28 - Capitolo 15

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Rosso come il sangue.

Nero come il buio.

(Sorelai Fenir)


Urla. Buio. Sangue. Polvere.

Sofia stava affogando in un vortice di cui non ricordava l'origine. E qualcosa le stava battendo nel petto. No, non era il cuore. Era qualcosa che non le apparteneva, ma era dentro di lei.

«Sofia.»

La voce era lontana, ma poteva aiutarla a venire fuori da quella situazione, aggrappandosi e lasciandosi guidare. L'oscurità che aveva dentro, era lei che si agitava e premeva contro il sigillo.

«Sofia.»

Ancora. Dov'era? Da dove proveniva? Chi la stava scuotendo? Astoria. Astoria, aiutami.

«Sofia, svegliati.»

Aprì gli occhi. Era sera. C'era poca luce. Li chiuse, li sfregò e cercò di mettersi seduta. Dovette sforzarsi per vedere con più chiarezza in quella penombra. Ma non vide Astoria; era Areina che le stava davanti.

Cacciò un urlo e, nel tentativo di allontanarsi, urtò la parete che aveva alle spalle. «Stammi lontana» gridò. «Non mi toccare.» Si ranicchiò contro il muro, tirando le ginocchia al petto e premendo forte. Il demone che aveva dentro sarebbe riuscito a uscire, ne era certa. La pressione che esercitava sul sigillo era troppo forte perché resistesse a lungo. Era diventato un dolore fisico, tangibile ed era certa che non l'avrebbe più abbandonata. Sempre che lei fosse sopravvissuta a qualunque cosa le sarebbe accaduta di lì a poco.

Areina si alzò e si allontanò di un passo. Un'ombra emerse dalle tenebre che la circondavano. Era il demone nero che li aveva attaccati. I due cominciarono a parlare una lingua che non riusciva a comprendere.

Mentre i suoi aguzzini sembravano non curarsi più della loro prigioniera, Sofia azzardò un'occhiata al luogo nel quale si trovava. Era in una stanza illuminata da globuli di luce bianca, come quelli che aveva visto nelle segrete di Areina, a Castelnovo. Le pareti erano spoglie, di pietra, e riusciva a vedere una luce provenire dal lato opposto al quale si trovava.

Morirò. Morirò in un orribile sotterraneo per mano di due demoni.

Chiuse gli occhi, poggiando la fronte sulle ginocchia. Il sigillo, grande, intricato, era lì, dentro di lei. Riusciva a vederlo senza doversi concentrare. Occupava tutta la sua mente.E dietro quei disegni si trovava un'oscurità che ribolliva e premeva per uscire.

Cercò di non pensare a ciò che stava per accadere, ma ogni volta che riportava alla mente un ricordo, questo veniva scacciato dal sigillo. Pulsava, sempre più luminoso, diffondendo la luce viola che lo permeava.

Astoria, dove sei?

Passò in rassegna il volto di ognuno dei suoi amici: la principessa era ferita e perdeva molto sangue, Lorcan ed Eric non li aveva più visti e Clivia era di certo morta, perché quel mostro stava per divorarla. Come si chiamava? Murtang. Poi era arrivata Areina, ma già era tutto confuso. Raziel. Era morto anche lui, perché non ne avvertiva la presenza e non avvertiva la presenza neanche dei due carcerieri. Sentiva solo quella del demone che aveva dentro. Era lui l'oscurità che premeva contro il sigillo. Voleva uscire. Poteva uscire, lo sapeva, ma non ricordava come. Forse sarebbe stato meglio se fosse uscito. Avrebbe ucciso chi la teneva prigioniera e avrebbe vendicato i suoi amici. Sì. Avrebbe fatto così. La paura si mescolò all'odio, il timore alla rabbia. Quelle erano due nullità che la stavano trattenendo.

Rosso Sangue [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora