Tutto accade per un motivo
e, dentro di te, ne conosci le cause .
Accettale, ed esse ti faranno meno male.
(Sorelai Fenir)
Sofia aprì gli occhi. Il soffitto della stanza era di pietra, attraversato da spesse travi di legno. Strinse le palpebre. C'era qualcosa di strano in ciò che stava osservando. Girò la testa verso la fonte della luce e vide la finestra aperta: pesanti tende ondeggiavano, lasciando entrare quel poco di sole che le permetteva di distinguere i particolari.
Provò a sedersi, ma non riusciva a raccogliere le forze. Non si sentiva debole, semplicemente non aveva la forza di farlo. Riuscì, però, a voltarsi su un fianco. Il letto era abbastanza largo da permetterglielo, morbido e accogliente.
Ma cosa succede?
Tornò sulla schiena. Gli ultimi ricordi che aveva erano quelli legati al sogno appena fatto. Era in piazza con sua madre e tanta altra gente di cui non riusciva a ricordare i volti. Si coprì gli occhi con il braccio e qualcosa le passò sul viso. Alzò la mano e vide una manica, bianca e larga, scivolarle fino al gomito. L'aria della stanza era fresca e piacevole e c'era un buon odore di lavanda.
Dove sono?
Strinse i gomiti vicino al corpo, spingendoli contro il letto, e riuscì a sollevare le spalle.
C'era una porta, alla sua sinistra, chiusa. E le tornarono in mente tutte quelle porte che aveva visto in sogno: quella che l'aveva condotta all'interno della chiesa, quella che dava sulle scale a chiocciola e quelle che si trovavano ai lati del corridoio. L'ultima cosa che ricordava di aver visto era proprio un lungo corridoio con un tappeto rosso. E in fondo, cosa c'era? Strinse gli occhi spostandoli verso destra, dove c'era la finestra. C'era una finestra, lo ricordo bene. E poi... Li vide come se fossero stati presenti proprio davanti a lei: due occhi rossi, dalle pupille nere, strette e verticali. Sbatté le palpebre e sparirono, ma qualcosa, nel più profondo del suo essere, si agitò. Non era un sogno. Era un incubo.
Si lasciò andare sul cuscino fissando le travi del soffitto. Un alito di vento le portò l'odore salmastro del mare.
Sapeva molte cose, Sofia. Conosceva il suo nome, il legno, la pietra, il sole e l'aria. Riconosceva l'odore della lavanda e sapeva che qualcuno si era preso cura di lavare la coperta. E il mare, sapeva che amava il mare, il suo odore, la sua voce e il riverbero che il sole provocava sulla sua superficie.
Mi sfugge qualcosa.
Ricordava il viso di sua madre; era l'unico che riusciva a vedere chiaro nella sua mente: un volto dalla pelle abituata ai raggi del sole, appena dorato. I capelli neri e ricci, lunghi oltre le spalle. Gli occhi scuri e sempre tristi. Le labbra morbide e che sorridevano di rado.
E poi?
Poi non c'era nulla.
Che mi sta succedendo?
Distingueva molto bene la realtà dall'incubo. Sapeva che quella piazza, quella chiesa e anche le persone erano solo frutto della sua mente, non erano reali.
Mamma. Strinse gli occhi, cercando di riportare alla mente qualche particolare della sua vita. Dove sei? Spostò lo sguardo lungo le pareti della stanza. Dove sono?
Uno scatto improvviso, proveniente dalla porta, le fece balzare il cuore in gola e Sofia si nascose sotto la coperta, tirandola al di sopra della testa e stringendola con tutte le sue forze. Trattenne il fiato.
STAI LEGGENDO
Rosso Sangue [COMPLETA]
FantasyRosso: il colore del sangue, dei suoi capelli e degli occhi che la perseguitano. Nero: il colore delle tenebre che avvolgono i suoi incubi, quello delle notti senza luna nelle quali un antico Ordine officiava i suoi riti più potenti. Mentre i demo...