31 - Capitolo 17.1

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[...] e alla fine sarai in grado

di andare avanti.

Sorelai Fenir


Il sigillo.

Spezzato.

Le due parti si tenevano insieme solo per un punto e la luce viola di cui era composto pulsava più tenue di quanto ricordasse.

Mamma.

Vedeva il volto che aveva sognato durante gli incubi, ma in quel momento era sereno e sorridente. Mamma. E insieme a lei c'erano altre persone, umani e non umani, amici e nemici. Erano sfuggiti come aliti di vento alle maglie del sigillo e si alternavano, volti conosciuti e sconosciuti, come Areina e Murtang. Li conosceva, certo che li conosceva. Ricordava qualcosa anche di Raziel e della voce che aveva sentito prima di perdere i sensi in quell'antro.

Continuava a riacquistare ricordi, ma erano come fogli sparsi alla rinfusa su una scrivania, non appena riusciva ad afferrarne uno e a leggere qualche parola, subito le veniva strappato dalle mani e sostituito con un altro.

Mamma, dove sei?

«Non può sentirti dov'è adesso» disse la bambina dagli occhi rossi. Stringeva ancora il coniglio di pezza. Non era mai andata via.

I miei amici...

«Stanno bene, li hai visti poco fa.»

Perché soffre? Perché è coperta di sangue?

«È accaduto a causa delle tue scelte. E delle sue.»

Devo aiutarla. Devo portarla via.

«Non puoi, ricordi?»

Non voglio ricordare.

«Presto ricorderai.» La bambina lasciò andare il coniglio che, ritto sulle due zampette posteriori, ciondolò verso di lei. La testa oscillava e un orecchio floscio strisciava a terra, mentre l'altro era ben dritto. Sorrideva. Il coniglio sorrideva e aveva denti aguzzi, tanti denti. E gli occhi erano rossi, grandi e con la pupilla verticale che li solcava. Era tutto nero e c'erano solo quegli occhi che l'avevano trovata e non l'avrebbero lasciata mai più. «Finalmente, piccola Principessa.»

Spalancò gli occhi.

Era giorno. Nell'aria avvertiva ancora l'odore del legno bruciato, misto al salmastro proveniente dal mare e a quello dei pini. Ricordava molto bene cosa era successo, anche il breve risveglio. Distesa sul fianco, non vedeva nessuno, ma riusciva a sentire i propri compagni parlare.

«Tu, cosa hai fatto?» Era la voce di Astoria, alterata per qualcosa che doveva essere accaduto mentre ancora dormiva.

«Non credevo di aver fatto qualcosa di sbagliato.» Ecco Raziel, chissà che aveva combinato.

«E se non dovessero tornare? Ci porterai tu in spalla?» Di nuovo Astoria.

«Calmati. Gli ho detto di tornare e così faranno, fidati» rispose il demone.

«Puoi scordartelo» borbottò Lorcan.

Sofia poteva quasi immaginare il viso del chierico. Non sentiva parlare Eric e Clivia, ma ricordava di averli visti e che le era stato assicurato stessero bene.

«Torneranno» disse ancora Raziel. «Avevano bisogno di mangiare e non avevano idea se potessero muoversi. Sono due creature intelligenti e hanno capito benissimo ciò che gli ho comunicato.»

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