avevo risposto con le lacrime agli occhi.
- No, ma conosco te. Anzi conoscevo. Guardati, stai piangendo solo perché ti sto dicendo la verità. -
- Ti non mi conosci affatto. Se no sapresti che lotterei con le unghie e con i denti per difendere una persona o una cosa che amo. - con questo me ne andai dal portico, lasciandola sola.
Mia madre mi si piombò davanti con i pugni appoggiati sui fianchi. Da quando eravamo ritornati a casa mia madre era ingrassata un po' ma era sempre bella come un fiore.
- Allora? Cosa intendi fare? Passerai tutta la vacanza così? -
- Potrebbe essere. - risposi, borbottando.
- Okay, Abigail, volevo aspettare fino a sta sera, ma te lo devo proprio mostrare... Puoi entrare. - dalla porta entrò lui. Aveva le mani nelle tasche e la testa piegata leggermente.
- Sorpresa... - disse Dylan, sorridendo.
Mi alzai dal divano e mi buttai sul ragazzo che mi strinse forte.
- Cosa ci fai qui? Io pensavo che tu avessi il lavoro e non potessi venire... - Rise tra i miei capelli. - Veramente dovevo essere qua per il tuo compleanno, ma... ho avuto degli imprevisti. -
- Ciao Dylan. - lo salutò con la mano mia madre. - Hai bisogno una mano con le valigie? -
- Valigie? Ma non avevi il lavoro? -
- Mia madre mi ha lasciato andare a condizione che trovi un lavoro qui. E no, grazie Signora, non ho molto. - rivolgendosi a mia madre.
- Bene, la camera degli ospiti è pronta e ti prego di... rispettare lo spazio... - oh cazzo... voleva fare quel discorso? A Dylan? Merda.
- Sì, mamma magari glielo potrai dire sta sera a cena. Ah, a proposito sta sera dovrebbero esserci anche Aaron, Aidan, Ethan e Clary... ciao. -
Presi Dylan per la mano e lo trascinai su per le scale, mentre lui farfugliava un: a dopo Signora.
Entrammo in camera e chiusi la porta. - Perché chiami mia madre, Signora? Se ti vuoi guadagnare la sua simpatia, non è così che devi fare e poi non ne hai proprio bisogno... -
- Io, no... io ho dimenticato il suo nome... Lo so, faccio schifo. -
Risi e mi avvicinai. - Linzie. -
- Okay, me lo ricorderò. Senti, pensi che ti potrò baciare oppure Mitch salterà fuori da qualche parte? -
- Non mi ricordare quel cretino... - sorrise e mi sfiorò il collo con la mano, spostandomi i capelli, chiuse gli occhi e di conseguenza li chiusi anche io mentre le nostre labbra si avvicinavano sempre più.
Poi bussarono alla porta. Cazzo!
Mi allontanai da lui. - Avanti. -
Clary entrò nella stanza. - Senti, Abi, mi dispiace davvero per quello che ti ho detto prima, ma quel Dylan a me non piace per n- E quello chi é? - chiese indicandolo.
Risi. - Dylan, Clary. Clary... Dylan. -
- Waw. Ammetto che sei più bello di come mi ero immaginato...- esclamò osservandolo e io non potei evitare di portarmi una mano sulla fronte, palesemente imbarazzata.

ANGOLO SCRITTICE:
CIAOOO PICCOLE CRICETINE ALLA FRAGOLA. Come vaaa? Io... non lo so, non sono molto sicura di come andare avanti, ma vedrò di fare del mio meglio ihih, fatemi sapere cosa vi aspettate. ORA È TUTTA UN'ALTRA STORIA! Pronte a un altro viaggio insieme?
Bene. Commentate se volete.
Con tantissimissimo affetto,
Baptivi.

Mille baci sotto il sole | Dylan O'Brien |Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora