EVA

Dopo aver attraversato l'entrata, mi accorgo che  la porta d'ingresso è spalancata, sbircio affacciandomi leggermente in casa e mi assale il panico. Sembra che sia vuota, ma chi ha aperto il cancello? E perché la porta di ingresso è aperta?

<<Filippo?>> Lo chiamo aspettando una risposta. Entro in casa, ma nulla, silenzio tombale. Lo chiamo nuovamente, niente ancora. Mi assale il panico, che poco fa avevo cercato di sotterrare.

<<Signora Bianca?>> Chiamo la madre di Filippo, ma nulla, nessuna risposta ancora. Sento dei rumori al piano di sopra, sembrano provenire dalla camera di Filippo. Inizio a tremare e compongo il numero della polizia, pronta a chiamare se trovassi dei ladri. Non saprei come comportarmi, se urlare, se scappare, se minacciarli di chiamare la polizia...non so come reagirò. Mi avvio lentamente sulle scale, con il cuore in gola e le mani tremanti, mi viene quasi da piangere per l'ansia che provo in questo momento. Mentre mi avvicino alla camera di Filippo, sento quei rumori...anzi, mi sembrano mugolii, gemiti. Spalanco la porta di camera sua e lo trovo sdraiato sul letto, mentre tocca il seno di una ragazza che non conosco. Lei è sopra di lui, lo guarda, lo tocca, lo accarezza, poi si china a baciarlo e lui le sorride. Sembrano non essersi accorti di me, io rimango lì, pietrificata, con le lacrime che mi rigano il viso. Quando ho iniziato a piangere? Questo è molto peggio...avrei sinceramente voluto trovare dei ladri al posto di questo...schifo. Ad un tratto tutte le mie paure più grandi si materializzano davanti a me. Lei sopra di lui, lui che la tocca, lei che tocca lui...vorrei girare i tacchi e andarmene, ma i miei piedi sono immobili, non collaborano e i miei occhi si rifiutano di chiudersi.

<<Eva!>> Esclama Filippo, io mi risveglio da quello stato di trance. Li guardo mentre tentato di coprirsi, mentre tentano di nascondere l'arma del delitto con cui mi hanno uccisa. Dei conati di vomito mi assalgono, e riverso le ciambelle e il ginseng di due ore fa sui piedi di Filippo, che nel mentre si era avvicinato. Lui si guarda i piedi, schifato, io giro i tacchi e corro, corro, il più lontano possibile da lui. <<Cazzo, Eva. Aspetta.>> Strilla, correndomi dietro. Non mi volto a guardarlo, in un lampo le mie dita digitano il numero di Elia, ma non risponde, parte la segreteria. Senza fermarmi, scorro tra i contatti per cercare il numero di Tommaso, e lo chiamo, una, due, tre volte, ma nulla, nessuno risponde. Filippo continua a seguirmi, senza accorgermene siamo finiti in strada. <<Eva.>> Grida, con troppa rabbia e troppa enfasi. I miei piedi si bloccano appena le mie orecchie sentono quelle grida, mi porto una mano al petto e mi accascio a terra e le lacrime non cessano, non le controllo.

<<Non mi aspettavo che saresti venuta..,scusami io...non so cosa mi sia preso.>> Cerca di giustificarsi. Chi è questo estraneo di cui riconosco solo la voce? Mi tocca, mi alza dalla strada e mi tira a se. Lo respingo appena sento il profumo di una donna sul suo petto.
Lo guardo, i miei occhi incrociano i suoi, poi lo scruto, dalla testa ai piedi e sento qualcosa che per l'ennesima volta si spezza dentro di me, qualcosa di grande, che nessuno riuscirà a riparare.

<<Non...io..>> Balbetto, cercando di trovare le parole. Ma non le trovo, mi allontano da lui posizionandomi sul lato opposto della strada. <<Ora basta, basta. Sono stufa di questo. Nemmeno questo è come sembra? Eh? Se hai le palle, guardami negli occhi e dimmi che mi stavi tradendo.>>L'adrenalina scorre nelle mie voce e mi sento invincibile, come se nessuno potesse fermarmi ora. La rabbia prende il sopravvento e qualche vicino si affaccia per assistere alla scena. Il cellulare inizia a squillare, è Tommaso.

"Vienimi a prendere." Gli dico al telefono e senza dargli il tempo di replicare chiudo la chiamata.

<<Eva io...>>

<<Eva un cazzo. Mi sono stufata Filippo, sei irrecuperabile, io lo sapevo, me lo sentivo che qualcosa sarebbe andato storto. Mi sono illusa, mi hai illusa, troppe volte. Che stupida, che stupida!>> Mi fermo un attimo per riprendere fiato, poi continuo<<Troppe volte ho perdonato il tuo comportamento irrispettoso, troppe volte sono corsa da te quando avevi bisogno di me, troppe...infinite volte. Ma adesso basta, sono io che chiudo, non ne posso più. Mi fai schifo, mi fai schifo e ti odio, ma ancora peggio, odio me stessa per tutto l'amore che ho provato a darti, per tutto l'affetto e le ore passate nei treni per venire da te, per farti capire che ero tua, che sono sempre stata tua e che sono sempre stata qui, per te, per noi ed eccoci qui, benvenuti al circo, signori cari. In questo circo io sono il pagliaccio, quella che viene derisa, presa in giro...scommetto che te ne vanti, vero? Ti vanti di trattarmi così, ma tranquillo, va bene così, non ho bisogno di te. Sto bene da sola.>> Le lacrime smettono di uscire, forse perché anche loro si rifiutano di rivelarsi per questa persona orribile che è davanti ai miei occhi.

17 Metri sopra il livello del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora