Sofia si rese conto di non sapere in quale parte del giorno si fosse svegliata, ma, a giudicare dalla luce del sole che entrava nella camera, doveva essere metà giornata. Anche l'accenno alla fame di Eric la convinse che stavano per apprestarsi a pranzare.
Tirò giù la chiusura della cappa, che le si era alzata fin sotto il mento, e poi spinse la maniglia verso il basso, forse con troppa forza.
Il vocio proveniente dalla sala comune arrivava fino a lei, accompagnandola e aumentando d'intensità durante il cammino, lungo il corridoio e poi le scale.
L'arcata che la separava da tutto e tutti era nascosta per metà da una pesante tenda verde; era a pochi passi da quella che sarebbe stata la sua nuova esperienza con le persone che la stavano aspettando. Sì, perché, anche se li conosceva, si sentiva crescere dentro quel lieve imbarazzo tipico di quando si sta per incontrare una persona nuova e a lungo attesa.
Scese l'ultimo gradino e coprì la distanza che la separava da quello strano passaggio di consegne tra Sofia e Selene; l'aria viziata della sala la colpì di nuovo, come le era sempre accaduto prima di entrare in un posto tanto affollato.
I presenti dicevano tutto e niente; si ritrovò immersa in una confusione anonima di cui poteva comprendere solo alcune parole, tutte slegate tra loro.
E poi li vide. Erano seduti a un tavolo in fondo, dunque avrebbe dovuto percorrere l'intera lunghezza della sala e di certo l'avrebbero vista arrivare. Infatti fu Lorcan a dare una gomitata a Clivia, facendole perdere la presa sul pezzo di pane che teneva in mano.
Il vocio non cessò, ma rimase di sottofondo ai battiti del proprio cuore.
L'unico posto libero, con tanto di sedia lasciata quasi per caso in quella posizione, era tra Clivia e Astoria. Sofia la occupò senza prestare troppa attenzione agli sguardi puntati su di lei. «Buongiorno» disse e, solo allora, riuscì a rivolgere un sorriso a tutti.
«Buongiorno?» disse Lorcan. «Ormai il giorno è fatto e...» Fu lui, questa volta, a ricevere una gomitata da Clivia.
«Prendi qualcosa, prima che finisca tutto» intervenne Astoria lanciando un'occhiataccia a Eric, che ritirò la mano come se si fosse scottato sul fuoco.
Sofia annuì. Il sorriso che si era imposta di mantenere le stava provocando un crampo sotto gli zigomi. Non riusciva a risultare naturale, per niente, e percepiva la tensione provenire da ogni angolo del tavolo.
Afferrò formaggio e pane, lo stufato non sarebbe riuscita a mandarlo giù, e prese anche uno dei boccali colmi di birra, bevendo la metà del contenuto in pochi sorsi: fresca e amarostica. Lasciò che le bollicine della fermentazione le pizzicassero la gola.
Quando posò il boccale e si asciugò con il dorso della mano, quattro paia d'occhi sbarrati la stavano osservando; perfino Eric aveva smesso di masticare.
Panico, ecco cosa la investì, provocando un'ondata di gelo che si diffuse in tutto il corpo.
«Tu? Bevi quella?» chiese il guerriero indicando lei e la birra.
Sofia passò lo sguardo tra ciò che aveva davanti e i suoi amici. Annuì, provando a intuire il motivo di tanto stupore. «Era tua, Eric?»
«No» rispose Clivia scuotendo la testa. «È a disposizione di chi la vuole.»
«Ah, lei sì e io no?» intervenne Lorcan guardando in direzione della mezz'elfa senza voltarsi del tutto.
«Certo che sì!» rispose lei picchiando con il piccolo pugno sul tavolo. «Ne hai bevuti già due e ti basteranno fino a questa sera.»
STAI LEGGENDO
Rosso Sangue [COMPLETA]
FantasyRosso: il colore del sangue, dei suoi capelli e degli occhi che la perseguitano. Nero: il colore delle tenebre che avvolgono i suoi incubi, quello delle notti senza luna nelle quali un antico Ordine officiava i suoi riti più potenti. Mentre i demo...