Sofia era immobile nel suo letto. La luce rossastra dell'illuminazione proveniente dalla strada rendeva i contorni degli oggetti più grandi di quello che erano in realtà, falsandone anche i colori. Ed era così che si sentiva: una specie di simulacro grottesco, pallida imitazione di ciò che era stata.
Non riuscì a capire quanto tempo mancasse all'alba, ma dalla strada non provenivano rumori e le sue amiche dormivano.
Chiuse gli occhi. Il sigillo era ancora lì, ma la luce che lo aveva sempre illuminato era confinata al centro di ognuna delle due parti in cui si stava spezzando. Viola e debole, pulsava con lentezza, come fosse una creatura morente, intenta a esalare gli ultimi respiri di un'esistenza a cui non voleva rinunciare.
Strinse le palpebre prima di riaprirle. Aveva bisogno di aria, di libertà e le pareti di quella stanza sembravano stringersi intorno a lei, rinchiudendo in uno spazio angusto tutto quello che stava provando.
Con un senso di nausea che le rendeva la bocca amara, si alzò e raccolse gli stivali. Raggiunse la porta e si fermò con una mano sulla maniglia. Clivia e Astoria non si mossero, né accennarono nulla, sia che dormissero oppure no. Se si fosse girata, se avesse incontrato i loro occhi pieni di compassione per lei, forse si sarebbe gettata tra le loro braccia a singhiozzare e avrebbe trascorso in quel modo il poco tempo che le restava.
Inspirò e abbassò la maniglia, uscendo e richiudendo la porta cercando di non fare rumore. Raggiunse le scale scalza perché temeva scricchiolii e cigolii che avrebbero potuto tradirla. Scese le scale e si sedette sull'ultimo gradino per infilare gli stivali. Avvertiva la presenza di Raziel da qualche parte lì intorno; non stava cercando di nascondersi, non del tutto almeno.
Si alzò e, a passo più svelto di quanto avrebbe voluto, guadagnò l'uscita.
Allargò le braccia e inspirò con voracità l'aria fresca della notte. Mosse qualche passo fuori della locanda e poi cominciò a girare su se stessa, guardando il cielo arrossato dalle luci cittadine. Alcune stelle erano visibili, ma era sicura che sarebbe riuscita a vederne di più, se solo fosse riuscita a spegnere l'illuminazione.
«Non riesci a dormire.» L'affermazione portava la voce di Raziel.
«Vero» disse Sofia fermandosi e voltandosi verso di lui. «Avevo bisogno di stare all'aperto. In camera non riuscivo a respirare.»
«Vorresti fare una passeggiata?»
Sì, sarebbe stata una buona soluzione. Non si sentiva più intimorita o imbarazzata dalle attenzioni del demone, forse perché ricordava di conoscerlo. Annuì. «I draghi li ho già visti. Dove vuoi portarmi?»
Lui sorrise e le tese la mano.
Lei la guardò; era tanto diversa da quelle di Lorcan ed Eric, grosse e dalle dita callose, segnate dalle cicatrici e macchiate dal sole e dalle intemperie. E diversa anche da quella di Astoria, troppo sottile e delicata a confronto. Poi tese la propria e la strinse.
Avvertì la sensazione di movimento attraverso il Piano Astrale, le narici le pizzicarono e non riuscì a tenere gli occhi aperti.
«Siamo arrivati» le disse Raziel.
Era più vicina a lui di quanto non lo fosse in partenza. Riaprì gli occhi e vide che si erano spostati davvero di poco. Si trovavano su una piccola altura alle spalle di Feria. La città, con le sue luci, giaceva nell'incavo creato dal declivio verso il mare, nel quale aveva trovato posto il porto.
Sentì le mani del demone sulle spalle che la costrinsero a voltarsi dal lato opposto. Era più buio, ma c'erano moltissime stelle da vedere: bianche, azzurre, arancio e rosse. Riusciva persino a indovinarne dei disegni, che di certo rappresentavano qualcosa che non riusciva a ricordare.
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Rosso Sangue [COMPLETA]
FantasyRosso: il colore del sangue, dei suoi capelli e degli occhi che la perseguitano. Nero: il colore delle tenebre che avvolgono i suoi incubi, quello delle notti senza luna nelle quali un antico Ordine officiava i suoi riti più potenti. Mentre i demo...