56 - Capitolo 33

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E così sono qui,

in piedi di fronte a tutti.

Vedo volti eccitati,

cosa accadrà?

( il Bardo Mendicante)

Erano diverse notti che Astoria non dormiva tanto profondamente. Quando aprì gli occhi era del tutto riposata e l'effetto della pozione che aveva assunto per dormire un sonno senza sogni era svanito, lasciando spazio alle preoccupazioni sorte la sera precedente e alle conseguenti riflessioni.

«Non preoccuparti.» Clivia era già in piedi e aveva aperto gli scuri. La luce tenue del primo mattino invase la stanza, accompagnata dall'aria fredda e umida lasciata in eredità dalla notte di pioggia.

«Di cosa non dovrei preoccuparmi?» Si mise seduta e allungò le braccia in avanti, intrecciando le dita e facendo schioccare le articolazioni.

«Di tutto.» Era intenta a raccogliere i pochi bagagli che avevano con loro. «Sofia sa il fatto suo, dobbiamo ammetterlo» continuò senza fermarsi. «Ci ha dato prova delle sue capacità e non vedo perché non dovremmo accettare il suo aiuto.»

Astoria infilò gli stivali e il corpetto di cuoio, seguendo con lo sguardo l'amica. Parlava, ma evitava di fermarsi e di guardarla. Si alzò e le prese la mano, costringendola a lasciare la sacca che stava spostando da una posizione all'altra. «Ci ha proposto qualcosa di molto serio, però. E tu non hai detto chiaramente che sei d'accordo.»

Clivia ritirò la mano e puntò gli occhi blu, affilati, nei suoi. «Tanto per esser chiari» fece un passo indietro, «Sofia ci ha proposto di accogliere dentro di noi parte di lei. Perché è questo che faremo bevendo la pozione che sta preparando. E le nostre armi, le mie lame, porteranno il suo marchio per sempre. Devo ricordarti chi è e chi rappresenta?»

«Non è necessario, ma non abbiamo alternative.»

«Lorcan l'ha trovata.»

Astoria sospirò. «Pensi che tornerà?»

Clivia guardò fuori dalla finestra. «Sì, da me tornerà. Non so quando, ma lo farà. Però» si voltò verso di lei, «però non so se ci seguirà.» Si avvicinò al letto e tirò le lenzuola, restando a fissarle. «Tornerà, lo so.» Rimase un attimo in silenzio, a testa bassa. «E accetterò l'aiuto di Sofia. Non posso permettere che quella creatura devasti la brughiera.»

Astoria annuì. Era anche il suo pensiero, solo che la decisione, per lei, era stata più rapida e priva di rimorsi. E, ancora una volta, provava invidia per Sofia e le sue conoscenze. Chissà se, una volta terminata la sua missione, potrà restare un po' con me.

Bussarono alla porta. Era Eric, da solo. E lo sguardo corse verso Clivia, che strinse le labbra e si mise a sedere sul letto.

«Lorcan è tornato a dormire» disse Eric poggiando lo spadone al muro. «Non è andato via, ma ha detto che non avrebbe messo piede né in questa stanza, né nella locanda fino a questa sera.» Scosse la testa. «Ci seguirà, ma senza usare la pozione di Sofia. Ha borbottato qualcosa sulle sue preghiere ed è uscito.»

Astoria sorrise, sentendo il cuore più leggero, e si voltò verso Clivia: l'ombra di un sorriso incurvò le sue labbra in maniera quasi impercettibile. Non lo avevano perso, dopotutto.

«Tu, invece, subito hai accettato. Sei sicuro di aver capito cosa dovrà fare Sofia?» Andò a sedersi anche lei sul letto, vicino all'amica.

«Certo che l'ho capito. Però so anche che quel demone, quella cosa, non può restare libero di girare e uccidere le persone. Sbaglio?»

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