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EVA

<<Allora, come ti senti raggio di sole?>> Mi siedo accanto ad Elia sul suo letto e batte le palpebre per rispondermi. Ha gli occhi stanchi e sembra sfinito. Mi avvicino a lui e gli accarezzo il volto pallido. <<Ascoltami, sei e sempre sarai parte di me. Ti seguirei anche in capo al mondo e ti prometto che qualunque cosa accada, io non ti lascerò mai andare. Quello che provo per te è immenso, inspiegabile e vorrei tanto che noi fossimo infinito.>> Appoggio la testa sul suo petto e la sua mano mi accarezza i capelli.

<<Eva, ti amo più di qualunque altra cosa nell'universo. Non dimenticarlo mai.>> Sussurra a bassa voce il mio migliore amico. Gli lascio un bacio sulla fronte fredda e lo guardo, cercando di imprimere nei miei ricordi il suo bellissimo volto. Ho paura di dimenticarmene.

<<Andrà tutto bene.>> Appoggio la fronte alla sua e mentre lo vedo addormentarsi lentamente, mi sussurra parole che solo io e lui siamo in grado di udire e mi suscita emozioni che solo e soltanto lui sa darmi. Questo ragazzo è più o meno l'unica cosa che ancora mi tiene in piedi, crollo quando lui non c'è e sento che sto per farlo in questo preciso momento. I suoi occhi si chiudono ed il suo respiro rallenta secondo dopo secondo, stabilizzandosi successivamente. <<Andrà tutto bene.>> Ripeto e rimango lì, con la testa sul suo petto a contare i battiti del suo cuore e sperare che non si fermino  proprio ora.

****

<<Pronto?>> Il trillo del cellulare mi sveglia nel cuore della notte. Sono talmente stanca che non guardo nemmeno il nome sul display.

<<Eva...>> E' Tommaso. Tommaso. Balzo giù dal letto.

<<Tommaso, che è successo?>> Gli chiedo in preda all'ansia, il cuore mi batte forte, sembra che voglia uscire dal petto e buttarsi dalla finestra.

<<Puoi...puoi venire in ospedale?>> Balbetta lui. Annuisco, come se potesse guardarmi, e metto giù. Infilo una tuta ed una felpa e mi precipito alla macchina il più velocemente che posso. Ero tornata a casa per farmi una doccia, poi però mi sono addormentata, non avrei dovuto farlo, sarei dovuta rimanere in ospedale, accanto al mio miglio amico. La macchina parte dopo numerosi tentativi e premo il piede sull'acceleratore, ignorando ogni limite di velocità. Fa che non sia successo niente ad Elia, ti prego, ti prego. Non portarmelo via. Le lacrime cominciano imperterrite a scendere, e in un attimo singhiozzo a pieni polmoni. Arrivata finalmente in ospedale, dopo minuti che sembravano ore, mi precipito nel reparto di terapia intensiva. Lì trovo la mamma, il padre di Elia e Tommaso che si gira a guardarmi. Sono quasi tre giorni che siamo tutti qui, Elia è peggiorato tanto e ha ripreso a tossire sangue. I medici dicono che gli rimane molto poco, ma non voglio che se ne vada oggi. Mi precipito davanti la grande vetrata che mi divide dal mio migliore amico e vedo un'equipe di medici intenti a rianimarlo.

<<No.>> Singhiozzo. <<No, Elia no.>> Batto i pugni sul vetro e Tommaso tenta di allontanarmi abbracciandomi da dietro.

<<Shh.>> Sussurra e lo sento singhiozzare.

<<Perché? Perché? E' l'unica cosa che ho, l'unica persona che amo più di me stessa.>> Grido in preda al panico e nel mentre, vedo che all'interno di quella stanza, il cuore del mio migliore amico smette di battere. I medici lo coprono con un lenzuolo ed una parte di me muore con lui. Mi accascio a terra, rannicchiandomi su me stessa e gridando con tutta la voce che ho in corpo. Tommaso si siede al mio fianco e mi abbraccia, sfogandosi anche lui sulla mia spalla. I genitori piangono appoggiati al vetro consapevoli di aver perso un altro figlio. Quel mostro ha portato via da loro anche Elia, prima la piccola Miriam ed ora Elia. Perché devono sopportare tutto questo dolore? Perché io devo sopportare tutto questo dolore? Mi ha lasciata da sola a combattere contro i miei mostri e le mie questioni in sospeso. Non potevo andare via io? Il mio cuore cessa di battere per qualche secondo, ma avrei voluto tanto che non ricominciasse mai a farlo. Anche se ero preparata ad affrontare la sua forte, viverla è molto peggio di come immaginassi. Un dolore mi lacera da dentro, come se un parassita stesse mangiando ogni mia cellula e stesse divorando i miei tessuti e ogni centimetro del mio corpo.

17 Metri sopra il livello del mareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora