Lo so, avresti voluto e non hai potuto.
(Il Bardo Mendicante)
Il cigolio echeggiava nel corridoio. Alessandro aveva chiesto più volte al falegname di sistemare le ruote della sua sedia, ma non era riuscito che a diminuirlo, o a toglierlo per breve tempo. Puntualmente il cigolio tornava. Prima lieve, poi sempre più insistente. A ricordargli quanto lui dipendesse dagli altri. Aveva tentato anche di manovrarla da solo, specialmente i primi tempi, ma era troppo pesante per le braccia malandate che si ritrovava, e la sua incapacità lo aveva gettato nello sconforto.
Scosse la testa ripensando a quei giorni e un lieve sorriso gli increspò le labbra al ricordo del volto di sua sorella, Astoria, mentre gli porgeva la coperta che aveva cucito apposta per lui. La accarezzò e non sentì nulla: le sue gambe non avvertivano più nessun tocco.
Erano passati diversi anni, ma la memoria non era sbiadita. Gli avevano sempre detto che i grandi dolori sparivano dalla mente, lavati via dal tempo. Sua madre glielo aveva raccontato più volte, a proposito del parto. Eppure il dolore provato era ancora vivo, nella mente e nel corpo. Non era mai sparito. Tornava a tormentarlo e, non fosse stato per Areina, lui non sarebbe stato lì, a lamentarsi dello stupido cigolio delle ruote della sedia, sedia che gli permetteva di vivere quasi normalmente.
«Forse è giunto il momento di costruirne una nuova.» La voce che lo riportò alla realtà gli giunse dalle spalle. Apparteneva a Guido, suo grande amico. Era lui che spingeva la sedia. Era lui che lo accompagnava ovunque e che aveva rinunciato a tutto, pur di restare al fianco del suo principe. Anzi, alle spalle, proprio come stava facendo in quel momento.
«Hai ragione.» Alessandro sospirò quelle parole. «Devo chiedere a mastro Pietro di creare un nuovo progetto. Avevo pensato a qualche modifica da apportare. Magari questo maledetto cigolio non si ripresenterà.»
«L'usura del legno non si può evitare» aggiunse Guido «ma sono curioso di vedere le nuove modifiche.»
Si fermarono davanti all'elevatore che gli avrebbe evitato di usare le scale.
Modifiche ce n'erano state, anche troppe, nella vita di Alessandro e a Castelnovo. Ogni ala del castello era stata dotata di un elevatore simile a quello che stava osservando. Una piattaforma dotata di cancelli e assicurata a un sistema di carrucole, corde e catene che permettevano a chi la manovrava di far salire e scendere i suoi occupanti.
«Dobbiamo andare ai sotterranei» disse Guido rivolto al giovane che avrebbe dovuto azionarlo.
Il cancello fu aperto e i due presero posto al centro dell'elevatore. Uno scossone e una serie di scricchiolii, di toni e intensità differenti, accompagnarono la lenta discesa.
«È già terminato? Avresti potuto mandare qualcuno» disse Guido. «Me, per esempio.»
«Quasi terminato, sì. Non so perché, ma ci sono notti in cui non riesco a dormire.» Esitò, indeciso se aggiungere altro. Dirlo a voce alta avrebbe reso più reale il dolore che provava. Quando quelle fitte si presentavano di giorno, riusciva quasi sempre a distrarsi con qualcosa, ma la notte erano diventate insopportabili. E lui sapeva che non era possibile avvertire dolore in una zona morta del proprio corpo. La stessa Areina glielo aveva dimostrato pungendo quegli arti inermi e rinsecchiti: non aveva avvertito nulla. «Devo parlarle io. Ho bisogno di chiederle se posso aumentare la dose.»
La discesa fu lenta e a ogni scossone Alessandro stringeva il bracciolo della sedia, a ogni cigolio più forte sentiva una morsa alla testa. Negli ultimi anni, dopo l'incidente, Alessandro desiderava solo silenzio e tranquillità. Eppure la vita aveva sempre in serbo qualcosa che lo scuotesse dal suo torpore, proprio come stava accadendo in quel momento.
STAI LEGGENDO
Rosso Sangue [COMPLETA]
FantasyRosso: il colore del sangue, dei suoi capelli e degli occhi che la perseguitano. Nero: il colore delle tenebre che avvolgono i suoi incubi, quello delle notti senza luna nelle quali un antico Ordine officiava i suoi riti più potenti. Mentre i demo...