13 - Capitolo 8.2

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Lorcan incassò lo sguardo accigliato di Clivia e scosse la testa in direzione della cameriera, che si allontanò portando via con sé il resto della birra.

Il Gabbiano Verde era solo una delle taverne di Città Nuova, ma l'oste distillava personalmente la birra e la moglie era un'ottima cuoca. Non era affatto un problema attendere in quel posto, soprattutto perché, la maggior parte delle volte, era tutto a carico di Astoria.

«Aspetta almeno che arrivi Eric, avrebbe un senso bere con lui.» La mezz'elfa scosse la testa e poggiò i gomiti sul tavolo.

«Va bene, hai ragione» rispose. Spostò il boccale, pieno a metà, verso il centro del tavolo; lo osservò per qualche istante, poi incrociò le braccia, ci poggiò la testa e sbadigliò.

«Hai sentito quel gruppetto vicino all'ingresso, quando siamo arrivati?» La voce di Clivia gli giunse da lontano a causa dello sbadiglio.

«Quello con i nani?» Alzò la testa e osservò l'amica che annuì e rimase in silenzio; braccia conserte e sguardo accigliato.

Un brivido percorse la schiena di Lorcan, nel vano tentativo di ricordare cosa quei tipi si fossero detti nel breve tempo in cui loro due avevano preso accordi con l'oste. L'espressione della mezz'elfa comunicava che doveva essere importante, ma a lui non venne in mente nulla, tranne il fatto che l'oste voleva rifilargli una camera doppia al prezzo di due, accampando scuse su quanto fossero aumentati alcuni costi a causa della minor sicurezza delle strade.

Strinse gli occhi; il suo tempo stava per scadere ma forse aveva colto qualcosa e avrebbe potuto salvarsi. «Terremoto!» esclamò battendo il pugno contro il palmo della mano. «Stavano parlando di un terremoto, certo. Ma non vedo come questo possa essere importante. In questa zona capita abbastanza spesso e, a meno che non siano forestieri, la popolazione ci è abituata.»

«Non ci vedi un possibile collegamento con la concentrazione di elementali che ho trovato?»

Lorcan si chiuse la barba nella mano; l'avrebbe lasciata crescere, così non ci avrebbe più pensato. «Ma tu non mi hai detto se c'erano elementali della terra. A meno che...» Non riuscì a terminare la frase. Qualcuno lo aveva colpito alla schiena, facendogli perdere tutto il fiato che aveva, e quasi si rovesciò sul tavolo. Solo una persona avrebbe potuto salutarlo a quel modo, a meno che non si trattasse di un pazzo con intenzioni suicide.

«Finalmente siete arrivati.» Eric, apparteneva a lui la manona che gli aveva fatto uscire gli occhi dalle orbite.

Lorcan si alzò e gli diede una pacca sulla spalla, molto più amichevole e meno violenta. «Come va, amico mio?»

Vide Astoria lasciare l'abbraccio di Clivia e dirigersi verso di lui, aggirando il tavolo.

«Lorcan.» Abbracciò anche lui. « Avremmo dovuto incontrarci prima, è passato troppo tempo dalla tua ultima visita.»

Si sedettero tutti e la cameriera si avvicinò di nuovo, raccogliendo le richieste dei nuovi arrivati e guardando il chierico che scosse ancora la testa.

«Andiamo, vecchio mio» intervenne Eric. «Non puoi negarmi una bevuta. Qualcuno potrebbe pensare male.»

«Ho già bevuto e conservo gli ultimi sorsi per te, amico mio.» Gli sorrise, ma sentiva su di sé gli occhi blu di Clivia. In fondo era un bene che fossero insieme, la presenza dell'amica rendeva più facile rinunciare a un boccale di birra, specialmente quando era un boccale di troppo e c'era da prendere decisioni importanti.

«Allora, mi raccontate cosa avete fatto in questo periodo oppure passiamo subito al sodo?» Astoria non conosceva mezzi termini. Era tanto accorta nelle occasioni ufficiali quanto poco attenta all'etichetta in privato.

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