41 - Capitolo 22

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Me lo avevi promesso.

(Sorelai Fenir)

La cena era stata spossante, più per l'atteggiamento dei due capi religiosi che per la necessità di mentire e mantenere un atteggiamento adeguato.

Sofia salutò gli amici nel corridoio ed entrò nella propria camera. Era la stessa nella quale si era risvegliata e aveva conosciuto Astoria. In quella penombra, creata dalla luce della luna che entrava dalla finestra aperta, era più accogliente di quanto ricordasse. Proprio come la prima volta, le erano stati offerti un bagno rilassante e dei vestiti puliti. E in quel momento, stanca e preoccupata, le veniva concesso di dormire in camicia da notte per la prima volta dopo tanti giorni.

Prima o poi Raziel si sarebbe fatto vivo, con le conseguenze del suo gesto. Non era riuscita ancora a spiegare ai suoi amici cosa si annidava tra le montagne del nord. Prima era arrivata Astoria con la notizia dell'imminente cena, poi avevano dovuto accordarsi sulla versione comune di quanto accaduto, prepararsi e incontrare Abate e Gran Maestro.

Il vecchio, grassoccio e dai modi viscidi, non la preoccupava più del necessario. Sembrava aver creduto a ogni parola detta. Se davvero aveva il favore della Dea, Sofia non sapeva dirlo; aveva l'aria di uno studioso e di un arrampicatore sociale tronfio del proprio successo.

Sfilò i vestiti e trovò la camicia da notte piegata sul tavolino, il tutto illuminato dalla fetta di luce lunare che tagliava l'oscurità della stanza. La indossò e si riempì le narici del profumo di lavanda, lo stesso che sua madre faceva usare per la loro biancheria.

Il Gran Maestro, invece, era una persona tremenda. Sofia era quasi certa che Isabella non aveva creduto neanche a una delle parole dette. Inoltre era stata molto maleducata, non rispettando l'autorità di Alessandro e Astoria e insinuando di continuo che Clivia non era degna di essere a quel tavolo, visto che non era né un elfo né un essere umano. Nella loro missione, recarsi al nord per comprendere cosa stesse accadendo, il Gran Maestro avrebbe avuto più di una occasione per creare problemi, Sofia ne era più che certa. Non potevano usare i draghi perché si trovavano quasi tutti impegnati al confine e avrebbero dovuto viaggiare a cavallo, se non a piedi, e oltrepassare città del Guado, sede dell'Ordine Radioso e potenziale trappola per lei e i suoi amici.

Si infilò sotto il lenzuolo, senza chiudere la finestra. L'aria era fresca ma piacevole e di certo dormire in un letto protetti dalle mura di un castello era molto più rilassante che all'aperto o in una locanda.

Sicuramente Isabella sapeva più di quanto mostrato. Già solo il fatto di chiedere di visitare la grotta e di conoscere Sofia era indice di quanto l'ordine avesse spie e informatori nel regno. Inoltre le domande erano state mirate alle sue origini e al tipo di incantesimi che l'avevano rinchiusa, per non parlare di tutte le spiegazioni sul motivo per il quale era stata sigillata e proprio in quella grotta. Il vecchio Rodrigo si era mostrato dispiaciuto dell'accaduto mentre gli occhi porcini brillavano sotto le sopracciglia sottili e bianche e malediceva i demoni.

Sofia si voltò su un fianco, avvolgendosi di più nel lenzuolo fresco e morbido.

Restava la questione, non di minore importanza, del ritorno di Raziel. A sua memoria, era la prima volta che l'attesa dell'arrivo del demone le procurava ansia.

Chiuse gli occhi, pronta a passare una notte in bianco a immaginare pericoli e conseguenze delle sue scelte. Avrebbe deluso Astoria, raccontandole di chi c'era sulle montagne. Sarebbero arrivati al nord, combattendo contro scheletri e mostri dagli occhi di fuoco; sarebbero stati imprigionati dai ghiacci per poi precipitare nell'oscurità.

La sensazione di cadere nel vuoto la fece sobbalzare e, aprendo gli occhi, si ritrovò nella stessa posizione in cui si era addormentata e aveva sognato.

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